Richiamo per il teologo della liberazione Sobrino: il suo Cristo poco sacrale
Il gesuita è accusato di avere idee lontane dalla dottrina della Chiesa. Insegna da 50 anni in Salvador, è stato vicino al vescovo ucciso in Chiesa nel 1980
di ORAZIO LA ROCCA (la Repubblica, 15.03.2007)
CITTÀ DEL VATICANO - «Un Cristo vicino alle istanze dei poveri, ma quasi privo di sacralità e troppo lontano dagli insegnamenti della dottrina della Chiesa». Questo il severo monito che le autorità vaticane hanno lanciato, ieri, al gesuita Jon Sobrino, 69 anni, uno dei padri della Teologia della liberazione. «Un richiamo, non una condanna», ha precisato padre Federico Lombardi, gesuita anche lui, direttore della sala stampa della Santa Sede, annunciando il provvedimento, all’indomani della pubblicazione della prima esortazione apostolica "Sacramentum Caritatis" con la quale papa Ratzinger rilancia i principali insegnamenti della fede cattolica "alla luce della tradizione". Un richiamo che, comunque, potrebbe essere seguito in un prossimo futuro da provvedimenti più gravi. Padre Sobrino - nativo della Spagna - insegna da 50 anni in Salvador. È un docente noto e stimato in tutto il Sudamerica, amico - tra l’altro -di monsignor Oscar Romero, il vescovo di San Salvador assassinato il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte mentre celebrava una Messa e collega dei sei gesuiti trucidati nell’89 sempre in Salvador e sempre dagli squadroni della morte.
Il richiamo è stato formulato dal cardinale Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina delle Fede (l’ex Sant’Uffizio), dove era succeduto a Ratzinger dopo che questi era asceso al soglio di Pietro nel 2005. Due i libri contestati al teologo, Gesù Cristo liberatore, lettura storico teologica di Gesù di Nazareth, del ‘91, e La fede in Gesù Cristo, del ‘99. La Congregazione non commina alcuna sanzione al teologo latinoamericano. Si limita a mettere in guardia i pastori e i fedeli dai problemi suscitati da alcuni punti dei suoi due libri, invitando però i vescovi locali a decidere se il gesuita possa insegnare o tenere conferenze nelle diocesi di loro competenza. Il "processo" alle opere di padre Sobrino era iniziato nel 2001, regnante papa Wojtyla.
Nel 2004 al religioso fu consegnato un elenco di "pericolosi errori" riscontrati nei due suddetti libri. Ma la risposta che Sobrino presentò l’anno dopo fu giudicata insufficiente. Da qui il pubblico richiamo di ieri mediante una nota della Sala stampa vaticana, nella quale il direttore Lombardi, pur manifestando «rispetto per l’opera di Sobrino e per le sue intenzioni», perché è un teologo che «vive la sua fede partecipando alle esperienze più drammatiche del popolo», avverte che la sua "cristologia dal basso" ha alcuni punti critici che «mettono in questione l’integrità e la stabilità del ponte che permette la comunicazione tra gli uomini e Dio, anche quella dei poveri di tutti i tempi». Il portavoce della Curia generalizia dei gesuiti, padre Josè de Vera, ha assicurato invece che Sobrino avrebbe voluto «aprire un dialogo con la Congregazione per la dottrina della fede per dimostrare che la sua fede è quella cattolica, ma questo non è stato possibile». Ma anche padre de Vera nota che «nella notificazione rivolta a Sobrino non c’è nessuna indicazione di una punizione specifica». Come dire che la sorte del teologo non sembra comunque del tutto segnata. Almeno fino ad ora.