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OBIEZIONE DI COSCIENZA !!! L’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’. LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI. LA LEZIONE DI DON LORENZO MILANI - a cura di Federico La Sala

lunedì 19 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe’ noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l’anno) l’esercito, e’ solo perche’ difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita’
popolare, la liberta’, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla
mano) urgeva piu’ che educaste i nostri (...)

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> OBIEZIONE DI COSCIENZA PER LA DIFESA DELLA VITA!!! LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI. LA LEZIONE DI DON LORENZO MILANI - a cura di pfls

lunedì 19 marzo 2007

Inoltro formale richiesta all’autorità diocesana competente perché sia aperto il mio processo di beatificazione. È vero, sono ancora in vita, ma è bene prepararsi per tempo (si sa come sono lunghe le pratiche postulatorie). I miracoli? Li faccio, li faccio. il più grande è questo: credo ancora in Dio malgrado certi cattolici. Scherzo, naturalmente. Mi scuso con i lettori, ma ho dovuto leggere sui giornali varie commemorazioni di don Milani e mi è venuta la mosca al naso. Pensavo che, non avendo mai «formato» ai principi del «vero» cristianesimo (sto citando le rievocazioni entusiastiche) gente che è poi diventata «trasgressiva» proprio rivendicando gli studi compiuti a Barbiana, a me, non mi commemorerà mai nessuno. Sì, perche ho molti scheletri nell’armadio, anche se, mi sa, di minor entità.

Confesso, per esempio, di aver simpatizzato a vent’ anni per il Sessantotto e di aver predicato attivamente il divorzio durante la prima metà della campagna per il referendum (poi il Padreterno mi colse sulla via di Damasco, e l’altra metà della campagna la feci contro il divorzio). Milani abolì i biliardini dall’oratorio e si mise a predicare di politica, poi scrisse Esperienze pastorali, che fece sobbalzare papa Roncalli sul trono (e il «papa buono» gli diede del «pazzo scappato dal manicomio»).

L’alta borghesia fiorentina gli portava sovvenzioni per la sua scuola in cambio di insulti di classe (in senso marxista) e di classe (in senso di bon ton, come il seguente, che leggo in uno dei tanti amarcord: «Che se la badi la puttana della sua mamma», a proposito di una bambina). Le bozze della famosa Lettera a una professoressa pare contenessero un sacco di «troia» (e non nel senso omerico) che l’editore si vide costretto a cassare.

Quando i vertici della Chiesa cominciarono a innervosirsi, trovò conforto presso i comunisti («gli unici a difendermi finora»...). Però - dice un celebre ex allievo, riferendosi ai ragazzi di Barbiana - «nessuno di loro insomma, e nessuno dei loro figli, è fra quelli che, drogati dalle mode, alla Gazzetta e dalle tv, vanno a realizzare a suon di slogan razzisti, di manganelli e di coltelli negli stadi». È vero: forse perché hanno già dato durante gli anni di piombo, stando alle testimonianze.

Agli atti di un eventuale processo di beatificazione (hai visto mai?) del parroco del Mugello (com’è noto, collegio elettorale «sicuro» per la sinistra) andrebbero anche messi due volumetti che giungono a proposito: sono due «Millelire» edizioni Stampa Alternativa, a cura di Carlo Galeotti); uno è L’obbedienza non è più una virtù, e l’altro Un muro di foglie di incenso) è contenuto in un cofanetto dal titolo Libertà che comprende anche scritti di Croce, Rosselli, Gobetti e Stuart Mill. Il primo è una risposta ai cappellani militari toscani che, nel 1965, cristianamente avevano auspicato la fine delle divisioni ideologiche almeno per i morti, considerando anche «un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta "obiezione di coscienza" che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà». Il Milani andò subito a diffondere volantini e poi a pubblicare la pepata «risposta» su «Rinascita», sperando che «quelle cariche di esplosivo» da lui disseminate nel corso della sua breve vita continuassero a scoppiettare «per almeno cinquant’anni sotto il sedere» di chi non la pensava come lui (profezia che, almeno per un po’, si è avverata).

E giù con «Io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi» (il corsivo è mio, ndK), e con «era nel ’22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l’esercito non la difese» (cioè: contro i fascisti e i ricchi è lecita l’eccezione all’obiezione di coscienza).

Avete presente la guerra di Spagna con i sedicimila e rotti preti e vescovi uccisi, le statue di Cristo prese a fucilate, le chiese incendiate, le monache violentate e gli innumerevoli credenti massacrati? Bene, don Milani vitupera «l’infame aggressione» dell’«infelice popolo spagnolo», nella quale i soldati italiani «erano corsi in aiuto di un generale traditore della sua Patria, ribelle al legittimo governo e al popolo suo sovrano»; un generale che, così, «riuscì a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d’ogni libertà civile e religiosa».

Infine, quella guerra mondiale che era, per Milani, «una guerra che aveva per l’Italia due fronti. L’uno contro il sistema democratico. L’altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici più nobili che l’umanità si sia data». E via «profetizzando». Del resto, è già stato beatificato: dai cattocomunisti.

Di Rino Cammilleri


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