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Filosofia

LA DISCHIUSURA. DECOSTRUZIONE DEL CRISTIANESIMO. Dischiudere dunque i confini tra filosofia e religione, rompere l’abbraccio mortale che li lega e portare alla luce ciò che li accomuna. L’indicazione di Jean-Luc Nancy - a cura di pfls

domenica 18 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Per Jean-Luc Nancy viviamo nel cuore di una trasformazione epocale paragonabile a quella che ha portato dall’antichità al mondo moderno. Questa trasformazione appare talvolta come una perdita, ma ha anche il sapore di un nuovo inizio. Il suo è un pensiero che resta aperto alla testimonianza di un’incommensurabilità tra noi e ogni legge, umana o divina che sia. Ritornare alla nostra provenienza cristiana, e ridiscuterla radicalmente, è essenziale per capire come questo (...)

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> LA DISCHIUSURA. DECOSTRUZIONE DEL CRISTIANESIMO. ---- L’ADORAZIONE. Jean-Luc Nancy: «Non torniamo allo spirito del cristianesimo, anzi rifiutiamo il ritorno del sacro» (di Daniele Zappalà).

mercoledì 23 giugno 2010

Sul tema: CONTRO KANT (E MOSE’), UN FREUD CIECO. Negata la lezione del “Tu devi” di Kant, Freud riesce a liberarsi a stento dal “Super-Io” Faraonico.


Fa discutere in Francia l’ultimo libro di Jean-Luc Nancy, noto pensatore non credente che in passato pareva sensibile al Vangelo

E ora il filosofo vuol «smontare» la fede

Un nichilismo sconcertante: «Non torniamo allo spirito del cristianesimo, anzi rifiutiamo il ritorno del sacro»

DA PARIGI DANIELE Z APPALÀ (Avvenire, 23.06.2010)

« P enso che la missione del prossimo secolo sarà di reintegrare gli dei», sosteneva negli anni Cinquanta il più celebre e carismatico ministro della Cultura che la Francia ricordi: André Malraux, ufficialmente non credente ma sensibile alle ragioni della trascendenza. E da allora, l’espressione «il XXI secolo sarà religioso o non sarà», ripresa e sviluppata in diverse occasioni dal talentuoso scrittore, è divenuta una sorta di proverbio popolare che trotta nelle teste dei francesi.

Da qualche anno, nel perimetro del mondo intellettuale, la vecchia «profezia» di Malraux non desta più gli sberleffi degli scettici. Di sorpresa in sorpresa, nel Paese statisticamente più ateo della vecchia Europa occidentale, si è assistito a casi editoriali come Dio, un itinerario (2002) del filosofo Régis Debray, ex marxista, ma anche alla clamorosa pubblicazione degli «inediti religiosi« di Jacques Lacan (2005), o ancora alle inattese «svolte verso il sacro» delle concezioni di altri intellettuali ammirati come l’antropologo culturale Maurice Godelier. Al contempo, spesso in reazione a questa tendenza, è riemersa una letteratura di stampo fortemente anticristiano, talora smaccatamente faziosa ma a suo modo anch’essa partecipe della nuova partita culturale sempre più evidente attorno alla spiritualità.

L’ultima opera del noto filosofo Jean-Luc Nancy - che partecipa oggi al convegno dedicato alla sua opera filosofica dall’Università Roma Tre - non sembra sfuggire al «teorema di Malraux», ma in chiave negativa: cioè, distinguendosi per un’esplosione di virulenza che ha seminato sconcerto. Tanto più se si considera la tradizionale sensibilità dell’autore verso il fatto religioso e persino il suo sodalizio ancora recente con editori di area cattolica. In L’Adorazione (Galilée), l’ex complice di Jacques Derrida esplicita niente meno il proposito di «decostruire il cristianesimo». Fin dal primo capitolo, con tono perentorio e a tratti quasi marziale, l’autore lancia una definizione «chiave», ma già dall’aria stramba: «L’adorazione s’indirizza a se stessa. L’adorazione consiste nel tenersi al nulla - né ragione, né origine - dell’apertura». È però soprattutto l’incipit del capitolo seguente a far comprendere il sapore di tutto il resto del volume: «Perché parlare del cristianesimo? Vorrei in realtà parlarne il meno possibile. Desidero avanzare verso una cancellazione di questo nome e di tutto il corpo di riferimenti che lo segue, corpo già largamente cancellato o devitalizzato. Ma tengo a seguire il movimento più preciso che questo nome avrà ricoperto: il movimento di un’uscita dalla religione e dell’espansione di un mondo ateo».

L’accademico settantenne ormai in pensione, con all’attivo anche opere autobiografiche sulla propria condizione di ex paziente trapiantato, mostra che in un centinaio scarso di pagine dall’andamento vieppiù allucinato è possibile pure lanciare molti strali. Esibito senza pudori, il nichilismo dell’autore prende a tratti un rilievo sconcertante: «Non occorre far ritorno allo spirito del cristianesimo, né allo spirito dell’Europa o dell’Occidente.

Occorre al contrario, rifiutando ogni sorta di ’ritorno’, e più di ogni cosa ’il ritorno del religioso’ che è la più pesante delle minacce, avanzare ancora verso ciò che costituisce l’invenzione di questa civiltà ormai globalizzata, forse perduta, forse agli sgoccioli della corsa ma forse anche capace di un’altra avventura. E quest’invenzione è quella di un mondo senza Dio - senza sicurezze di senso - ma senza desiderio della morte». Qualche pagina dopo, Nancy cerca di rigirare ancora la strana frittata: «Non c’è neppure ’ateismo’; ’ateo’ non basta! È dal principio che la posizione dev’essere svuotata. Non basta dire che Dio si assenta, si ritira, oppure è incommensurabile. Si tratta ancor meno di piazzare un altro principio sul suo trono, Uomo, Ragione, Società. Occorre prendere di petto proprio questo: il mondo non poggia su nulla e sta qui il suo senso più vivo».

All’improvviso, come in una sorta di flipper guasto, l’argomentazione prende carambole indecifrabili: «Diciamolo in una parola: il ’dio’ dei cristiani è ateo», lancia persino Nancy, che più in là tiene a rivelare pure la propria definizione dell’antisemitismo: «Azzardo l’ipotesi seguente: si tratta dell’odio verso gli ebrei sviluppato dai cristiani per i quali i primi rappresentano il mantenimento della distinzione dei regni, laddove le Chiese cattolica, protestante e ortodossa non cessano di rinunciarvi». I regni in questione sono quello spirituale e temporale.

La deriva non cessa e l’autore lascia vieppiù l’impressione di saltare di palo in frasca per mescolare un po’ di tutto dentro lo stesso shaker: storia delle religioni, relazioni fra le religioni, rapporto fra realtà vissuta e letteratura, varie proposte anche stravaganti legate alla tradizione terminologica cristiana. Solo un esempio: «Dio potrebbe essere il nome che, come nome proprio, nomina l’innominabile e, come nome comune, designa la divisione dies/nox, giorno e notte, apertura del ritmo del mondo, della possibilità delle distinzioni in generale, e dunque anche dei rapporti e dei passaggi».

Per Nancy, «decostruire il cristianesimo vuol dire: aprire la ragione alla propria ragione stessa, anzi alla propria sragione». Ma in realtà il lettore si chiede presto se non sia proprio l’autore a sragionare, pronto com’è ad esempio a «trasporre» a propria immagine e somiglianza, e a briglie sciolte, persino un celebre e splendido passaggio di Kant dedicato a Dio. In effetti lo si era già sospettato qualche anno fa, soprattutto dopo il caso del Trattato di ateologia di Michel Onfray. È anche con crescenti convulsioni e vaneggiamenti che potrebbe continuare a manifestarsi in futuro il «teorema di Malraux».


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