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Referendum

La legge 40, duemila anni fa. Una nota (del 2005) di don Enzo Mazzi - a cura di Federico La Sala

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PREFERITO, "IL PADRINO".
domenica 23 ottobre 2011 di Federico La Sala
Ogni cultura ha le sue contraddizioni. Il cristianesimo non fa eccezione. Nato come movimento popolare messianico, di alternativa radicale ai poteri costituiti, in una insignificante provincia dell’impero, si è trovato dopo meno di tre secoli proiettato ai vertici del potere imperiale, riconosciuto come religione di stato di tutto l’impero. «È noto che il diritto penale romano ha accompagnato l’evoluzione del cristianesimo antico. Dapprima questo ultimo è stato vittima del diritto della (...)

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> La legge 40, duemila anni fa

giovedì 5 luglio 2007

Proviamo a rileggere il famoso racconto delle donne amate da Abramo Hagar e Sarah, quella difficile diversità

di CONCETTA MELCHIORRE

Esisteva già allora la pratica che oggi definiamo «utero in affitto» in un tempo in cui la sterilità era considerata una vera e propria maledizione e la colpa era sempre della donna *

VENERDÌ 29 GIUGNO 2007

IL racconto di Sarah e Ha-gar prende le mosse dalla sterilità di Sarah: Dio aveva già promesso sia ad Abramo sia a Sarah una discendenza numerosa («Farò di te un po­polo numeroso, una grande nazione» - Genesi 12, 2) ed essi avevano risposto con fe­de pur sapendo non solo che Sarah era vecchia ma che era stata sterile anche da giova­ne. A questo punto del rac­conto (cap. 16 della Genesi) Sarah e Abramo incomincia­rono a dubitare della pro­messa di Dio; in loro nacque il dubbio che Dio non avreb­be adempiuto più la sua pro­messa, che non avrebbero avuto nessun figlio e cerca­rono di risolvere in modo umano le sterilità di Sarah utilizzando Hagar.

Nella società in cui viveva­no Sarah e Abramo la sterilità e la mancanza di figli era considerata un disonore e un dramma per cui Sarah sicu­ramente avrà sofferto tantis­simo per quella che, per le leggi patriarcali dell’epoca, costituiva una grave mancan­za, dato che l’avere una di­scendenza era ritenuta una delle principali benedizioni divine. Sarah certamente era stata vittima quando suo ma­rito aveva preso la decisione di lasciare la sua terra per se­guire la promessa che Dio gli aveva fatto (cap. 12). Abramo dunque aveva ubbidito alla promessa di Dio ma aveva costretto praticamente a par­tire anche Sarah senza prima discutere con lei delle deci­sioni che voleva prendere e che riguardavano la vita e il futuro di entrambi. Ancora di più Sarah era stata vittima delle leggi del patriarcato dell’epoca (secondo le quali una moglie era una proprietà del marito, il quale poteva sbarazzarsene come più gra­diva) quando Abramo, in Egitto, dove si era recato con la moglie a causa di una gra­ve carestia che si era abbattu­ta su Canaan (Genesi 12, 10), non esitò a far passare sua moglie per sua sorella, te­mendo che il faraone la vo­lesse per sé, e quindi potesse ucciderlo, liberandosi così di un marito scomodo. In quel momento Sarah era vera­mente diventata un oggetto da comprare o da vendere ad altri a proprio piacimento.

Eppure Sarah, «matriarca» e madre della fede, e soprattut­to vittima di soprusi perpetua­ti dei maschi, non esitò a sfruttare Hagar, una sua schiava, per avere un figlio; non esitò a trattare una don­na, un essere umano come lei e del suo stesso sesso, come una madre a prestito, un utero in affitto (come si vede, questa è una pratica molto antica, tanto più che era perfetta­mente legale in quell’epoca storica: una pratica che non prevedeva solo l’atto sessuale con il marito della propria pa­drona per poter concepire l’erede, ma prevedeva anche che il padrone e la schiava tra­scorressero un periodo di tempo insieme e i figli che la schiava avrebbe partorito sarebbero stati considerati figli legittimi della coppia padro­nale; in questo caso il figlio di Hagar e Abramo sarebbe stato considerato figlio legittimo di Sarah e del suo legittimo con­sorte Abramo).

Fin qui il Dio di cui si parla è un Dio che sembra essere dalla parte dei potenti, dalla parte degli oppressori che possono «utilizzare» gli op­pressi a proprio piacimento, perché considerati inferiori ad altri esseri umani; nel caso di Hagar l’inferiorità deriva dal fatto che essa era non ebrea (egiziana), schiava e donna. Per questo motivo Hagar divenne una persona sfruttata nel corpo e nella sua esistenza, una donna che sa­rebbe stata costretta a conce­pire un bambino che poi le sarebbe stato tolto.

In realtà questi passi met­tono in luce anche l’opposi­zione alla tentazione di con­siderare Dio come la divinità degli oppressori perché nel momento stesso in cui Hagar scoprì di essere incinta inco­minciò a ribellarsi: guardò la sua padrona dall’alto in bas­so e Sarah, per gelosia, si ri­volse ad Abramo il quale, dando ragione a sua moglie, offrì a Sarah la possibilità di fuggire. Presso una sorgente Hagar incontrò «l’angelo del Signore» che le ordinò di ri­tornare da Sarah e le promise che anche suo figlio, che avrebbe dovuto chiamare Ismaele, avrebbe avuto una numerosa discendenza.

Dopo la nascita di Ismaele e in seguito di Isacco, Sarah, ge­losa che Ismaele potesse insi­diare l’eredità di suo figlio Isacco, essendo sempre Isma­ele il figlio primogenito di Abramo, chiese a suo marito di mandare via Hagar e Ismaele. Hagar e Ismaele si incamminarono nel deserto e Hagar era ormai rassegnata al peggio; ma Dio ascoltò il gri­do di Ismaele (così come in seguito avrebbe ascoltato le grida degli schiavi ebrei sotto l’oppressione egiziana) e in­tervenne per salvarli. Dio, il Dio che «abbatte le gerarchie razziste, economiche, sessi­ste» (AaVv., Riletture bibliche al femminile, Claudiana, p. 23) salvò Hagar e suo figlio e ripetè ad Hagar la promessa di una grande discendenza per mezzo di Ismaele. Non è un caso che molte teologhe e credenti afroamericane si sia­no identificate in Hagar per la comune esperienza e violenza che sia loro sia le loro antena­te hanno dovuto subire da parte degli uomini bianchi ma anche, seppur forse in misura minore, dalle donne bianche. Ma hanno pure considerato favorevolmente il comporta­mento di Dio, che rende libe­ra Hagar la schiava e la fa di­venire capostipite, pure lei in­sieme ad Abramo, di una mol­titudine di persone, anch’esse benedette da Dio come la di­scendenza di Isacco. Forse es­se stesse trovano la forza di ri­bellarsi alla violenza razzista leggendo della ribellione di quell’umile schiava. Esse inoltre hanno guardato con sospetto Sarah, sprezzante nei confronti di Hagar e di suo figlio, che sarebbe pronta a lasciarli morire di fame e di sete nel deserto.

In questa strana storia, do­ve Sarah diventa da vittima dell’oppressione patriarcale carnefice della sua schiava, che però ottiene ascolto e giu­stizia presso Dio, ha fatto giu- stamente notare Marie-The-rese Wacker che Hagar, in modo sorprendente, «viene collocata in una posizione si­mile a quella di Abramo: co­me Abramo per il figlio Isac­co, anche Hagar deve soppor­tare la minaccia di morte per suo figlio (...) e Dio stesso per entrambi provvederà per la loro salvezza» (Riletture bibli­che..., p. 22). Hagar, la schiava forse egiziana, e Abramo, pa­dre di Israele, vengono posti sullo stesso piano da Dio «che ha rovesciato dal trono i po­tenti, ha rialzato da terra gli oppressi» (Luca, 1, 52).

Per concludere, la storia di Ismaele e di sua madre sem­bra raccontata secondo il punto di vista di Hagar, la schiava liberata e di suo fi­glio, piuttosto che dalla par­te di Sarah e Abramo, che vengono rappresentati come persone «cattive» perché Dio è il dio di quanti sono ab­bandonati nel deserto, di co­loro che sono emarginati, di coloro che non vivono nei palazzi o nelle regge, ma in umili capanne, come del re­sto lo stesso Gesù non è re nato in una grande reggia ma in una caverna, un re alla rovescia che è, come suo pa­dre, dalla parte degli oppres­si e non dei dominatori.

Il presente articolo è tratto da Riforma - SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI Anno 143 - numero 26 - 29 giugno 2007. Ringraziamo la redazione di Riforma (per contatti: www.riforma.it) per averci messo a disposizione questo testo

* Il Dialogo, Giovedì, 05 luglio 2007


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