Inviare un messaggio

In risposta a:
Terra! Terra!

OCCIDENTE E ORIENTE. Filosofia del "Sol calante" e filosofia del "Sol levante". Profonda frattura o connessione "nascosta"? Interviste ai più eminenti filosofi giapponesi: "Penseurs japonais" a cura di Yann Kassile. Una recensione di Mario Perniola - a cura di Federico La Sala

martedì 27 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] L’individuo non è mai una tabula rasa, ma presuppone una collocazione spazio-temporale, un condizionamento sociale. All’interno dell’individuo ci sarebbe già un punto di vista impersonale ed esterno, che è relazionale: con le parole di Lacan (tradotto e studiato con molto zelo in Giappone), si direbbe «la mediazione del Simbolico». D’altronde la struttura negativa dell’essere umano impedisce l’esistenza di una società che annulla completamente l’individuo: una simile società (...)

In risposta a:

> OCCIDENTE E ORIENTE... Profonda frattura o connessione "nascosta"? ---- La mente orientale. Se l’inconscio è made in Cina (di Luciana Sica)

martedì 1 ottobre 2013

Se l’inconscio è made in Cina

di Luciana Sica (la Repubblica, 15 settembre 2013)

Dice molto della stoffa dell’autore, delle sue escursioni intellettuali nel segno di un rigore sempre coniugato all’originalità, quest’ultimo libro di Christopher Bollas pieno di suggestioni così diverse, di digressioni dal sapore spesso personale, che certo si presenta anche come una singolare ricognizione di natura letteraria e filosofica su “La mente orientale” (è “China on the Mind” il titolo originale).

Non è però un sinologo Bollas, che a dicembre festeggerà settant’anni, ma una delle teste più brillanti della psicoanalisi contemporanea, un battitore libero che mai si è lasciato chiudere nei recinti di una certa psicoanalisi autocompiaciuta e ripetitiva. La riflessione anche eccentrica sull’Oriente che interessa Bollas - e vistosamente lo coinvolge su un piano non solo intellettuale - si basa su un’ipotesi ardita, ma non azzardata, strettamente correlata alla tradizione psicoanalitica britannica da cui senz’altro l’autore deriva senza esserne rimasto prigioniero. Non a caso sono soprattutto due i grandi nomi che ricorrono nelle pagine di questo libro: Donald Winnicott e il suo geniale e controverso allievo Masud Khan.

La tesi di fondo di Bollas è che la psicoanalisi ha operato una integrazione inconscia tra la struttura della mente orientale e quella occidentale. Il silenzio intenso dell’“ordine materno”, quel “conosciuto non pensato” che rimanda a un Sé preedipico fondamentale per la psicoanalisi, rappresenta la stessa modalità orientale di essere e di relazionarsi, non basata sulla “autorappresentazione” del linguaggio, ma piuttosto sulla “autopresentazione”: sull’essere e sulla forma come modalità di comunicazione. Quell’“ordine materno”, per quanto rimosso a favore di un “ordine paterno” decisamente più affidato al mondo simbolico del linguaggio, è il regalo che l’Oriente ha fatto alla psicoanalisi, non inventata ma trovata da Freud. Soprattutto la poesia, dove la forma prevale sul contenuto, fa da sfondo alla tesi di Bollas secondo cui «il processo analitico ha una sua poetica della forma che si collega al modo di essere orientale».

Leggendo queste pagine e tentando di riassumerle senza tradire il pensiero di un autore che già negli anni Ottanta ha scritto libri folgoranti come L’ombra dell’oggetto e Forze del destino (usciti in Italia da Borla),si comprende anche come Bollas sia sempre stato allergico alle pigrizie culturali e alle ritualità politiche di un certo establishment. Non ha mai amato le istituzioni psicoanalitiche e naturalmente non ne è stato particolarmente riamato. Da noi ci sono analisti che lo conoscono e lo ammirano (come Vincenzo Bonaminio, che ha curato Il momento freudiano, Franco Angeli), ma il più delle volte Bollas viene citato qua e là, senza che gli venga riconosciuto il suo ruolo che è invece indiscutibilmente quello di un fuoriclasse.

Eppure è stato un analista a volte idolatrato come André Green, l’allievo di Lacan scomparso all’inizio dello scorso anno, a dire di Bollas: «È uno psicoanalista, ma non scrive come uno psicoanalista, cioè evita miracolosamente di essere noioso, pedante, dogmatico. Non è sufficiente dire che è umano perché la sua sensibilità non è solo commovente, ma riflessiva. Non solo la sua scrittura è vivace e brillante, è anche profonda. Le persone di cui scrive - le persone, non i pazienti - non solo sono come noi, ma sembrano quasi la nostra ombra...».

È vero: Bollas scrive in modo magnifico, a tratti può ricordare Hillman, e non a caso è anche l’autore di tre romanzi psicoanalitici di un certo successo: il terzo uscirà da noi all’inizio del prossimo anno con il titolo Scompiglio, da Antigone. Di tempo per scrivere ne avrà ancora Bollas, ora che vive prevalentemente in un casolare di campagna in California e anzi fa sapere con tutta tranquillità che ormai lui l’analisi la fa solo al telefono o via Skype. C’è chi se lo può permettere.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: