“Silvia è un anagramma”? Due note a margine di una discussione in corso:
A)
LA CRITICA, IL CRITICO, E IL FIORE DEL DESERTO... *
DETTO CHE “Silvia è un anagramma per tre ragioni”: A) "la prima meramente testuale" (“Silvia, rimembri ancora/Quel tempo della tua vita mortale,/Quando beltà splendea/Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,/E tu, lieta e pensosa, il limitare/Di gioventù salivi?”), “Perché il nome proprio con cui la prima strofa si apre non è che l’anagramma della voce verbale con cui la stessa strofa si chiude”; B) “La seconda anagrafica, perché la povera operaia tessile tisica, figlia del cocchiere di casa Leopardi, sulla quale si concentra la pietosa riflessione del contino-poeta, si chiamava in realtà Teresa”; C) “La terza perché, nell’ esclusione della giovane dalle gioie della vita, Leopardi vede riflessa la propria esclusione, ma non per il suo aspetto fisico - come il neutro accademico eterosessuale italiano ha sempre voluto credere e far credere - bensì per la sua natura di “recchió” in un contesto altamente omofobico” (cfr. Franco Buffoni, Silvia è un anagramma, Le parole e le cose, 29 Luglio 2020), E’ DA RICONOSCERE CHE L’ ACCENTO CADE TUTTO E SOLO SULL’ULTIMA DELLE “TRE RAGIONI”.
Che dire? Dov’è la critica, dove l’esame e il giudizio del critico, e dove la bilancia? Lo “Sterminator Vesevo” ha distrutto tutto, anche “La ginestra”?
B)
ECCE HOMO! Considerazioni inattuali sull’utilità e il danno della storia per la vita... *
QUALE LEZIONE "nel nostro caso"? Non solo "Silvia è un anagramma", ma anche la "Ginestra" lo è! E, allora, non è forse meglio portare la riflessione avanti e chiedersi se e "perché non possiamo non dirci buffoni" - tutti e tutte?!
L’urlo di Buffoni, a quanto sembra, rinvia a una antropologia zoppa e cieca (misogina e misandrica)?! Se è così benissimo! Si tratta, allora, di prendere atto della nostra storica cecità e zoppia edipica, uscire dalla caverna platonica e, finalmente, aprire gli occhi sulla terra di una antropologia che sia davvero una antropologia: "Ecce Homo"!
PONZIO PILATO«disse loro: "Ecco, ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui alcuna colpa". Uscì dunque Gesù, portando la corona di spine e il mantello di porpora. Pilato disse loro: "«Ecco l’uomo» (gr. «idou ho anthropos», vulg. «ecce homo»)". Vedendolo, i sommi sacerdoti e i loro inservienti gridarono: "Crocifiggi! Crocifiggi!" Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui colpa". Gli risposero gli Ebrei : "Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto figlio di Dio"» (Gv. 19, 4-7).
Che vogliamo fare? Continuare a riportare noi stessi e noi stesse davanti a Pilato e ripetere da scemi e da sceme la stessa scena, riascoltare il suo "Ecce Homo" e non capire una "H" (acca) e ripetere ancora il "tradizionale" schema andrologico e ginecologico!?! Boh e bah!?!
FORSE, non è meglio riprendere il filo della critica dell’economia politica della "ragione pura" contro la "carità pomposa"?! O no?!