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IL VATICANO E’ ORMAI SOLO UNA MACCHINA DA GUERRA CONTRO OGNI ECUMENISMO E CONTRO OGNI TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE. SCOMUNICATO IL TEOLOGO SALVADOREGNO, JON SOBRINO. Una nota di Sergio Grande e la lettera di AUTODIFESA DI JON SOBRINO - a cura di pfls

Una posizione che potrebbe portare prossimamente alla scomunica di San Francesco!!!
sabato 28 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] prima le condanne verbali che aprono poi la strada alle aggressioni fisiche o ai veri e propri omicidi, come è successo in America Latina con i tanti martiri della teologia della liberazione a cominciare da Oscar Romero. Violenza fisica di fatto autorizzata dalla violenza verbale, dall’assolutezza della condanna delle idee che trova sempre chi si sente poi autorizzato a passare dalle parole ai fatti, sentendosi legittimato da cotante prese di posizione. Senza voler dimenticare che nei (...)

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> IL VATICANO E’ ORMAI SOLO UNA MACCHINA DA GUERRA ---GIULIO GIRARDI, UN TEOLOGO RIVOLUZIONARIO: UN AUTENTICO CRISTIANO PER IL SOCIALISMO.

martedì 28 febbraio 2012

Girardi, il teologo rivoluzionario

di Giovanni Franzoni (l’Unità, 28 febbraio 2012)

Ricordare Giulio Girardi al momento in cui lui ci abbandona fisicamente ma sicuramente non spiritualmente, significa ripercorrere tutta la nostra vita di cristiani impegnati dopo il Concilio tra gli anni 70 sino ai nostri giorni. Erano gli anni in cui gli uomini di scienza e di sapere non utilizzavano più le loro conoscenze per consolidare e rafforzare i poteri esistenti, ma spinti dal Concilio Vaticano II scendevano dalle cattedre per rendere viva e incarnata nella realtà sociale dell’umanità la loro fede.

Sono gli anni della lettera dei tredici preti romani che protestano contro la condizione di emarginazione di chi viveva in condizioni incivili nelle baracche della Capitale e della mia lettera «la Terra è di Dio» con la quale denunciavo la speculazione edilizia e il silenzio della Chiesa compromessa con gli interessi dei grandi proprietari fondiari e con le speculazioni fatte sulle spalle della povera gente nell’interesse della Dc romana.

Erano gli anni in cui Gerardo Lutte, docente al pontificio ateneo salesiano come Girardi, usciva dai ranghi delle istituzioni e andava ad abitare tra i baraccati di Prato Rotondo. In quegli anni Giulio Girardi metterà a disposizione la sua conoscenza filosofica e teologica per una strategia di riavvicinamento del mondo dei credenti con la sinistra storica. Per la rivoluzione delle classi subalterne spesso ridotte in condizioni subumane. Scrive «Cristianesimo e Marxismo». Avrà una cattedra alla Sorbonne di Parigi. Girardi metterà in crisi il suo rapporto con l’istituzione dell’ordine salesiano e con l’Ateneo salesiano.

Con il teologo peruviano Gustavo Gutiérrez ha cominciato ad assecondare la fondazione del movimento Cristiani per il Socialismo e la Teologia della Liberazione. È stato un lungo periodo durante il quale ci ha supportato e documentato sulla possibilità di non far coincidere l’alto percorso di fede con l’ideologia filosofica marxista. Ma di individuare obiettivi sociali concreti sui quali si realizzava l’incontro con le forze sociali e politiche di ispirazione marxiana. È stata una grande stagione di elaborazione e di rivisitazione della fede che ha coinvolto le comunità cristiane di base sviluppate prima in America latina, poi in Africa e finalmente in Europa.

Ci ha aiutato a maturare la convinzione che optare per una scelta di classe non significava abbracciare una scelta ideologica, ma di rivisitare l’insegnamento evangelico dalla parte dei poveri e degli sfruttati. Era così che si dava concretezza a quell’idea maturata durante il Concilio Vaticano

II grazie soprattutto all’opera del cardinale Lercaro, di una Chiesa che è anzitutto «convocazione dei poveri». Non una Chiesa esclusiva, nella quale sono soltanto i poveri, ma che rilegge il messaggio evangelico nella condizione di coloro che sono senza voce, senza potere, senza autorità.

A questa grande stagione di impegno teologico è seguita quella di Giulio Girardi che si fa supporto alle culture delle popolazioni indigene. Siamo alla crisi del socialismo reale che mostra il suo volto repressivo e autoritario.

Matura la convinzione che fosse da privilegiare la lotta delle popolazioni indigene per uscire dall’oppressione del colonialismo e dello schiavismo internazionale. A Quito in Ecuador nel 1992 ci sarà la svolta con la grande assemblea delle popolazioni indigene e dei movimenti che sostenevano i “senza terra” in Brasile. Anche nelle comunità cristiane si recupera la scelta di porsi non dalla parte dei civilizzatori, ma da quella dei colonizzati. Perché alle popolazioni indigene con il Vangelo era stata portata anche la sottomissione. Giulio Girardi partecipava con grande impeto a questo movimento. Era come innamorato della spontaneità e trasparenza della lotta di questi popoli. In Nicaragua aveva una sua stanza nel Centro Valdivieso di Managua. Sarà a fianco delle popolazioni del Chapas, in Messico ed amico e consigliere del leader cubano Fidel Castro.

Oggi nessuno può avanzare una formula unica per la liberazione dei popoli. Molte sono le strade e molte le esperienze con cui misurarsi. Girardi aveva fatto sua la formula della nonviolenza attiva. Ha scritto su Gandhi il vescovo Proano. Riflettendo su Che Guevara è arrivato ad indicare una venatura di clemenza e di amore anche nella lotta di liberazione armata. Chi prende le armi peramore deve sapere che anche il nemico è un uomo oppresso da liberare. È così che anche nelle comunità di base si cominciò a coniugare una sorta di mitezza non soltanto verso gli oppressi, ma anche verso gli oppressori.

Giulio Giradi è spirato in questa convinzione e la sua memoria non può diventare museale. Seguita ad essere quella che è stata sino ad oggi: una pratica di liberazione per tutti gli oppressi. Un processo che non può venire dall’alto, come accade con la globalizzazione finanziaria che lascia tutto nelle mani dei potenti.

La Teologia della Liberazione ci ha aiutato a capire che non è contro un nemico esterno che occorre combattere, che il nemico è anche dentro di noi. Che allo sfruttamento alimentato dall’esterno ci sono processi di reazione vitali: quelli autogestiti dalla base e dal mondo degli oppressi.

È questo che con grande fatica ci ha aiutato a vedere Giulio Girardi. Questo portiamo avanti. Con la sua passione mite, gentile e profondamente umana, ma al tempo stesso rigorosa. Il suo è stato un faticoso andare controcorrente e verso il «poco probabile». È il cammino delle comunità di base. Come recita la canzone di Bennato, è stato il ricercatore dell’isola che non c’è. Ma che ci potrebbe essere. Sta a noi fare in modo che ci sia. Così lo ricorderemo oggi alle 14 alla Comunità di san Paolo. Si è spento nell’umiltà, ma la speranza di civilizzare l’umanità non è certo morta.


Un autentico cristiano per il socialismo

di Luca Kocci (il manifesto, 28 febbraio 2012)

Il titolo di uno dei suoi libri più importanti, Marxismo e cristianesimo, è la migliore sintesi della ricerca, dell’impegno e della vita stessa di Giulio Girardi: il dialogo e la collaborazione fra comunisti e cristiani nella lotta comune per la liberazione degli oppressi e degli emarginati. Girardi è morto domenica mattina, a 86 anni, dopo anni difficili per un ictus che lo aveva colpito qualche anno fa. Ordinato prete nel 1955, docente di filosofia nelle università pontificie, viene chiamato al Concilio Vaticano II come esperto di marxismo e di ateismo. Una scelta non solo intellettuale, ma di campo: partecipa al dialogo fra cristiani e marxisti, collabora con i movimenti di base, parla del marxismo «non come nemico ma come interlocutore del quale si condividono numerose opzioni». I salesiani, nel 1969 lo espellono dall’università - e insieme a lui cacciano anche un altro professore, don Gerard Lutte, che aveva abbracciato la causa dei baraccati delle periferie di Roma - e Girardi va ad insegnare nelle università cattoliche di Parigi a di Bruxelles. Ma viene presto espulso anche da lì, incassando la solidarietà di François Houtart, Gustavo Gutierrez e Paulo Freire - fra i padri, insieme a Girardi, della teologia della liberazione - che si dimettono per solidarietà.

Nascono in America latina i Cristiani per il socialismo, Girardi vi aderisce con convinzione, contribuendo a portare il movimento in Europa e in Italia. Nel 1977 il Vaticano lo sospende a divinis, ma non blocca il suo impegno ecclesiale nelle comunità di base, accademico - insegna a Sassari fino al 1996 - e sociale: lavora con i sindacati dei metalmeccanici, continua a promuovere il dialogo tra comunisti e cattolici, intensifica i rapporti con i popoli e i Paesi latinoamericani, in particolare il Nicaragua - dove collabora con la rivoluzione sandinista - e Cuba.

«Girardi è stato negli ultimi cinquant’anni il maggiore teologo che in Italia si è confrontato col marxismo e con la modernità, interloquendo contemporaneamente coi movimenti di base» - è il saluto di Noi siamo Chiesa che prosegue: «La sua riflessione deve essere rilanciata perché capace di indicare percorsi a quanti sono impegnati a liberare la fede nel Vangelo dalle vecchie religioni e l’uomo da ogni dominio spirituale, ideologico e materiale». «Marxismo e cristianesimo evangelico, non quello clericale, non nemici ma alleati per la liberazione dell’uomo: questo è stato il senso della sua vita», dice Giovanni Avena, direttore di Adista, agenzia di informazione con cui Girardi ha sempre collaborato. «Un cristiano autentico, un intellettuale impegnato, un compagno di tante battaglie per il socialismo. Ha integrato utopia e progetto, studio e militanza nel tenace impegno per dare una concreta risposta alla domanda del titolo di uno dei suoi libri: Gli esclusi costruiranno la nuova storia?», lo ricorda così Marcello Vigli, delle Comunità di base.

Oggi alle 14, presso la Comunità di base di San Paolo (via Ostiense 152), l’ultimo saluto a Giulio Girardi.


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