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Postmodernità

ADDIO A JEAN BAUDRILLARD, UN LUNGIMIRANTE ANALISTA DEL MONDO "POST-ISTORICO". "C’è qualcosa che possiamo dire di avere imparato da tale controverso maestro cui è stato dedicato perfino un Cahier de l’Herme (2005), tanto intuitivo e preveggente quanto vago e volatile?" Una nota di Franco Volpi - a cura di Federico La Sala

mercoledì 7 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] I suoi saggi - incisivi e strutturati i primi, poi sempre più fulminanti e istantanei, ma di corto respiro e a volte di una dogmatica vaghezza - hanno comunque segnato in modo profondo la vita intellettuale contemporanea e la rappresentazione culturale del nostro tempo. Penso per esempio a L’échange symbolique et la mort, uscito nel 1976, che analizza il sistema dei segni, la loro funzione sociale, il loro inesausto e infinito richiamarsi in un vuoto e inane rispecchiamento di valori (...)

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> ADDIO A JEAN BAUDRILLARD, UN LUNGIMIRANTE ANALISTA DEL MONDO "POST-ISTORICO". "C’è qualcosa che possiamo dire di avere imparato da tale controverso maestro cui è stato dedicato perfino un Cahier de l’Herme (2005), tanto intuitivo e preveggente quanto vago e volatile?" Una nota di Franco Volpi - a cura di pfls

domenica 18 marzo 2007

BRUNO GRAVAGNUOLO RICORDA JEAN BAUDRILLARD [Dal quotidiano "L’Unita’" del 7 marzo 2007] *

Baudrillard, ovvero le seduzioni dell’immaginario come potenza che muove il mondo, lo distrugge e lo ricrea di continuo. A compendiarlo in uno slogan facile, fu questo il senso della sua filosofia. Un messaggio apocalittico e ironico, continuo in tutta la sua opera. Che ando’ diffondendo in modi discreti e dirompenti in piu’ di cinquanta libri, innumerevoli interventi e interviste. Modi discreti, perche’ il suo "presenzialismo" in scena non andava disgiunto da una maniera sottotono e allegra. Cameratesca e ammiccante, per chi lo conosceva. Volutamente demode’ e discreta, anche nel vestire. Come di uno sballottato nei posti per caso. In contrasto singolare con lo scintillio provocatorio delle sue decostruzioni dissolutorie, che trasformavano l’iperrealta’ tirannica del mondo moderno - da lui narrata - in un "post-mondo" destinato ad esplodere in una sorta di entropia dell’assurdo.

Francese fin nel midollo e proprio come "filosofo scintillante di spirito", nasce a Reims nel 1929. Germanista sulle prime, e docente a lungo di sociologia all’Universita’ di Nanterre, decostruisce sin da subito sia la tradizione classica della filosofia tedesca, sia quella moderna delle scienze umane. E sue stelle polari sono Marcel Mauss, Levi-Strauss, Bataille, Nietzsche. Sullo sfondo Marx. Non quello della filosofia della storia, e nemmeno quello del comunismo come forma scientifica di produzione.

Semmai quello della spettralita’ del "valore di scambio" e del denaro. Il valore immaginario che si stacca dai valori d’uso e fa ballare le merci sul mercato, cosi’ come per Marx ballavano i tavolini delle sedute spiritiche. E poi semmai il Marx-Engels della "comunita’ primitiva", il luogo dove il valore di scambio monetario non ha (ancora) luogo. E dove vigono la forza, l’autorita’, la tradizione, la parentela, nella "produzione e riproduzione del mondo reale". Ebbene, fin dall’inizio a Baudrillard quel Marx li’ non bastava. Perche’ infatti fin da subito lo studioso antiaccademico cercava tra i "primitivi" qualcosa di altro e di perenne. Cercava il segreto del potere che muove corpi e pensieri, fino a farli coincidere. Benche’ poi sul "potere" come chiave filosofica lui stesso ironizzera’ contro Foucault. Quel segreto, almeno nelle prime formulazioni di Baudrillard, stava in un concetto di Marcel Mauss: lo "scambio simbolico". E significava, nella versione seconda, che tutto il ricambio tra uomo e uomo, natura e uomo, con riti e miti a corredo, risiedeva in una specie di ostentazione del ruolo. In un’esibizione reiterata di potenza seduttiva. La potenza del dono, dello spreco, della dismisura. Capace di segnare di continuo confini e gerarchie. E di alimentare civilta’ e comunita’.

Convergono qui due pensatori diversissimi: Hegel e Bataille. Dal primo Baudrillard, forse con la complicita’ di Kojeve, hegelista russo maestro di Lacan, prende "la lotta tra le autocoscienze". La lotta tra servo e padrone. Che si risolve quando una delle due figure cattura il desiderio dell’altro. Padrone e’ chi alla fine gestisce e rilancia il desiderio. E funge da specchio in cui l’altro si riflette asimmetricamente. Per cui "scambio simbolico" designa il potere seduttivo di chi elargisce il dono, incarna una dismisura irraggiungibile. E percio’ domina. Il seme del Baudrillard futuro e’ gettato.

Se all’inizio, ne Lo scambio simbolico e la morte, c’e’ ancora il vagheggiamento di un’economia a scambio diverso dall’orizzonte monetario - il dono appunto, gratuito ed eccedente - in seguito non vi sara’ piu’ utopia di possibile "economia desiderante". Sempre l’economia, nel Baudrillard di Della seduzione, Le strategie fatali, Simulacri e simulazione (1979, 1983, 1985) sara’ gioco di maschere evanescenti e senza riscatto. Senza soggetto, ridotto a punto iridescente dei flussi mediatici. A libertinaggio omologato e innocuo. Al punto che gli oggetti stessi diventano "patafisiche" volonta’ capovolte. Messaggi energetici che si rivoltano, e che sono loro stessi soggetto, soggetti multipli. Tecnica e Capitale, per questo Baudrillard, hanno inverato a pieno il nichilismo dei simulacri e non c’e’ altro da fare che farli esplodere, decostruirli giocosamente. Ritagliandosi uno spazio di potenza nel gioco apocalittico che spiazza, denuncia e gioca altri giochi. Fuori dal circuito della dittattura semiologica dei media e delle merci. Che sono poi la stessa cosa.

E tuttavia, proprio con l’esordio del terzo millennio, il pensiero entropico di Baudrillard conosce una svolta in parte impensata. Vale a dire, col terrorismo e l’attacco alle Due Torri dell’11 settembre. Ed e’ una sorta di ritorno di Baudrillard alle origini. Allo Scambio simbolico e la morte.

Accade cosi’ in Power Inferno (2003) l’ennesimo paradosso. L’immaginario non si contenta piu’ di riprodursi in una catena di fantasmi indifferenti e interscambiabili. Esce da se stesso e si incarna nell’apoteosi della morte mediatica di massa. Si prende sul serio. E assume forma religiosa e sacrificale. E’ il gesto supremo del terrorismo, che ha compreso fino in fondo cio’ che veramente vale. Cioe’ la morte come orchestrato spettacolo di onnipotenza nell’Impero dei segni. E’ questo spettacolo fondamentalista che ricrea il Significato. E’ questo l’apocalittico e "inconcludente"

Baudrillard lo aveva capito prima degli altri.

*
-  LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA.
-  Supplemento domenicale de "La nonviolenza e’ in cammino"
-  Numero 103 del 18 marzo 2007


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