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DICHIARAZIONE DEI REDDITI: 8 PER MILLE ALLA CHIESA VALDESE. "Micromega" lancia un doppio appello (laico e dei cattolici) per i Dico e contro le ingerenze ecclesiastiche - a cura di Federico La Sala

domenica 1 aprile 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Particolarmente significativo l’appello dei cattolici. Sottoscritto anche da molti religiosi. Undici firme sotto un testo severo: "Siamo scandalizzati da una politica dei vertici ecclesiali sempre più tesa a usare il potere che deriva dal denaro, dalle clientele, dalle influenze politiche, dal dominio sulle coscienze per condizionare la politica degli stati e in particolare di quello italiano". L’appello vede nomi noti: da don Mazzi a don Vitaliano Della Sala. Uniti nel dire quanto (...)

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> DICHIARAZIONE DEI REDDITI ---- Otto per mille, chi finanzia cosa (di Luca Kocci).

domenica 6 maggio 2012

Otto per mille, chi finanzia cosa

di Luca Kocci (il manifesto, 6 maggio 2012)

Stagione di dichiarazioni dei redditi. E di otto per mille. Le confessioni religiose e le Chiese - quella cattolica su tutte - lanciano iniziative e campagne pubblicitarie per convincere i contribuenti a firmare per loro; lo Stato, che pure è uno dei destinatari dell’otto per mille, come è consuetudine, invece tace.

«Otto per mille: 100% alla solidarietà, allo sviluppo, alla cultura», spiegano i valdesi. «Costruiamo speranze: una, molte, tante vite che ritornano a sognare», annunciano gli avventisti. E le Assemblee di Dio ricordano che «le scelte non determinano un aumento delle imposte da pagare».

La pubblicità più presente sui media, frutto di un investimento abbondantemente superiore ai 10 milioni di euro, è naturalmente quella cattolica. «Chiedilo a loro», martella la campagna della Conferenza episcopale italiana firmata Saatchi & Saatchi: «Otto per mille alla Chiesa cattolica, la verità dalla voce dei protagonisti», che ricordano che scegliendo la Chiesa cattolica «continui a fare molto, per tanti».

L’otto per mille è dovuto comunque, si tratta quindi di finanziamento pubblico a tutti gli effetti, sebbene camuffato da scelta volontaria. E le Chiese, esattamente come i partiti, scelgono liberamente come utilizzare i fondi che ricevono, per il culto, sostentamento del clero o interventi assistenziali. Qui emergono le differenze: cattolici e luterani spendono buona parte dei soldi per sostentamento del clero (o dei ministri di culto) e attività pastorale; valdesi e avventisti quasi esclusivamente per attività sociali, come peraltro documentano i loro dettagliati rendiconti (consultabili anche sui rispettivi siti internet); invece non si sa come utilizzano i fondi comunità ebraiche e Assemblee di Dio, poiché non rendono noti i loro bilanci.

Ad incassare più di tutti è la Chiesa cattolica: 1.118 milioni di euro, secondo l’ultimo rendiconto reso noto dalla Cei, relativo al 2011 (a fine maggio, quando ci sarà l’Assemblea dei vescovi, arriveranno i dati del 2012). Ad «esigenze di culto e pastorale» sono stati destinati oltre 467 milioni, ovvero il 42%. E poco meno di 361 milioni (il 32%) sono serviti per il «sostentamento del clero». Solo il 21% (235 milioni, di cui 105 alle diocesi «per la carità», 85 al Terzo mondo e 45 per «esigenze di rilievo nazionale») è stato impiegato per quegli interventi di assistenza e di solidarietà sociale che invece, potenza delle strategie di marketing , fanno la parte del leone nei messaggi pubblicitari; 55 milioni di euro sono stati accantonati «a futura destinazione».

Alle altre cinque confessioni religiose che hanno firmato un’Intesa con lo Stato per accedere ai fondi dell’otto per mille rimangono le briciole: 20 milioni di euro circa (va aggiunto che anche la Chiesa Battista ha siglato un’intesa ma ha scelto di non partecipare all’otto per mille; inoltre sono in attesa di ratifica del Parlamento gli accordi con buddisti e testimoni di Geova, che quindi ancora non percepiscono un centesimo).

Al primo posto le Chiese metodiste e valdesi che nel 2010 hanno incassato 10 milioni e 248 mila euro, impiegati per lo più per programmi sociali, sanitari e culturali sia in Italia (6 milioni e 656 mila euro) che all’estero (3 milioni e 44 mila euro), fra cui «Saving children», il discusso progetto del Centro Peres di Tel Aviv
-  finanziato con 23 mila euro - contestato anche da alcune associazioni israeliane di solidarietà con il popolo palestinese e boicottato dalle Chiese metodiste unite (sulla questione sono intervenuti sul manifesto anche la moderatora della Tavola valdese, Maria Bonafede e il responsabile della campagna di sospensione dell’8 per mille ai valdesi Carlo Tagliacozzo). Non spendono nulla per la pastorale e il culto i valdesi, ma hanno impiegato 513 mila euro per le campagne pubblicitarie e 145 mila per spese di gestione e stipendi.

La Chiesa evangelica luterana, nel 2010, ha incassato 2 milioni e 873 mila euro, quasi tutti spesi per l’evangelizzazione (1 milione e 274 mila euro a cui vanno aggiunti 272 mila euro per la «missione all’estero») e per i ministri di culto (731 mila euro). Per il sociale resta poco: 252 mila euro per «opere sociali» e 221 mila per la cultura; 143 mila euro per spese di gestione e di comunicazione.

Le Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, nel 2011, hanno percepito 2 milioni e 167 mila euro, con cui hanno finanziato progetti sociali, formativi, educativi e culturali in Italia per un milione e 996 mila euro e progetti umanitari all’estero per 71 mila 550 euro; 100 mila euro sono stati impiegati per la campagna informativa e per le spese di gestione.

Poco si sa dell’Unione delle comunità ebraiche. L’ultimo dato comunicato dall’Ucei è relativo all’anno 2005: 3 milioni e 757 mila euro. Di questa cifra, poco più di 2 milioni e mezzo di euro sono stati utilizzati per generiche attività educative, formative e culturali; 750 mila sono stati spesi per ancora più generiche attività di carattere sociale (tutela delle minoranze, lotta a razzismo e antisemitismo, assistenza ad anziani, bambini e portatori di handicap); 450 mila per le campagne pubblicitarie. Così come delle Assemblee di Dio: assicurano che «ogni centesimo di euro corrisposta dallo Stato sarà utilizzato unicamente per fini a carattere sociale e umanitario», ma non forniscono alcun tipo di rendicontazione, nemmeno generica. Si sa solo che nel 2004 hanno incassato 700 mila euro.

In quasi tutti i casi si tratta di cifre che non corrispondono alla reale volontà dei contribuenti, ma che vengono gonfiate per il meccanismo stesso della legge. A firmare per una destinazione dell’otto per mille sono infatti meno della metà dei contribuenti italiani: il 44%, secondo gli ultimi dati. Tutti gli altri - ovvero il 56% - non scelgono, lasciano la casella in bianco, ma versano ugualmente l’otto per mille del loro Irpef, che però non viene devoluto allo Stato, come parrebbe logico, ma viene attribuito in proporzione alle scelte espresse dagli altri. Insomma è la minoranza a decidere anche per la maggioranza.

Non è vero quindi che nove contribuenti su dieci decidono di destinare l’otto per mille alla Chiesa cattolica. La scelgono a malapena in quattro che, di fatto, decidono per tutti. Nel 2011, infatti, la Chiesa cattolica ha ottenuto l’85% delle preferenze di coloro che hanno scelto una destinazione per l’otto per mille - corrispondenti a meno del 40% del totale dei contribuenti - ed ha incassato non solo l’85% dell’otto per mille di chi ha scelto, ma anche l’85% dell’otto per mille di chi ha lasciato la casella in bianco, aumentando l’introito di più del doppio di quanto avrebbe percepito sulla base solo delle scelte espresse.

Del resto è un meccanismo concepito a suo tempo dagli «inventori» dell’otto per mille per favorire la confessione largamente maggioritaria, ma di cui beneficiano tutti, o quasi. Non ancora i valdesi, che però dal 2013 avranno anche loro la ripartizione delle quote non espresse. Mentre restano fuori le Assemblee di Dio. Non dicono quanto incassano né come spendono, ma non vogliono quello che non gli viene espressamente assegnato dai contribuenti: «La quota non attribuita spettante alle Assemblee di Dio è devoluta alla gestione statale», è scritto in una nota dei moduli della dichiarazione dei redditi.


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