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L’ Amore (Charitas) non è lo zimbello del tempo e di Mammona (Caritas)!!!

OBIEZIONE DI COSCIENZA !!! L’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’. LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI. LA LEZIONE DI DON LORENZO MILANI - a cura di Federico La Sala

lunedì 19 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe’ noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l’anno) l’esercito, e’ solo perche’ difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita’
popolare, la liberta’, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla
mano) urgeva piu’ che educaste i nostri (...)

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> OBIEZIONE DI COSCIENZA PER LA DIFESA DELLA VITA!!! LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI. LA LEZIONE DI DON LORENZO MILANI - a cura di pfls

domenica 24 giugno 2007

Don Milani, la rivoluzione di Barbiana

di Massimo Toschi *

Quarant’anni fa, il 26 giugno 1967 moriva don Lorenzo Milani. Quarant’anni nella Scrittura indicano un tempo lungo, un tempo di ascolto del popolo di fronte a Dio che parla, un tempo di conversione, un tempo di preparazione: il tempo dell’esodo verso la terra promessa. In questi quarant’anni, migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani, hanno continuato a salire a Barbiana per visitare la scuola, per pregare nella piccola chiesa di S.Andrea, per inginocchiarsi davanti alla tomba di don Lorenzo, nel piccolo cimitero parrocchiale. Una salita senza bandiere, senza associazioni, senza movimenti, senza mobilitazioni, sempre nel silenzio e nella ricerca interiore. Una processione senza fine, mai stanca, di generazioni che si consegnano una memoria. Perché la gente è andata e continua ad andare a Barbiana? A Barbiana non si va per cercare una identità culturale, una appartenenza religiosa, un santo protettore della buona politica come qualcuno ha cercato di fare. Chi va a Barbiana, al di là delle citazioni di rito, percepisce più o meno distintamente che in questa piccola parrocchia delle colline del Mugello è avvenuta una visita di Dio, che nella storia di don Milani ha posto la sua orma, la sua impronta. L’orma e l’impronta della povertà, dei mezzi poveri e della piccolezza.

Nato da madre di origine ebrea, nel 1923, viene battezzato nel 1933, all’età di dieci anni, per proteggerlo da possibili persecuzioni antiebraiche. Frequenta il liceo a Milano, e la sua conversione viene datata dalla testimonianza di don Bensi nel giugno del 1943 e nell’ottobre entra in seminario. Ordinato prete nel 1947, è cappellano di San Donato a Calenzano fino al 1954. Nel dicembre del 1954 viene nominato parroco a Barbiana, sperduta parrocchia del Mugello, già chiusa e poi riaperta per raccogliere questo singolare prete che a San Donato aveva avviato una scuola serale di giovani, che accoglieva insieme cattolici e comunisti, e poi aveva assunto, in occasione di elezioni amministrative e politiche posizioni molto ferme di critica alla Dc e al sostegno che la Chiesa le offriva, producendo reazioni molto forti dei preti delle parrocchie circostanti.

Una carriera ecclesiastica apparentemente modestissima, vissuta spesso nell’isolamento. Anche a Barbiana pochissimi preti lo vanno a trovare. Ma in questa condizione assolutamente modesta Dio davvero opera nella vita di don Milani. Già a san Donato l’intuizione della scuola per i ragazzi, per dare loro la parola e i diritti, fa della sua attività pastorale qualcosa di assolutamente innovativo.

Questa centralità della Parola e delle parole mostra il fallimento radicale di tutta la pastorale della ricreazione (ma la stessa cosa egli dice delle Case del popolo), fatta di forme festaiole che allontanano dai veri problemi di tutti: il lavoro, i diritti, lo scontro sociale nelle fabbriche nell’Italia che stava nascendo. Egli racconta tutto questo nel suo unico e straordinario libro Esperienze pastorali, che esce nel 1958 e alla fine dell’anno viene fatto ritirare dalla Santa Sede, per la radicalità delle sue critiche a un modello, che già allora mostrava tutto il suo fallimento. Don Lorenzo, nella lettera a don Piero, presente nel libro e che egli comincia a scrivere nel novembre 1953, dice: «per un prete quale tragedia più grossa di questa potrà mai venire? Essere liberi, avere in mano sacramenti, Camera, Senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola e con tutta questa dovizia di mezzi divini e umani raccogliere il bel frutto di essere derisi dai poveri, odiati dai più deboli, amati dai più forti. Vedersela vuotare ogni giorno di più, sapere presto che sarà finita per la fede dei poveri».

Queste parole sono la denuncia profetica del cristianesimo politico, di cui oggi vediamo gli ultimi e più pericolosi cascami, quando la Chiesa si fa soggetto politico e riempie le piazze per far cadere i governi,svuotando così la fede, manipolando la politica, e avendo la pretesa di diventare un improbabile sindacato di valori. È perché dice questo che don Milani è mandato a Barbiana. E si assiste al paradosso di Barbiana. L’isolamento cercato dalla curia fiorentina diventa immersione (battesimo) nel mondo dei poveri. La punizione diventa conversione ad una radicalità cristiana, fatta di fedeltà alla storia, coerenza evangelica e condivisione della fatica degli oppressi. Una piccola scuola privata e senza mezzi diventa il luogo di un cambiamento radicale della scuola pubblica. I mezzi poveri diventano la forza stessa del suo messaggio e della sua parola. La piccolezza di Barbiana diventa icona di una chiesa povera e libera per il vangelo.

Nel paradosso di Barbiana sta la visita di Dio. È questo paradosso che ancora oggi e domani tutti cercano, perché in questo paradosso sta il futuro della chiesa e della società italiana. In questo contesto nascono le lettere: non solo quelle più importanti la Lettera ai giudici e la Lettera ad una professoressa, ma le molte lettere alla mamma, agli amici e ai suoi ragazzi. In questa straordinaria documentazione si racconta il dramma di don Lorenzo con la sua chiesa e il suo vescovo, la sua concezione nobile della politica, la sua denuncia del fallimento educativo, la sua riforma della democrazia, il suo impegno per la costituzione e l’antifascismo, l’amore indicibile per un Dio che ha il volto povero dei suoi ragazzi.

A quarant’anni dalla sua morte da Barbiana arriva a tutti la lettera della visita di Dio per imparare a dare verità alle nostre parole e dare le nostre parole alla Verità. In questo don Milani non appartiene al nostro passato, ma sta dinanzi a noi e ci indica il futuro, che abita nella Parola libera e mite, capace di disarmare i cuori, e nelle parole, che sappiano narrare la domanda di giustizia dei più piccoli e di dare il nome vero alle ingiustizie.

* l’Unità, Pubblicato il: 23.06.07. Modificato il: 24.06.07 alle ore 13.54


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