Leopardi, se Dio si nasconde nella solitudine
di BIANCA GARAVELLI (Avvenire, 19.07.2008).
«In Dante il cristianesimo è la forma di una civiltà, in Manzoni la visione di un mondo guidato dalla Provvidenza. In Leopardi il mondo - tutto: la storia, la società, il progresso - è scomparso. Non rimane che l’uomo, ma la solitudine dell’uomo è come il segno di una presenza ». Così Divo Barsotti delinea il ritratto di Leopardi poeta religioso, anzi il più profondamente religioso fra i poeti italiani. Lo fa attraversando con grande attenzione tutta la sua opera, in cerca della sua evoluzione esistenziale. Perciò La religione di Giacomo Leopardi assume il duplice ruolo di analisi letteraria, condotta con acuti strumenti e sensibilità, e di riflessione teologica non solo su Leopardi, ma sul suo secolo di crisi, profetico del tempo attuale. Un libro limpido, elegante, senza manierismi formali. Non accademico, e perciò accessibile anche ai lettori meno preparati. Massimo Naro, a sua volta sacerdote e teologo, nella Prefazione evidenzia l’attualità dell’ampio testo del sacerdote scrittore - nato in provincia di Pisa nel 1914 e scomparso nel 2006 dopo una vita dedicata alla spiritualità - già uscito per Morcelliana nel 1975.
Secondo Barsotti, Leopardi è il meno provinciale dei poeti italiani, tanto emblematico da rappresentare la moderna crisi religiosa dell’intera Europa: nato nel cuore d’Italia, ha però coltivato l’eredità del mondo classico, e ha saputo fonderla con le nuove idee laiche e scientifiche che hanno dato vita alla Rivoluzione Francese. In questa sintesi sta la sua centralità: Leopardi ha un respiro ampio, parla il linguaggio dei grandi autori, Shelley, Byron, ma con maggiore autenticità, quella che sarà poi di Dostoevskij. Che, sempre ragionando in termini universali, sarà il solo scrittore a superare questa crisi, raggiungendo una nuova, autentica spiritualità cristiana. Se le grandi testimonianze italiane di fede nell’Ottocento sono soprattutto rivolte all’azione - e Barsotti cita per tutti Giovanni Bosco - un’autentica voce di spiritualità non dovrebbe escludere i grandi conflitti che hanno segnato la dura crisi religiosa ottocentesca. Leopardi è questo, è «l’uomo della crisi», perché non ha «trovato troppo presto Dio» come Manzoni, convertito alla fede dopo l’educazione in una famiglia erede del pensiero illuministico. Al contrario, il poeta di Recanati è partito dall’angustia di una famiglia bigotta che gli ha fatto sentire la religiosità come una costrizione: questo ha provocato in lui una grande sfiducia nel cristianesimo come strumento di crescita e rinnovamento. Tuttavia, paradossalmente, lo ha reso più religioso di Manzoni, perché il rifiuto del cristianesimo, il senso di vuoto e solitudine, hanno dato a Leopardi una straordinaria forza di protesta contro Dio, che non è quindi negazione ma una personale e intensa forma di preghiera.
Barsotti riconosce nella poesia la più alta verticalità della parola, non solo testimone ma anche creatrice del mondo, e quindi nel poeta la massima consapevolezza che la parola ha questa doppia direzione: verso Dio e verso la profondità di sé. In quanto poeta, Leopardi perfeziona l’ultima attitudine della parola umana: essere preghiera, discorso non rivolto soltanto agli uomini, ma anche e soprattutto a Dio. E proprio il suo senso di abbandono da parte di Dio lo rende, come l’umanità stessa, la più alta testimonianza, il più alto indizio di Dio. È questo il centro, la ’radice’ dell’opera di Leopardi. Il suo grido contro Dio è a volte bestemmia, ma non per questo meno preghiera. La sua rinuncia a Dio è dichiarazione dell’impossibilità di vivere senza Dio.
In questa visione di Leopardi Barsotti è vicino al pensiero teologico di Romano Guardini e anticipa in parte le riflessioni di Emanuele Severino: Leopardi è molto più di uno scrittore, quanto piuttosto un pensatore, il più importante per l’Occidente contemporaneo, a cui ha ancora moltissimo da dire. Tuttavia, Barsotti non condivide l’idea di un radicale nichilismo leopardiano, perché per lui il nulla a cui arriva il suo pensiero è come ’impronta vuota’ di Dio.
In più, come si diceva, c’è l’attenzione ai testi: quella di Barsotti è una vera e propria interpretazione della nascita e dell’evoluzione della scrittura di Leopardi, passando dalla ’religione senza Dio’ delle Operette morali alla ’religione del mistero’ dei Canti recanatesi, fino a leggere in profondità l’ispirazione biblica dei Canti stessi, specialmente dalla figura di Giobbe, e in particolare di quello che è al centro di tutta la poesia leopardiana, il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Divo Barsotti
LA RELIGIONE DI GIACOMO LEOPARDI
San Paolo. Pagine 286. Euro 17,00