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L’ Amore (Charitas) non è lo zimbello del tempo e di Mammona (Caritas)!!!

OBIEZIONE DI COSCIENZA !!! L’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’. LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI. LA LEZIONE DI DON LORENZO MILANI - a cura di Federico La Sala

lunedì 19 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe’ noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l’anno) l’esercito, e’ solo perche’ difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita’
popolare, la liberta’, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla
mano) urgeva piu’ che educaste i nostri (...)

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> OBIEZIONE DI COSCIENZA PER LA DIFESA DELLA VITA!!! L’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’. LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI. LA LEZIONE DI DON LORENZO MILANI - a cura di pfls

lunedì 9 luglio 2007

LETTERA DI DON LORENZO MILANI A GAETANO CARCANO - MILANO *

Barbiana, 3.9.1958

Caro signor Carcano,

ho ricevuto il suo dattiloscritto e l’ho letto più volte con cura. Ho anche cercato di annotare qualcosa. Ho dovuto però concludere che non ci potevo far nulla.

Se dovessi presentarmi io al Convegno vorrei andare subito al nocciolo del problema degli operai e dei contadini lontani: l’atteggiamento politico e sociale del clero.

Ho nel mio vecchio popolo di San Donato una ventina di licenziati della R. [Importante fabbrica di Sesto Fiorentino]. Gente che ci ha lavorato anche decine d’anni e ci ha rimesso magari anche la salute (silicosi e reumatismi) e che s’è sentita leggere dopo la guerra una lettera che veniva da Milano e diceva che la direzione non avrebbe mai dimenticato quello che gli operai di Sesto avevano fatto per la R. (salvato gli impianti e il museo dai tedeschi. Gesù ebbe un Giuda su 12, la R. tra tutti i suoi operai non l’ebbe). Ora questi operai sono stati licenziati e beffati. E l’uomo che li ha sfruttati (ci si è arricchito in modo inverosimile, il loro lavoro «svogliato» a lui ha fruttato tanto che la loro vecchia fabbrica ne ha fatte nascere altre sette), l’uomo che li ha ingannati e traditi, i preti, proprio i preti (Comitati Civici) lo hanno fatto mettere nella lista di un partito che osa profanare così il nome di cristiano.

Che serve avere una bella chiesa senza immagini di cattivo gusto, non dire «scherzi da. prete», avere canti armoniosi, panche comode, libri di canto unificati, preghiere unificate, mitre che si levano e mettono, fiori naturali invece che finti, messali con la chiara indicazione di Ambrosiano o Romano, zie del prete che non si danno il rossetto, se poi c’è in chiesa la vittima del signor V. [Principale azionista della ditta R.] la quale ha in tasca un volantino comunista dove c’è una fotografia del V. inginocchiato davanti al Papa non per ricevere le invettive evangeliche («Guai a voi...») o scomuniche, ma una benevola benedizione?

Quell’operaio potrà perdonare il Papa, potrà aver pietà di quel povero vecchio ignaro non per sua colpa di tutto ciò che è vita cruda e vera, ma non potrà perdonare il suo prete che non è corso a avvertire il Papa e non inveisce dall’altare in difesa dell’oppresso (non ne aveva tempo, aveva da costruire con l’aiuto economico del Papa un campo sportivo da 11 milioni).

Lei forse dirà: «Questi sono episodi laterali». Ma quell’operaio non li trova affatto laterali e non solo perché c’è di mezzo il pane dei suoi bambini (cosa tutt’altro che laterale), ma anche perché c’è di mezzo la sua dignità di cittadino d’una repubblica che si dice democratica ma manda la Celere solo a difendere i beni del V. contro l’operaio, mai il bene dell’operaio contro il V. che lo calpesta, e poi c’è di mezzo la sua coscienza di cristiano che si ribella all’ingiustizia e alla crudeltà e vede che il suo prete difende il partito che vuol mandare il V. a far le leggi! (come se le leggi non fossero tutte già abbastanza a favore del V. e contro al povero) e vede che il suo prete non inveisce questa volta con la stessa forza con cui inveisce (giustamente) ogni volta che parla di ingiustizie e crudeltà comuniste.

Caro signor Carcano, non vada al Convegno a dir cose laterali e secondarie. Vada a dire che ne aveva pensate tante e poi a un tratto le è apparso davanti agli occhi che c’era una sproporzione tra quelle piccole cose e una cosa grande e grave: i lontani sono lontani perché i preti hanno voluto immischiarsi nelle cose terrene e ci han perso la serenità di giudizio. E hanno consacrato l’attività dell’Azione Cattolica in campo politico (Comitati Civici) e non hanno separato la loro responsabilità da quella dell’Azione Cattolica quando si seppe che i Comitati Civici avevano mercanteggiato con la Confintesa i seggi «cristiani», cioè di ingannare milioni di poveretti che credono in Dio e hanno fiducia nel loro parroco (questa notizia non l’ha data «L’Unità» ma «Il Popolo» e nessuno l’ha smentita).

Ho visto sì anche nel suo questionario qualche domanda generica su questi argomenti, ma se lei ha la fortuna di potersi rivolgere anche per mezz’ora sola a un’accolta di preti e di vescovi non ci vuole una domanda generica e moderata, di quelle che non urtano nessuno, e tanto meno attenuata da tante domande insignificanti che ha accanto. Ci vuole una parola dura, affilata, che spezzi e ferisca, cioè una parola concreta come sono i due esempi qualsiasi che le ho fatto e i tanti altri che lei può leggere sul mio libro. Tagliare e colpire crudelmente come fa il chirurgo perché la maggior pietà del chirurgo è di non aver pietà.

E se tutto questo crede di non poterlo fare, allora per piacere non parli. Non dia ai preti che l’ascolteranno l’illusione di avere ascoltato per bocca sua i bisogni della famiglia cristiana. La famiglia cristiana dell’operaio e del contadino ha bisogno di un prete povero, giusto, onesto, distaccato dal denaro e dalla potenza, dalla Confida, dal Governo, capace di dir pane al pane senza prudenza, senza educazione, senza pietà, senza tatto, senza politica, così come sapevano fare i profeti o Giovanni il Battista. Un prete che chiarisca cosa è bene e cosa è male in fatto di rapporti di lavoro e che si schieri dalla parte del giusto, del vero, del debole e smetta di difendere i «suoi» per partito preso, ma li difenda solo in quei pochissimi casi in cui la loro causa coincida perfettamente con la causa cristiana.

Vorrei dirle ancora molte altre cose, ma ne ho scritte già tante nel mio libro e scritte con la brutalità che si meritano e che le assicuro non è troppa. Se lei dunque vuol giovarsene faccia pure, ma la prego non attenui, non accomodi, non presenti signorilmente le cose che io dico e che non sono affatto signorili.

La presente lettera è uno sfogo privato con lei. Il mio libro le ha già mostrato che non ho paura delle conseguenze delle mie parole, ma se lei vuoi fare uso pubblico di qualche affermazione che qui le ho fatto la prego di avvertirmene perché io possa rivedere, precisare, documentare, portare insomma al livello e allo stile che ho usato nel libro. In questo momento non ho tempo di farlo perché ho qui i ragazzi a scuola che mi distraggono e perché non voglio tardare ancora a darle la risposta che mi ha chiesto. Un saluto affettuoso e mi scusi, suo

Lorenzo Milani

*

Da Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Arnoldo Mondadori, 1970, pp.78-82

Il destinatario di questa lettera, che allora era segretario del Comitato milanese del Fronte della Famiglia, doveva partecipare con una relazione a un convegno di aggiornamento sociale. Ammiratore di “Esperienze pastorali”, prima del convegno aveva mandato in lettura la sua relazione a don Lorenzo chiedendone un parere.

Articolo tratto da:

FORUM (62) Koinonia

http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/

* Il Dialogo, Lunedì, 09 luglio 2007


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