Inviare un messaggio

In risposta a:
Dialogo, dignità, e giustizia

LETTERA E APPELLO DI STEFANO ALLIEVI. Il professore di sociologia dell’Università di Padova, autore del libro ISLAM ITALIANO, è stato condannato per diffamazione aggravata a mezzo stampa (sei mesi, oltre a una pena pecuniaria di tremila euro), su querela di Adel Smith, per quanto ha scritto su di lui nel suo libro - a cura di pfls

martedì 6 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] ricorrerò in appello, per una sentenza di cui attendo con ansia di leggere le motivazioni, per conoscere le quali dovrò purtroppo attendere i canonici tempi burocratici. E l’indulto approvato nel frattempo, tra il momento in cui avrei commesso il reato e la decisione del giudice, mi garantirà di non dover fare realmente l’esperienza del carcere. L’essere incensurato, oltre che motivo di onore, è per me oggi una garanzia ulteriore. Ma il precedente, appunto, è grave.
Vari casi, (...)

In risposta a:

> LETTERA E APPELLO DI STEFANO ALLIEVI. Il professore di sociologia dell’Università di Padova, autore del libro ISLAM ITALIANO, è stato condannato per diffamazione aggravata a mezzo stampa ... e ora tocca a RENZO GUOLO «per vilipendio della religione islamica»?. E a Massimo Campanini?!

mercoledì 30 maggio 2007

Lettera alla Voce *

Il prof. Campanini risponde alle "accuse" di Magdi Allam

"Evitare la banalizzazione dell’islamismo"

Nel suo ultimo libro il vicedirettore del Corriere della Sera, Magdi Allam, cita il professor Campanini, che insegna Storia contemporanea dei paesi arabi all’Istituto Universitario Orientale di Napoli e Civiltà islamica al S. Raffaele di Milano, usando queste parole: "Il caso del prof. Campanini non è l’unico. L’Università italiana pullula di professori cresciuti all’ombra delle moschee dell’UCOII, simpatizzanti coi Fratelli Musulmani, inconsapevolmente o irresponsabilmente collusi con la loro ideologia di morte". Un’ affermazione alla quale Campanini ha deciso di rispondere con una lettera alla Voce d’Italia:

"Nel suo libro "Viva Israele" Magdi Allam mi imputa di essere nemico dello stato ebraico, di non comprendere la democrazia occidentale e soprattutto di essere colluso col terrorismo islamico. Stupisce l’assoluta ignoranza da parte del noto giornalista delle problematiche in campo.

Da una parte, dopo le guerre del 2002-2003 scatenate da George Bush, l’Iraq e l’Afghanistan lungi dall’essere stabilizzati e democratizzati sono più che mai teatro di violenze e di conflitti intestini. In Afghanistan i Talebani si sono riorganizzati e, approfittando proprio del malcontento della popolazione stanca dell’occupazione straniera, stanno riguadagnando popolarità.

L’Iraq è insanguinato da centinaia di migliaia di morti e non vale neppure la pena di soffermarsi sulla mattanza, tanto i giornali ne sono pieni. La lotta al terrorismo condotta con la cecità del puro uso della forza militare nutre e diffonde il terrorismo. Credo che si tratti di una pessima prova per la democrazia, di una sconfitta della democrazia, anche se di matrice americana. Del resto, la destabilizzazione e ristrutturazione del Medio Oriente è pilastro di una strategia neoconservatrice che, come ha notato Gilles Kepel nel suo volume Fitna, a partire dalla distinzione manichea tra Bene e Male, ha ridefinito nell’Islam e nei paesi dell’”asse del male” l’identità del nuovo nemico da combattere dopo la caduta dell’URSS da parte dell’Occidente tutto sotto l’egida americana.

La questione arabo-israelo-palestinese ha radici remote e si può certo dire che la colpa primaria cada sul colonialismo britannico che, incapace di una politica ferma, ha scatenato sia le ostilità degli arabi sia le recriminazioni degli ebrei. Il nodo centrale è stato la guerra del 1948 che ha sancito la nascita ufficiale dello stato di Israele.

Quella guerra, come hanno mostrato Avi Shlaim, Eugene Rogan e altri autori nel libro "La guerra per la Palestina. Riscrivere la storia del 1948", ha costruito il mito di un Israele assediato e impaurito di fronte al pericolo arabo. La realtà è opposta: gli arabi erano come sempre litigiosi e male armati; Israele potente nei mezzi e determinato. Lo stesso Avi Schlaim ha spiegato nella sua ricerca intitolata "Il muro di ferro" come la politica dell’esclusione sia stata a lungo praticata dai dirigenti israeliani. La storia successiva è la storia dell’avvitarsi senza fine di aggressioni e vendette, di attentati e di invasioni, di una lotta palestinese che scelse mezzi terroristici e dell’occupazione israeliana forzata di terre che privava gli arabi delle loro case.

La questione più delicata riguarda certamente i Fratelli Musulmani che sono considerati ancora oggi la matrice di tutti gli estremismi. I Fratelli Musulmani sono nati in Egitto (1928) e si sono diffusi e si diffondono tuttora nelle società civili di moltissimi paesi arabi perché conducono un’islamizzazione del basso, fatta di assistenza sociale e di carità, di lotta contro l’analfabetismo e di inquadramento politico, come mostrava con dovizia di documenti Brynjar Lia nel suo "The Society of the Muslim Brothers of Egypt. The Rise of an Islamic Mass Movement" (1928-1942), pubblicato nel 1998. La realizzazione di uno stato islamico avverrà non con la violenza, ma con una profonda trasformazione, dal basso ripetiamo, delle strutture della società civile - sia pure in senso tradizionalista e conservatore. Colpiti da dure repressioni sia sotto Nasser (1954-1970) sia sotto Sadat (1970-1981), i Fratelli Musulmani hanno comunque cercato una legittimità politica che li ha portati a confrontarsi, appunto politicamente, col rigido governo di Mubarak. Hashem Awadi, in "In Pursuit of Legitimacy. The Muslim Brothers and Mubarak", lo ha dimostrato.

D’altro canto, nel mondo del pensiero islamista vi sono correnti di pensiero e di azione che si raccolgono attorno alla parola d’ordine della Wasatiyya (“giusto mezzo”) e lo studioso americano Raymond Baker ha ampiamente documentato questa realtà nel suo "Islam without Fear: Egypt and the New Islamists". Per quanto paradossale possa sembrare si sta cercando una via islamica alla democrazia come risulta dalle ricerche portate avanti dalla Fondazione americana Carnegie Endowment for International Peace (Washington D.C.) e da un profluvio di pubblicazioni in inglese, da quella curate da Muqtedar Khan a quella curata da Shireen Hunter.

Il mondo musulmano appare dunque assai più variegato e plurale di quello che certe interpretazioni pregiudiziali e tendenziose vogliono far apparire e non sarebbe male che chi scrive abbia una visione d’insieme anche della letteratura scientifica."

Massimo Campanini

-  Docente di Storia contemporanea dei paesi arabi
-  all’Istituto Universitario Orientale di Napoli
-  e Civiltà islamica al S. Raffaele di Milano

Lettera a la Voce d’Italia Anno II N.150 nuova edizione del 30/05/2007


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: