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Per il dialogo, quello vero...

DEMOCRAZIA E "CATTOLICESIMO": LA "LEZIONE" DI TRILUSSA. "DICO" E ANCORA "DICO": IMPARIAMO A CONTARE E A CONTAR-CI !!! A PARTIRE DA "D-ue-IO" E NON DA un "UNO" e da uno "ZERO" che si nasconde dietro un altro UNO!!! La matematica della Costituzione (come di Mosè e del "Buon Pastore") non è un’opinione e non è la matematica delle "pecore" del Pastore-Faraone - a cura di Federico La Sala

Per l’Italia, "Due Soli"(Dante) !!! La Costituzione è la nostra "Bibbia civile"!!!
sabato 10 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
I NUMMERI *
Conterò poco, è vero:
- diceva l’Uno ar Zero -
ma tu che vali! Gnente: proprio gnente!
Sia ne l’azzione come ner pensiero
Rimani un coso voto e incorcrudente.
Io invece se me metto a capofila
De cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
E’ questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so’ li zeri che je vanno appresso
TRILUSSA, Poesie scelte, Mondadori. (...)

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> DEMOCRAZIA E "CATTOLICESIMO": LA "LEZIONE" DI TRILUSSA. "DICO" E ANCORA "DICO". TUTTE E TUTTI IN PIAZZA FARNESE (ROMA, ORE 15,30). IN TUTTA L’ITALIA: MANIFESTIAMO E IMPARIAMO A CONTARE E A CONTAR-CI !!! A PARTIRE DA "D-ue-IO" E NON DA un "UNO" e da uno "ZERO" che si nasconde dietro un altro UNO!!! La matematica della Costituzione (come di Mosè e del "Buon Pastore") non è un’opinione e non è la matematica delle "pecore" del Pastore-Faraone - a cura di pfls

giovedì 19 luglio 2007

MATEMATICA

Le speculazioni numeriche risalgono ai Semiti ma con i Padri della Chiesa diventano una forma di sapienza estetica

Un simbolo dietro ogni cifra

Dopo Dio, niente è più perfetto delle serie numeriche. Ma dall’uno al dodici, pagani e cristiani rintracciano in essi le risposte ai misteri universali e alle domande sulla natura

Di Elio Guerriero (Avvenire, 19.07.2007)

John Barrow, professore di matematica all’università di Cambridge, ha vinto nel 2006 il prestigioso premio Templeton. Nel discorso di accettazione dell’onorificenza, ha esaltato la disciplina dei numeri perché le equazioni matematiche, in fondo pochi scarabocchi su pezzi di carta, ci dicono come si comporta l’universo: «C’è una logica più grande dell’universo, e ci stupisce perché ci permette di capirne una parte significativa».

A dire il vero, la logica e soprattutto la meraviglia che genera non sono nuove. Le tradizioni numeriche risalgono al tempo dei Semiti e dei Greci e trovano estesa applicazione nella Bibbia. È tuttavia nell’antichità cristiana che l’interpretazione e la simbolica dei numeri divengono una forma di sapienza che alla visione del mondo dei Padri della Chiesa conferivano impronta di conoscenza e oggettività, carattere estetico. E se per Boezio «le cose costruite dalla natura all’inizio, sembrano formate con calcolo numerico», Agostino subito alza il tono: «Guarda il cielo, guarda il mare, ciò che brilla là in alto e ciò che striscia in basso, guarda ciò che vola e ciò che nuota: tutto è bello, perché tutto racchiude un numero. La mano che opera, le membra che si compongono per l’atto gratuito della danza, il tempo che scorre, la musica che si modula, tutto ha per anima e artista nascosto il numero». Ma il discorso si allargava ulteriormente. Per Isidoro di Siviglia il numero è all’origine di ordine, misura, ritmo e proporzione.

La visione generale veniva poi approfondita con la speculazione sui singoli numeri. Questa partiva da Dio, autore del numero, il cui nome, però, non può essere pronunciato così come non può essere misurato. Dopo Dio, tuttavia, niente è più perfetto del numero. L’unità non rientra propriamente nella serie numerica, ma è principio, fonte e origine di ogni numero. È generatrice della moltitudine, numerosa al di sopra di tutti i numeri, che ad essa possono essere ridotti per sottrazione e divisione. Il nu mero due non possiede principio di unità: è piuttosto l’unità divisa, per questo significa scissione, opposizione, scandalo. Era questa l’opinione degli Orfici e di Platone. Un verso di Virgilio: «Dio trova piacere nel numero dispari», la rese popolare anche tra i Padri della Chiesa. Ne seguono alcune applicazioni: ad una considerazione storica i Testamenti sono due, appena si guarda, tuttavia, con l’occhio della fede essi contribuiscono a formare l’unica rivelazione di Dio.

Similmente i comandamenti della carità sono due, ma la radice è una sola: l’amore di Dio che, riversato nel cuore dei fedeli, genera amore di gratitudine per il Padre e amore di fraternità per il prossimo. Se l’uno è al di là della serie e il due è il numero imperfetto, il tre è il primo vero numero. Primo numero come Dio è il primo essere; numero dispari come Dio che non ha eguale al di fuori di sé e il cui essere non comporta variazione o cambiamento; numero virile, cioè attivo, come Dio che non è passivo in niente e agisce sempre. Il tre, infine, è segno dell’anima creata ad immagine di Dio, per questo sant’Ambrogio la definisce «un numero di salvezza».

Dopo il tre viene a cadere la maledizione del numero pari. Per Sant’Agostino il quattro è il riflesso della sapienza di Dio nel governo del mondo. È anche il numero della solidità e della stabilità: una pietra quadrata dovunque venga lanciata si fissa sempre su una posizione stabile. Anche l’arca del diluvio, fatta di legni quadri, era essa stessa quadrata per potersi reggere sulle acque. Quattro, in breve, è il numero cosmico. Con i suoi quattro punti cardinali, i quattro venti, i quattro elementi di cui è formato, le quattro fasi della luna, le quattro stagioni, il mondo si regge su un ordine quadrato che ne assicura la permanenza all’interno del flusso temporale. Anche la rivelazione poggia sul numero quattro. Tanti sono i fiumi del paradiso, le colonne del tabernacolo, le quattro facce dei viventi di Ezechiele, i grandi profeti. Nel Nuo vo Testamento, poi, quattro sono i Vangeli «da cui scorre tutto quello che sa ognuno che è nel mondo» ( Vangelo di Gozelino). Per questo quattro sono i grandi concili, i grandi dottori, le forme della carità, le virtù cardinali.

Non possiamo qui proseguire nella serie dei numeri ciascuno dei quali ha un suo spunto significativo, una sua applicazione. I Padri, tuttavia, riconoscono una gerarchia, dovuta per lo più alla frequenza del ricorso nella Scrittura. Per questo, qui di seguito accenno ancora ai significati di sette, otto, dodici, tre dei numeri che più spesso ricorrono nell’Antico come nel Nuovo Testamento. Numero misterioso per i pagani, il numero sette indica per la Scrittura la pienezza del tempo e lo spazio del riposo, l’integrità della dottrina e la purezza dello spirito. È poi il numero dello Spirito settiforme, il numero che scandisce la storia della salvezza. Il settimo è il giorno del riposo del Signore dopo la creazione, l’inizio del grande sabato eterno. Ad esso l’ottavo aggiunge solo un accento di trionfo, perché è il giorno della risurrezione del Signore. Vero sabato, è insieme il primo e l’ultimo giorno della settimana senza fine. Numero delle beatitudini, l’otto è anche il numero dell’armonia perfetta: è l’ottava corda della cetra, il cui suono riproduce quello della prima. In esso tutto è ricapitolato in Cristo «cetra gloriosa, cetra sonora e dolce nella quale è inserita tutta la musica del Padre» (Ruperto di Deutz). Il dodici, numero sovrabbondante, è in stretto rapporto con il sette. Per i pagani era il numero dello zodiaco, per i cristiani sta a significare la totalità della storia e l’universalità della salvezza. Un breve elenco delle ricorrenze del dodici: nell’anno vi sono dodici mesi e in ogni giorno dodici ore; dodici furono i patriarchi, dodici gli esploratori della terra promessa, dodici le pietre scelte per l’attraversamento dell’arca nel Giordano, dodici le pietre preziose sul pettorale del sommo sacerdote. Il Nuovo Tes tamento non è da meno: il dodici è il numero degli apostoli perché essi dovevano annunciare la fede nella Trinità ai quattro angoli della terra. Come ricorda poi la parte conclusiva dell’Apocalisse, il dodici è il numero della città santa, la nuova Gerusalemme scesa dal cielo. Essa ha dodici porte sulle quali stanno dodici angeli e ognuna è chiamata con il nome di una delle dodici tribù di Israele. «Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello» (Ap. 21,14).

Con l’aiuto del quarto volume di Esegesi Medievale di Henry de Lubac ho riportato un florilegio delle speculazioni patristiche sui numeri. Dante vi attinse a piene mani per la geografia della sua Commedia. Ha scritto John Barrow nell’articolo ricordato in apertura: «Spira una nuova vita nei tanti interrogativi che si pone la religione sulle questioni ultime, e tutto ciò ha un fascino infinito. Molte delle domande più profonde e più coinvolgenti sulla natura dell’universo, alle quali cerchiamo istintivamente di dare una risposta, nascono dalla nostra esigenza, schiettamente religiosa, di trovare un significato nelle cose». Alcune delle considerazioni patristiche sui numeri ci fanno sorridere. Nello stesso tempo evidenziano un sentimento profondo, una meraviglia sincera, un desiderio inesauribile di giungere alle fonti della conoscenza e della sapienza.


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