Settanta anni dopo, su l’Unità «il nostro Gramsci»
di Bruno Gravagnuolo *
Alle 4 e 10 del 27 aprile 1937 moriva Antonio Gramsci, nella clinica Quisisana di Roma, dopo esservi giunto a fine agosto del 1935, da una clinica di Formia e già in condizioni fisiche disperate. Si concludeva così tragicamente una vicenda esistenziale e politica straordinaria. Quella di un prigioniero del fascismo e da poco in regime di libertà condizionale, che era stato uno dei massimi ispiratori teorici e pratici del Pcd’I nato nel 1921, nonché l’artefice del suo nuovo gruppo dirigente a partire dal 1923-24. Con la liquidazione dell’estremismo di Bordiga, la fondazione de l’Unità e la sua ascesa a segretario di quel partito.
Dunque, un «combattente» e un costruttore di politica, ma insieme un grande intellettuale e un’eccezionale figura morale. La cui grandezza avevano compreso da visuali opposte Piero Gobetti e il «carceriere» Mussolini, entrambi capaci di registrare l’enorme energia costruttiva dei suoi pensieri, l’uno per elogiarla, l’altro per controllarla e alfine spegnerla. Senza Gramsci, il Pci così come lo abbiamo conosciuto non vi sarebbe stato, e nemmeno la storia d’Italia sarebbe stata quella che abbiamo conosciuta. Perciò Gramsci è nostro, indubitabilmente. Di chi militò sotto le bandiere del Pci anche decenni dopo. Della sinistra tutta, «post» o meno. E dell’Italia intera, persino di chi militò sotto opposte bandiere, e che magari cerca di «recuperarlo» a modo suo.
Dove sta la grandezza di questo nostro Gramsci? Lo si diceva: nei pensieri. E nella forza di una personalità. Nell’eccezionale forza di un «carattere» che fu l’involucro di quei pensieri, la corazza etica in grado di impedirne la dispersione, di là delle di vulgate e leggende esegetiche. Senza nulla toglire ai meriti di Togliatti, che salvò e trapiantò in Italia quei pensieri, Gramsci «eccede» e travalica ogni lettura addomesticata. Riuscì infatti a pensare e a esprimersi al futuro nel buio della prigionia, in tempi di ferro e di fuoco «tra Mussolini e Stalin», come suona il titolo di un saggio in arrivo di Angelo Antonio Rossi e Giuseppe Vacca (Fazi). E senza piegare la testa, testimoniando in prima persona, malgrado l’isolamento politico e affettivo, qual era l’universale liberazione umana a cui mirava. E come essa potesse e dovesse incontrarsi col corso terribile del mondo così come era.
Cosa ci lascia Gramsci oltre la forza di un esempio eroico nel paese del «trasformismo»? Un arsenale inesauribile di idee, consegnate a una stenografia asistematica ma limpida. Che era un crittogramma del mondo, e in parte ancora lo è. Prima di tutto la diagnosi della crisi mondiale dopo la prima guerra. Cioè il conflitto irrisolto tra cosmopolitismo e stato nazionale, dal cui scontro senza universalismo mediatore scaturisce guerra. È dentro quel conflitto che Gramsci vide l’Ottobre 1917, i fascismi, il New Deal. Con il collasso della società liberale in Europa. E sempre in quello scenario scorse l’emancipazione «primitiva» incarnata dal bolscevismo, e i relativi contraccolpi planetari. Per questo il fascismo italiano, nonché figlio di tutta l’arretratezza italiana «senza nazione», gli apparve come una moderna «rivoluzione passiva». Indotta dall’interdipendenza internazionale, ma agita da classi dirigenti che inglobano l’attiva adesione dei ceti subalterni.
Due sfide quindi in Gramsci. Pensare la modernità del mondo, dove il «fordismo» Usa, che allarga il mercato, si rivela egemone rispetto al dispotismo sovietico. E attivare la coscienza dei dominati al livello dell’«economia-mondo», dentro e fuori le singole nazioni. Un cammino lunghissimo, che Gramsci chiamava «guerra di posizione». E una grande gincana della liberazione di massa, attraverso la «società civile», le sue forme simboliche, le sue «fortezze» e «casematte». Politica e filosofia egemoniche senza fine quelle di Gramsci, verso nuovi equilibri di potere. Dove il «mito» non estingue il dissenso e l’autonomia del soggetto. Idee-forza laiche, libere. Nostre.
* l’Unità, Pubblicato il: 14.04.07, Modificato il: 15.04.07 alle ore 20.17