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Deus "charitas" est !!!

I BAMBINI ABBANDONATI, LA "RUOTA", E LA NASCITA DI GESU’. IL "PRESEPE": LA LEZIONE TEOLOGICO-POLITICA DI BRUNELLESCHI E DELLA FIRENZE DEL ’400. Una breve e preziosa intervista di Gabriela Jacomella ad Adriano Prosperi - a cura di pfls.

martedì 27 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Ma l’ idea di presepe è molto lontana dalla figura di una madre che arriva ad uccidere il «figlio della vergogna»...
«Infatti il "presepe" era stato introdotto nella Firenze del ’ 400, nell’ Ospedale degli Innocenti: l’ idea è che tocchi alla città nel suo insieme occuparsi dei suoi poveri. E l’ Ospedale, creato nientemeno che dal Brunelleschi, non ha la "ruota" ma una cappella aperta, il "presepe", dove il bimbo viene deposto tra le immagini di Gesù, nato povero e allevato nella (...)

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>IL "PRESEPE": LA LEZIONE TEOLOGICO-POLITICA DI BRUNELLESCHI E DELLA FIRENZE DEL ’400. --- Lo Spedale degli Innocenti, primo brefotrofio d’Europa, riapre con un nuovo percorso museografico (di Maurizio Giufrè)

giovedì 14 luglio 2016

Il tempio dei bambini abbandonati

Lo Spedale degli Innocenti a Firenze, primo brefotrofio d’Europa, riapre con un nuovo percorso museografico dopo gli interventi di riqualificazione realizzati da Ipostudio. Non sempre in armonia con l’idea di Brunelleschi

di Maurizio Giufrè (il manifesto, 14.07.2016)

FIRENZE Appena inaugurato, il Museo degli Innocenti a Firenze si distingue dal nuovo dell’Opera del Duomo - riallestito da Adolfo Natalini e Guicciardi & Magni - per la particolarità di essere esso stesso un monumento. È tra le prime opere di Filippo Brunelleschi che vi mise mano nel 1419 per soddisfare la richiesta dell’Arte della Seta di un luogo per il ricovero e le cure dell’infanzia abbandonata: pulcherrium haedificium. Situato in uno degli snodi urbani più importanti della città, lo Spedale si apre su una piazza simmetrica che un rettifilo collega da un lato con la cupola di S. Maria del Fiore e dall’altro, sulla piazza, con la Basilica della Santissima Annunziata.

Oggi il complesso brunelleschiano è uno spazio museale restituito al patrimonio culturale cittadino dal progetto - il più convincente tra i sette finalisti del concorso bandito nel 2008 - degli architetti di Ipostudio con Pietro Carlo Pellegrini e Eugenio Vassallo. Il loro riordino museografico si è misurato con la storia, l’architettura e l’arte che lì si è depositata nei secoli tra incarichi, donazioni e lasciti.

Atteso da più di quaranta anni dopo l’ultimo allestimento di Luciano Berti e Guido Morozzi del 1971, il nuovo museo migliora le condizioni di conservazione e fruizione delle opere d’arte (dai tardi trecenteschi Giovanni del Biondo e Giovanni di Francesco Toscani a Piero di Cosimo e Bernardo Rossellino fino al manierista Jacopino del Conte) ma non splende per una serie di soluzioni adottate che risultano discutibili per qualità (illuminotecnica) e per spazi scelti.

È il caso dell’ambiente sacrificato per i putti in fasce di Andrea della Robbia, all’origine sormontanti la facciata del Loggiato brunelleschiano e inserite nei dieci oculi lì posti; così come non convincono le modifiche del vano dov’è collocata la tavola dell’Adorazione dei Magi (1488-89) di Domenico Ghirlandaio, proveniente dall’altare della chiesa di Santa Maria degli Innocenti: troppo algido per effetto della luce artificiale e il bianco delle pareti.

Ciò contrasta con la Galleria che, nonostante il progetto l’avesse prevista chiarissima, è all’inverso oscurata secondo canoni di gusto ormai diffusi che prevedono pareti di supporto anch’essi neutri e scuri. Coerente con il primo tratto del percorso che si svolge al piano interrato dove sono esposti ciò che Luciano Bellosi chiamò «il tessuto connettivo della storia dell’Ospedale», la Galleria appare disomogenea rispetto agli altri ambienti e spazi (cortili, loggia coperta o Verone, Salone brunelleschiano, Chiesa) che compongono il complesso monumentale.

Il progetto museografico si è scontrato con il difficile compito di connettere la frammentata articolazione degli spazi derivante da un insieme di funzioni che nei secoli si sono aggiunte - da asilo per bambini abbandonati a comunità femminile - non riuscendo a fonderli appieno.

Al piano interrato del museo, si accede superato l’ingresso che, insieme all’uscita, è prospiciente la piazza. Si presentano entrambi all’esterno con porte basculanti dorate: inserti stridenti con il rigore del «sistema visivo» del prospetto brunelleschiano. In ragione della comunicazione, ogni capriccio è concesso affinché il «nuovo» possa esprimersi. Non è accaduto anche agli Uffizi con la monumentale pensilina di Isozaki attorno alla quale dal 1998 assistiamo a una discussione infinita? La scala dell’intervento è diversa e non paragonabile, ma la questione è sempre la stessa: come intervenire in un contesto così grondante di storia? Non è un problema di «ambientamento», ma di sensibilità.

Ritorniamo però alla preziosa raccolta di testimonianze storiche qui conservate. Dopo i ritratti, le tele-stendardo - la Madonna degli Innocenti raffigurata con sotto il suo mantello i bambini già grandi e i più piccoli fasciati con bende - vari putti, diverse sculture e reliquari, si giunge allo spazio dei «segni di riconoscimento dei trovatelli»: migliaia di minuti oggetti, tra messaggi, santini, pietre benefiche, pezzi di corallo, nastri, rosari, croci che, infilati tra le fasce dei bambini destinati ad essere abbandonati avrebbero permesso ai genitori di identificarli qualora fossero tornati a riprenderli. Una parte di questi «segni» sono contenuti all’interno di cassetti che il visitatore può aprire

Le altre storie dell’Ospedale sono descritte in video, in immagini (un album di foto fu eseguito dallo Studio Brogi per presentare l’edificio all’Esposizione Universale di Parigi del 1900), ma soprattutto in catalogo (Mandragora) nei testi e nelle schede di Stefano Filipponi, Eleonora Mazzocchi, Lucia Sandri, Ludovica Sebregondi. Nel 1875 si pose fine, con la chiusura della ruota, nella quale erano posti i neonati, alla pratica dell’abbandono anonimo. Lo Spedale si trasforma in brefotrofio e nel 1890 si aprono nel cortile delle donne le prime tre sale espositive del museo. Una lunga e straordinaria storia che, grazie all’impegno dell’Istituto degli Innocenti, sarà da oggi, con maggior coerenza e ricchezza di contenuti, con più agio raccontata.


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