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Per l’Italia e per l’Europa!!!

DICHIARAZIONE DEI REDDITI: 8 PER MILLE ALLA CHIESA VALDESE. "Micromega" lancia un doppio appello (laico e dei cattolici) per i Dico e contro le ingerenze ecclesiastiche - a cura di Federico La Sala

domenica 1 aprile 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Particolarmente significativo l’appello dei cattolici. Sottoscritto anche da molti religiosi. Undici firme sotto un testo severo: "Siamo scandalizzati da una politica dei vertici ecclesiali sempre più tesa a usare il potere che deriva dal denaro, dalle clientele, dalle influenze politiche, dal dominio sulle coscienze per condizionare la politica degli stati e in particolare di quello italiano". L’appello vede nomi noti: da don Mazzi a don Vitaliano Della Sala. Uniti nel dire quanto (...)

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Io protesto : voto valdese !

lunedì 2 aprile 2007

"Ritratto dei valdesi. Vita e miracoli della sinistra calvinista d’Italia"

Un libro getta nuova luce sulla Chiesa valdese. Ma quel che nel volume non c’è è ancor più interessante. È l’avventura politica di questa avanguardia del protestantesimo italiano

di Sandro Magister

Che cosa significa essere valdesi? Quale ne è l’identità? Con questi interrogativi in mente, Gustavo Alàbiso ha percorso armato di macchina fotografica la penisola evangelica italiana, dalla Val Pellice a Marsala.

E ne è venuto fuori questo libro. Con le foto accompagnate da interviste, piccole biografie e articoli di pastori e laici, che spaziano dalla vita religiosa ai rapporti con lo Stato, dal ruolo delle donne alle spinte ecumeniche di una realtà che è parte integrante di un contesto più ampio di chiese evangeliche, metodiste, battiste, luterane...

Ma i valdesi sono anche uno straordinario test politico. Della politica italiana di questi anni. Rappresentano l’ascesa e il declino di una grande utopia: quella di una sinistra politica nutrita di rigore teologico calvinista. Fino agli inizi degli anni Novanta i pastori e intellettuali della Chiesa valdese erano quasi tutti così: avanguardia giacobina di un popolo - quello delle Valli piemontesi - che però non li seguiva nell’avventura. E che oggi si prende la sua rivincita.

Tutto questo - ed è il bello della storia recente dei valdesi d’Italia - nel libro non c’è. Ma lo trovate raccontato con ricchezza di nomi e di fatti in un reportage dell’"Espresso" d’un anno e mezzo fa. Questo:

Io protesto: voto valdese

C’è un referendum in Italia che si fa tutti gli anni e senza quorum. E’ quello dell’8 per mille. Lo stravince la Chiesa cattolica. Ma tra i concorrenti minori, ebrei, luterani, avventisti eccetera, ce n’è uno che brilla su tutti. I valdesi. Nel 1995 hanno firmato per loro in 144.000 giusti giusti, come il popolo degli eletti dell’Apocalisse. Nel 1996 in 210.423, con balzo in avanti del 46 per cento in un anno. E se poi si risale al 1992, data dell’entrata in lizza del titolo, il boom fa ancor più impressione. Stando alle firme, i valdesi valgono oggi dieci, dodici volte la loro quotazione di lancio.

In Italia infatti i valdesi sono al massimo 30 mila, compresi i metodisti che dal 1979 fanno corpo con loro. E gli iscritti veri e propri ancor meno, sotto i 20 mila: per la metà concentrati nelle valli del Pellice, dell’Angrogna, del Germanasca e del basso Chisone, a ovest di Torino, per l’altra metà sparsi per l’Italia. Pubblicità? Poca. Spazio Rai? Piccolino e notturno. Militanza dei fedelissimi? Dubbia. «Io firmo per lo Stato», taglia corto una valdese di Perrero, alta val Germanasca, mentre ricama la tovaglia che regalerà alla sua bionda pastora Daniela Di Carlo per l’annuale bazar di beneficenza. E allora? Perché tanti valdesi non firmano e tantissimi invece firmano per loro da fuori? E perché a fare propaganda per l’8 per mille ai valdesi c’è persino "Babilonia", il giornale dei gay?

GLI ULTRASINISTRI DI AGÀPE

Questi ultimi un buon motivo ce l’hanno. In cima alla val Germanasca c’è Prali. E sopra Prali c’è Agàpe. Che è un azzardo architettonico, oltre che religioso. Luogo dello spirito con una chiesa che non ha tetto né mura. Contromonastero senza chiostro né celle né voti, dove l’obbedienza è peccato e la castità un non sense. Crocevia di tutte le fedi e non fedi. Qui nel 1981 hanno tenuto campo per una settimana gli omosessuali cattolici, quelli che si sentivano come appestati dentro la Chiesa di Roma e ad Agàpe scoprirono invece la loro isola di libertà. Da allora vi sono saliti ogni anno. Nel 2000, a metà luglio, avranno il loro ventunesimo campo, tema "Il piacere". Campo «esperienziale», annunciano riconoscenti.

Agàpe è parola greca del Nuovo Testamento. E’ l’amore che fa dono di sé "e non tramonta mai". Il pastore valdese Tullio Vinay l’ideò e costruì tra il 1947 e il 1951, facendo spaccare e trasportare le pietre a giovani ex partigiani e fascisti. Perché anche loro imparassero a ricostruirsi insieme. E da allora Agàpe è diventata fucina delle avanguardie protestanti in Italia. Con i contadini delle valli a guardare interdetti quelle strane ragazze superemancipate e le femministe e i gay e gli ultrasinistri e i terzomondisti che confluivano anno dopo anno lassù. Ma anche a vederne discendere generazioni di nuovi pastori e capi valdesi. E sposarsi e far figli con amori nati tra i larici. «Agàpe sì, ma anche eros. Tipicamente protestante», riconosce Daniele Bouchard, attuale direttore del centro, pastore figlio di pastore, impegnatissimo nel preparare per il 2001 una prima assoluta: un campo dedicato alla differenza sessuale, ma dalla parte dei maschi.

MENTRE IL POPOLO DELLE VALLI...

Altro mondo quello di Agàpe, rispetto alle valli. Qui la gente non azzarda. Brontola. Tiene i piedi per terra. Senza utopie. Aveva un bel dire Edmondo De Amicis, l’autore di "Cuore", che Torre Pellice è la Ginevra italiana. «Qui non c’è traccia di calvinismo imprenditoriale», dice Giorgio Tourn, fondatore del Centro Culturale della Chiesa delle valli. «Non c’è niente di quell’esplosione di fabbrichette che ha rivoluzionato anche il vicino cuneese, oltre che il Nordest d’Italia. Tenaci sì, ma non intraprendenti. Però...». Però? «Agàpe è pur sempre figlia della Chiesa valdese. Anzi. E’ la Chiesa valdese d’oggi che è figlia di Agàpe».

Giorgio Bouchard, padre di Daniele e altra colonna intellettuale, con Tourn, del valdismo italiano, concorda: «Agàpe ha avuto un ruolo determinante nello spostare a sinistra la Chiesa valdese nel periodo che va dalla Costituente fino allo scoppio di Tangentopoli». Questa svolta, in effetti, non è stata solo politica, ma teologica. E ha contribuito parecchio a disegnare in positivo l’immagine pubblica dei valdesi in Italia, quella trasmessa dai media.

MARX PIÙ KARL BARTH

Per il passato remoto valeva la storia di questo popolo, tutta all’insegna di una libertà mai domata da secoli di persecuzioni antieretiche. Per il passato prossimo c’erano i partigiani delle valli, con il loro martire Guglielmo Jervis, la Bibbia e il fucile. Ma poi è l’irrompere della teologia di Karl Barth a dare l’impronta decisiva. I barthiani conquistano la Facoltà teologica valdese di Roma, il palazzo umbertino dietro Piazza Cavour in cui i futuri pastori svolgono i loro quattro anni di formazione. E sopraffanno l’ala moderata d’impronta liberale, quella delle tradizioni, dei collegi, delle scuole, delle opere «diaconali» per i malati e i vecchi, con forte seguito tra i fedeli.

Non solo, i barthiani si dividono a loro volta in due correnti: i teologi puri, come Valdo Vinay e Vittorio Subilia, che mantengono il parziale controllo della Facoltà; e quelli d’impronta marxista, politicamente più impegnati, che conquistano i pastorati e le cariche più importanti, dall’editrice Claudiana alla trasmissione Rai "Protestantesimo", fino alla presidenza della Tavola valdese, il massimo organo direttivo. Contestati però a loro volta, negli anni Sessanta e Settanta, da correnti di sinistra ancor più estrema, con tribuna ad Agàpe e sulla rivista "Gioventù evangelica", parente prossima in quella fase dei "Quaderni Rossi" di Raniero Panzieri.

L’EGEMONIA PROGRESSISTA

«Sta di fatto che per cinquant’anni l’egemonia progressista sulla Chiesa valdese è stata invincibile», conclude Giorgio Bouchard, lui stesso egemone di spicco, oggi autocritico. Quando nel 1976 Tullio Vinay fu simbolicamente candidato al parlamento come indipendente nelle liste del Pci, più di 3 mila valdesi firmarono contro. Ma non furono ascoltati. Persino il Collegio di Torre Pellice, vanto della Chiesa delle valli, arrivò a un soffio dall’esser chiuso, solo colpevole d’essere un liceo privato. E per gli ospedali lo stesso: i più accesi premevano perché venissero devoluti allo Stato. Fosse dipeso dai leader progressisti valdesi, nemmeno l’8 per mille sarebbe passato. Dopo discussione accanita, fu approvato dal Sinodo del 1991 solo grazie al voto dei delegati metodisti. La delegazione valdese era spaccata a metà.

A salvare le opere diaconali furono quelli che vi operavano: medici, dirigenti, volontari. Col sostegno dei pochi leader della destra valdese: Augusto Armand Hugon, custode della memoria storica; Guido Ribet, gran difensore del Collegio di Torre Pellice e creatore d’un nuovo centro per disabili a Luserna San Giovanni. E il popolo delle valli? Tutto con loro. Con tanta passione. «Abbiamo dovuto attendere la morte di Elena Vigliano per capirlo», ammette Bouchard. "Sorella Elena" era una diaconessa di Torino, una non sposata votata all’aiuto degli emarginati. Amatissima.

LA RIVINCITA DELLE VALLI

E scava scava, i valdesi delle valli si sono riconquistata la loro Chiesa. Come Chiesa di popolo. La metamorfosi è di questi anni Novanta. Oggi chi arriva a Torre Pellice trova il Collegio in bell’ordine: è un liceo linguistico europeo, congeniale al cosmopolitismo dei valdesi e ai loro legami con l’internazionale protestante. Nell’edificio dell’ex convitto degli studenti c’è il nuovo Centro culturale, oggi curato da Donatella Sommani, con due musei, la biblioteca e, da un anno, un ufficio intitolato "Il Barba" (nome degli antichi predicatori itineranti valdesi) per le visite ai musei e ai luoghi storici delle valli. Impegna una cinquantina di guide e fa fronte a una crescita travolgente di visitatori, dall’Italia e dall’estero, scuole, gruppi e privati. Lo dirige Toti Rochat. Che spiega: «I nostri padri facevano evangelizzazione. Noi testimoniamo così la presenza culturale dei valdesi in Italia. Diciamo così il nostro protestantesimo».

Nelle valli e sulle montagne, i templi valdesi e le scuolette d’epoca sono stati restaurati con cura. Tappe d’obbligo sono il prato di Chanforan, dove nel 1532 i valdesi aderirono al protestantesimo riformato, quello di Calvino, e la vicina Guièiza ’d la Tana, la suggestiva grotta rifugio nell’età delle persecuzioni.

Le feste sono sempre più partecipate. Il 17 febbraio, compleanno delle conquistate libertà civili con i Savoia, i valdesi accendono grandi falò, cucinano la tipica zuppa barbetta e le donne indossano il costume delle valli, gonna lunga, scialle e cuffia ricamata: lo stesso che indossano le ragazze nel giorno della confermazione del loro battesimo.

A fine agosto, al sinodo valdometodista che si tiene ogni anno a Torre Pellice, accorrono folle sempre più numerose. «Attorno al sinodo c’è ormai una kermesse», dice Tourn. «E anche da lontano i valdesi tendono a rafforzare i propri legami con le valli. Lo scorso 17 febbraio, i valdesi di Roma hanno fatto festa con una grossa torta a forma di Vandalino, il monte che sovrasta Torre Pellice. Con tanto di panna sulla cima». E’ tornata di moda la croce ugonotta, contrassegno dei valdesi: in tanti la portano al collo. Al culto domenicale in pochi ci vanno: con regolarità un 10 per cento. Dice però Giorgio Bert, medico e scrittore, autore d’un romanzo ambientato nelle valli «quando la vita quotidiana era modellata sulla parola di Dio»: «Anch’io non ci vado. Ma mi considero valdese lo stesso: neanche volendo si può smettere d’esserlo».

Valdesi si nasce. Ma anche si diventa. Gianmario Gilio, giovane animatore di Radio Beckwith, la trasmittente valdese delle valli, era cattolico: «Ma tra un mese faccio la confermazione. Con loro mi trovo bene». A San Germano del Chisone, il pastore Luciano Deodato racconta: «Una cattolica fervente, sposata con un valdese tiepido, vuol far battezzare da noi il suo bambino. Le ho chiesto perché e mi ha risposto: "Perché voi valdesi siete più liberi"».

Oggi ancor più liberi e ospitali di ieri, se si guarda all’arena politica. «Tra i conduttori di Agàpe ne ho uno che vota Forza Italia», dice il direttore del centro, Daniele Bouchard. «Discutiamo. Ci scontriamo. Certo, in passato sarebbe stato impensabile. Nonostante tutto il nostro ecumenismo, ponevamo dei limiti che giudicavamo invalicabili».

LO CHOC DEL 1994

Le elezioni del 1994 sono state un duro risveglio per l’élite valdese progressista. Il candidato valdese del collegio era Lucio Malan, della Lega (oggi di Forza Italia). E vinse. Ettore Micol, altro capo leghista, è anche lui valdese. «La fine della Dc e il fenomeno Bossi hanno inciso molto sulla comunità valdese», spiega Tourn. «Il voto diventa segno di protesta, contestazione localista, rivendicazione di uno spazio umano e geografico in cui essere se stessi. E che cosa dicono alla nostra gente le battaglie ideologiche che hanno fin qui dilaniato l’élite valdese? Nulla».

In più ci si è messa anche la Chiesa cattolica a imporre il cambiamento. «La Chiesa cattolica è il papa, onnipresente e onnipossente», prosegue Tourn. «Per resistere a questa potenza di fuoco, non ci bastava più la nuda proclamazione della nostra fede protestante. La parola esige un corpo. E questo corpo sono le valli. Luoghi, gente, identità culturale, opere diaconali».

PIEDI PER TERRA

Il miracolo della Chiesa valdese di questi ultimi anni è che la sua élite ha saputo tenere il passo di questo cambiamento. I suoi cento pastori, di cui una quindicina donne, sono quasi tutti passati da Agàpe, quasi tutti geneticamente barthiani e di sinistra. Ma vivono a stretto contatto con i fedeli, nelle valli, sulla montagna, nelle città. Portano i loro giovanissimi catecumeni a imparare dal vivo: sui luoghi fisici della storia protestante valdese. Si spendono nelle opere diaconali, magari col nome all’antica, tipo Asilo dei Vecchi, ma modernissime, avveniristiche per concezione e funzionalità (esempio lampante l’Asilo di San Germano). Tutte amministrate con rigore calvinista, col controllo inesorabile della comunità, col massimo di partecipazione e calore umano. Virtù che traspaiono anche nell’utilizzo dei miliardi dell’8 per mille.

Tourn: «E’ l’ora di una teologia della corporalità». Giorgio Bouchard: «E’ tempo di rivalutare la tradizione puritana d’America». Questo i grandi intellettuali. E anche i pastori volano alto. All’ultima riunione di quelli delle valli, tenuta a San Secondo, hanno dibattuto per tutta una mattina su «La Bibbia e la teologia dell’autorità».

Poi però c’è il corpo. Il pastore Giuseppe Platone sta per far sorgere a Torino, in un ex teatro di corso Vittorio Emanuele, una nuovissima Casa valdese: «Sarà un polmone di dialogo per la città. Fuori dal ghetto. Vicina c’è la sinagoga, ci sono tre moschee, c’è la parrocchia cattolica di don Piero Gallo, di cui sono molto amico. Pastore, parroco, rabbino, imam: il futuro sarà così». Torino è la città italiana col maggior numero di firme dell’8 per mille per i valdesi.

Da "L’Espresso" del 25 maggio 2000


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