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Storiografia

FASCISMO E LEGGI PER LA DIFESA DELLA RAZZA (1938). De Felice, Mussolini, e la "percentuale" del 1932. Un saggio di Giorgio Fabre, in "Quaderni di storia", riapre la questione. Una nota di Roberto Roscani - a cura di pfls

domenica 11 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Trattamento diverso De Felice riservò ad altri documenti sul razzismo come ad esempio le carte inviategli da Marcello Ricci, uno degli estensori del Manifesto della razza (le consegnò per la cura e la pubblicazione ad un suo allievo, Mario Toscano, essendo lui ormai gravemente malato). Ma Razza e percentuale no. Eppure (o forse per questo) era proprio il testo che lo avrebbe costretto ad una revisione radicale della tesi di fondo che lo storico ha costruito attorno al tema del (...)

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>La «cultura» della purezza razziale (di Emilio Gentile) -- Così il Terzo Reich venerò (e falsificò) l’antichità classica per teorizzare la millenaria unità razziale di greci, romani, tedeschi (di M. Panarari)

domenica 9 luglio 2017


Il nazismo non ha passato? Prendiamoci quello di Sparta

Così il Terzo Reich venerò (e falsificò) l’antichità classica per teorizzare la millenaria unità razziale di greci, romani, tedeschi

di Massimiliano Panarari (La Stampa, Tutto Libri, 08.07. 2017)

      • Autore: Johann Chapoutot, Titolo: Il nazismo e l’Antichità, Editore: Einaudi

La fabbricazione del mostro fu accompagnata da un fittissimo dibattito. Un lavoro che vide saldarsi la febbrile attività di tutto un arcipelago intellettuale e la ricerca di pilastri ideologici da parte del nazismo, e che iscrisse nel dna sottoculturale del Terzo Reich un’autentica adorazione per la classicità.

Un’antichità greco-romana naturalmente immaginaria, reinventata all’insegna di una delle varie operazioni di falsificazione della storia compiute dal brodo di coltura e dalle uova del serpente da cui scaturì il nazionalsocialismo, e che venne istituzionalizzata in maniera massiccia dall’hitlerismo perché la relazione con il passato, il luogo temporale e simbolico delle «sacre» origini, risulta fondativa (come mostrano, per esempio, le politiche artistiche, totalmente impermeabili, a differenza di quelle dello stesso fascismo, rispetto a qualunque espressione della modernità).

Il retaggio del sangue, difatti, insieme al differenzialismo biologista, doveva servire a smantellare i messaggi e il progetto dell’Illuminismo. L’eredità aveva la funzione di contrastare le «pretese» della libertà e di forgiare l’uomo nuovo del regime, perseguito per via fisiologica attraverso l’eugenismo e il biologismo (e la «zootecnia di Stato»). Da cui l’invenzione della tradizione del nordicismo, nella quale vennero inserite in maniera coatta anche la Grecia e Roma, all’insegna della «favola bella» (implementata nel film horror dello sterminio del «diverso») di un indogermanesimo ariano che si era propagato per il globo, partorendo anche le civiltà della classicità.

Partendo non dall’India, bensì dalle terre della Germania del nord: ex septentrione lux, come sosteneva ossessivamente, rovesciando il paradigma hegeliano della civiltà che da Oriente si dirigeva a Occidente, il potentissimo ideologo del Terzo Reich Alfred Rosenberg, e come proclamava la dottrina nordicista di Hans Günther, il razziologo ufficiale della Nsdap (il partito nazionalsocialista dei lavoratori).

Il Führer disprezzava i germani li considerava troppo primitivi a confronto di Atene o Roma

Ne Il nazismo e l’Antichità, il giovane e rinomato storico della Sorbona Johann Chapoutot (membro dell’Institut universitaire de France e commentatore del quotidiano Libération) prosegue il suo lavoro di ricostruzione del gigantesco edificio ideologico che ha sorretto il nazismo.

In questo volume lo fa dall’angolazione di un funzionale immaginario classicista al quale contribuirono teorie immonde, dottrine strampalate (come quella, ricolma di occultismo, su Atlantide, peraltro presto emarginata) e una cieca e sanguinaria volontà di potenza, e in cui si giocava l’opportunismo delle carriere di gerarchi in competizione tra loro provenienti da una galassia di organizzazioni (come la Società Thule e le altre sette del nazismo magico).

Una vasta opera di genealogia quella compiuta dallo studioso, che restituisce un quadro estremamente articolato, dal momento che tutte le discipline della «governamentalità biopolitica» - dalla «scienza delle razze» a quella preistorica, dall’antropologia alla propaganda, dalla pedagogia all’estetica, dalla geopolitica alla «scienza giuridica» - vennero messe al servizio del radicamento nel popolo nazificato dello stereotipo di un antico Mediterraneo nordico.

Sebbene con ragguardevoli divergenze di vedute nelle alte sfere: come nel caso del conflitto che contrappose il Führer, pieno di disprezzo nei confronti dei germani considerati troppo primitivi a confronto dei venerati greco-romani (nelle cui lande mediterranee, come «spiegava» la teoria dei climi, il «genio nordico» aveva trovato condizioni meteorologiche più favorevoli per essere rigoglioso), e il germanomane Heinrich Himmler, a cui rispondevano gli archeologi-Ss (resi popolari dagli scontri cinematografici con Indiana Jones) dell’Anhenerbe, la «società di ricerca dell’eredità ancestrale» (fortemente influenzata dall’esoterismo), sguinzagliata ai quattro angoli d’Europa a caccia delle supposte tracce primigenie della razza ariana.

E negli anni Trenta e Quaranta, mentre il filo-elleno Heidegger si dedicava al ripristino dell’originario «pensiero dell’essere» presocratico, i circoli accademici si applicavano alla narrazione di un «Platone nordico», teorico di uno Stato razzista totalitario e di una comunità organicista, una sorta di «filosofo-re» precursore di Hitler, l’autentico «pensatore ufficiale» (perfino più di Nietzsche, come scrive Chapoutot) di quel Terzo Reich che coincideva con la «seconda Sparta».

Un progetto totalitario che si appropria di arti plastiche battaglie, eroi leggendari

Un repertorio sterminato quello del «discorso delle origini», che andava dall’architettura imperiale all’imperialismo come riedizione della colonizzazione romana, fino al nichilismo della catastrofe pensato come grande spettacolo e ultima coreografia che, di fronte all’offensiva del «giudeo-bolscevismo» e del «Cristo-bolscevismo», doveva spronare all’odio razziale e a una possibile futura vendetta contro ebrei e nazioni liberali. Continuando, così, sino all’atto finale il parallelo tra Roma e il Reich.


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