LA NOVITÀ DEL CRISTIANESIMO RISPETTO ALLE ANTICHE RELIGIONI: UN INEDITO DEL GRANDE STUDIOSO
Girard Quando Cristo rovesciò i miti
di René Girard (Avvenire, 05.04.2009)
Non è nelle Scritture, né nella teologia che si radica il mio interesse per il cristianesimo. Quest’interesse, per quanto strano possa sembrare, proviene dal darwinismo. La teoria evoluzionista suppone che la cultura umana si sia sviluppata a partire da ciò che chiamiamo la «cultura animale». Si può elaborare una genesi plausibile di ciò che «non è animale» nella nostra propria cultura? Questo «supplemento» che fa di noi degli uomini? Possiamo supporre che l’ominizzazione sia cominciata quando le rivalità mimetiche sono divenute così intense che la relazione di dominanza animale è crollata. L’umanità è sopravvissuta, probabilmente, poiché i divieti religiosi sono emersi abbastanza presto per impedire alla nuova specie di autodistruggersi.
Ma come spiegare questa emersione? Per comprendere ciò che è accaduto, i nostri soli indizi sono le narrazioni che raccontano la nascita dei culti ai quali esse appartengono. Si suole chiamarle miti fondatori o miti delle origini. Essi cominciano in genere con il racconto di una crisi distruttrice. Nel mito di Edipo la peste, altrove un mostro cannibale. Dietro questi temi si nasconde ciò che Hobbes chiama «la guerra di tutti contro tutti»: esplosioni di rivalità abbastanza intense da distruggere intere comunità. La sete di vendetta si concentra su un numero sempre più ristretto d’individui. Alla fine, la comunità fa blocco contro uno solo, colui che chiamo il capro espiatorio. Il gruppo si riconcilia attorno a quest’unica vittima, a un costo che pare miracolosamente basso.
Il problema che i pensatori razionalisti hanno cercato invano di risolvere attraverso l’ipotesi del contratto sociale, quello dell’origine delle società umane, si risolve così senza intenzione umana, nel momento in cui la «crisi mimetica» è al suo apice. Il carattere incosciente del linciaggio è splendidamente illustrato dalla frase di Gesù sulla Croce: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Questa frase deve essere interpretata in modo letterale. Poiché se i miti riconoscessero i fatti, l’innocenza del capro espiatorio diverrebbe visibile, e la violenza perderebbe la sua efficacia catartica. Le comunità arcaiche erano certamente abbastanza distanti le une dalle altre. Quando uno straniero faceva la sua comparsa, ci si riuniva attorno a lui con grandi speranze. Il minimo gesto imprevisto da parte sua poteva provocare il panico, e una condanna a morte. In che modo i divieti religiosi compaiono?
Possiamo supporre che, nelle comunità arcaiche, non appena il linciaggio catartico metteva fine alla crisi mimetica, un nuovo dio emergesse. E ogni volta che uno scontro esplodeva, le comunità, marcate dalla prova delle rivalità passate, rendevano impossibile ogni contatto fra le persone in questione. Ogni ripresa delle violenze era interpretata come l’espressione della collera del dio e, in virtù del suo prestigio, i divieti apparivano; divieti che, poco a poco, si erigevano in un sistema più o meno coerente e definitivo. Col tempo, la paura che questi divieti ispiravano si è probabilmente ridotta, e con essa il potere che essi avevano d’impedire le trasgressioni.
Di fronte a questo pericolo, le comunità arcaiche hanno freneticamente ricercato una nuova protezione contro la loro propria violenza. Poiché esse non avevano dimenticato la grande catarsi che le aveva salvate da una crisi anteriore, esse si sono probabilmente chieste se una nuova catarsi fosse riproducibile reinterpretando il processo della crisi, linciaggio compreso. Molti riti sacrificali cominciano così da disordini provocati, che gli antropologi hanno proprio definito come «crisi simulate». Due cose suggeriscono che la religione (divieti e rituali) è in tal modo l’origine e l’essenza della cultura umana: non se ne trova la minima traccia nelle culture animali; nessuna cultura umana ne è totalmente priva.
Due antiche e potenti religioni, la religione greca e la religione indù, svilupparono una comprensione incompleta, ma profonda, dei sistemi arcaici nella loro diversità come nella loro unità fondamentale - sistemi che rinascono regolarmente dalle loro ceneri, ma falliscono nell’eliminare, una volta per tutte, le rivalità mimetiche. Non è un processo identico che si svolge nei Vangeli, lo stesso linciaggio che sfocia nella stessa divinizzazione?
Si tratta di un fatto che la maggioranza dei cristiani non ha osato approfondire, temendo che la confessione di queste evidenti somiglianze potesse far crollare l’edificio della loro fede. Hanno avuto torto, poiché un paragone spinto fra i Vangeli e la mitologia volgerebbe a vantaggio del cristianesimo. I miti prendono il linciaggio collettivo molto sul serio. Pensano che le vittime hanno davvero commesso i crimini di cui sono accusate. I Vangeli credono al contrario all’innocenza totale di Gesù e la proclamano. Mentre, nei miti, si presume che le vittime abbiano commesso i crimini di cui sono accusate, nella tradizione biblica e cristiana questo verdetto è spesso invertito. Laddove i miti arcaici si schierano dal lato della folla, e incitano i loro lettori a fare lo stesso, i più grandi testi della Bibbia invertono il procedimento, e prendono partito per i capri espiatori, in delle situazioni che, nel mondo pagano, avrebbero condotto all’elaborazione di un nuovo mito.
La Passione di Cristo è un’illustrazione decisiva di questo capovolgimento. La Bibbia opera dunque una rottura radicale rispetto alla mitologia, poiché nell’Antico Testamento, e ancor più spettacolarmente nei Vangeli, la supremazia della folla, che risale alle origini dell’umanità, è finalmente capovolta. (traduzione di Daniele Zappalà) _____________________________________________________________________ Sul tema, nel sito, si cfr.:
DAL DISAGIO ALLA CRISI DI CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA.