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EU-ROPA !!!

Il Brasile e Lula continuano a dare lezioni all’Europa!!! Richiesta ufficiale presso la Santa Sede: che il Papa annulli il suo viaggio (previsto per la Quinta Conferenza Episcopale, in maggio) in Brasile!!! Un articolo di Marco Vozza - a cura di pfls

lunedì 2 aprile 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Intervistato dal Journal do Brasil, Lula ha dichiarato: "Non credo che la visita di Papa Benedetto XVI possa far bene alla vita politica del Brasile. Credo che sia una sua precisa volontà, una volta qui, esternare pubblicamente il suo punto di vista sulla famiglia ingerendo nella nostra vita pubblica. A fine maggio il Parlamento si troverà ad affrontare l’iter finale del progetto di legge teso a regolare i diritti delle famiglie non sposate, ed un intervento del Papa sarebbe quanto (...)

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> TORNO PER SALVARE IL BRASILE. L’ex presidente Lula espone a «la Lettura» i suoi programmi per il futuro (di Nuccio Ordine).

domenica 16 gennaio 2022

Torno per salvare il Brasile

L’ex presidente Lula, assolto dalle accuse che gli sono costate 580 giorni di carcere, espone a «la Lettura» i suoi programmi per il futuro. Sulla base di questi è pronto a ripresentare la propria candidatura alla guida del Paese e a sfidare il capo dello Stato uscente Jair Bolsonaro, travolto dalle critiche per la gestione irresponsabile del Covid

di NUCCIO ORDINE *

«Malaffare, ciarlataneria, infrazione delle misure sanitarie preventive, incitamento al crimine, falsificazione di documenti privati, violazione dei diritti sociali, incompatibilità con l’onore e il decoro della carica pubblica, crimini contro l’umanità (sterminio, persecuzione e altri atti disumani), uso irregolare di fondi pubblici»: basta leggere tra le quasi 1.200 pagine della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla pandemia, approvate in autunno dal Senato brasiliano, per cogliere la gravità dei reati e dei misfatti imputati a Jair Bolsonaro. Accuse che, partendo dalla folle gestione della crisi provocata dal Covid-19, finiscono per investire l’intera azione politica di un presidente che nel giro di pochi anni ha contribuito notevolmente a mettere in ginocchio una grande nazione come il Brasile.

Ma le critiche più radicali non provengono solo dal mondo politico. Anche scienziati, umanisti e artisti di fama internazionale hanno espresso la loro netta condanna: la filosofa Marilena Chauí («Il governo totalitario di Bolsonaro esprime ignoranza, indecenza, incompetenza»), il neuroscienziato Miguel Nicolelis («Il Brasile, per colpa del suo presidente, è stato il peggiore Paese al mondo nell’affrontare la pandemia»), il celebre musicista Caetano Veloso («Abbiamo un governo ostile alla libertà»), il famoso scrittore Paulo Coelho («I danni causati da Bolsonaro resteranno per decenni»).

Molti hanno lanciato un grido d’allarme per richiamare l’attenzione sui pericoli che minacciano la democrazia e il futuro stesso del Brasile. La diminuzione del Pil, il calo della produzione industriale, la crisi idrica e quella energetica, l’aumento della povertà (27 milioni di brasiliani sono in grandissima difficoltà), la crescita delle disuguaglianze rivelano un drammatico quadro della realtà economica e sociale. A cui bisogna aggiungere anche il degrado del dibattito culturale: è ben noto, infatti, il disprezzo espresso in questi anni da Bolsonaro per la scienza, per l’ecologia, per l’autonomia delle università e della ricerca, per l’insegnamento e l’istruzione, per tutte le attività che promuovono un progresso della conoscenza.

Adesso, tanti considerano le elezioni del prossimo 2 ottobre un’occasione per porre fine alla deriva. Un recente sondaggio, di cui ha dato notizia l’Ansa poche settimane fa, attribuisce a Luiz Inácio da Silva, noto come Lula, il 48% delle intenzioni di voto, contro il 21% destinato a Bolsonaro. Lula da mesi sta percorrendo, da Nord a Sud, il cuore pulsante del Brasile per promuovere incontri e dibattiti. Agguerrito sindacalista durante la dittatura militare, fondatore nel 1980 del Partido dos trabalhadores (Pt, Partito dei lavoratori), è stato presidente per due mandati consecutivi dal 2003 al 2011. Nel 2017 è stato condannato a 12 anni di carcere per corruzione, riciclaggio e falso ideologico. L’anno successivo il Tribunale superiore elettorale ha respinto la sua candidatura alle elezioni presidenziali, lasciando campo libero alla destra. Il giudice Sergio Moro - suo grande accusatore, oggi in corsa per la presidenza con il partito conservatore Podemos (il sondaggio gli attribuisce un modesto 6%) - sarà poi nominato ministro della Giustizia dal vincitore Bolsonaro. Ma nel marzo 2021, dopo avere sempre dichiarato la sua totale innocenza, Lula è stato prosciolto da ogni accusa dal Tribunale supremo federale.

Le sue umili origini nel misero Pernambuco, le tappe principali della sua vita politica e le ultime vicende giudiziarie sono raccontate in due libri: nella biografia del celebre giornalista Fernando Morais appena stampata in Brasile (Lula. Biografia, volume 1, Companhia das Letras, 2021) e in una raccolta di dialoghi e discorsi pubblicata in Italia (La verità vincerà. Il popolo sa perché sono stato condannato, a cura di Ivana Jinkings, Meltemi, 2018). Nell’intervista concessa a «la Lettura» Lula conferma la sua disponibilità a candidarsi per salvare il Brasile da un disastro annunciato. La decisione dovrebbe essere annunciata a febbraio.

Presidente Lula, perché ha deciso di scendere di nuovo in campo per le prossime elezioni brasiliane?

«Quello che mi motiva è continuare a battermi per una causa: fare in modo che il Brasile torni a essere di tutti i brasiliani; e che nessuno nel nostro Paese abbia a soffrire la fame. Che io sia o no il candidato, ho sempre lavorato e continuerò a lavorare per questi obiettivi. Nei governi del Partido dos trabalhadores il Brasile, nello stesso momento in cui arrivò a essere la sesta economia mondiale, è stato un esempio internazionale di lotta alla povertà e di contrasto alla disuguaglianza. Siamo riusciti a sradicare la fame, a creare occupazione, a distribuire rendita, a offrire maggiori opportunità per l’istruzione, elevando la qualità della vita della popolazione. Oggi, tristemente, il Paese è tornato ad avere 20 milioni di persone che soffrono la fame, la disoccupazione è enorme, le previsioni annunciano un Pil stagnante. Siamo stati esempio, nel passato, di un’azione indipendente, cooperativa e coraggiosa nella politica internazionale. Oggi nessuno vuole neppure farsi vedere accanto all’attuale presidente. Per difendere la nostra causa, resto a disposizione del mio partito e di coloro che si oppongono a questo governo. La definizione del candidato arriverà nel momento opportuno. Fino ad allora, però, voglio dialogare con i miei concittadini dal Nord al Sud del Brasile e voglio discutere anche con i leader internazionali disposti a collaborare per aiutare il mio Paese a riprendere il cammino della piena democrazia, dello sviluppo, della giustizia sociale».

Lei ha sempre lottato per la democratizzazione del Paese ed è stato due volte incarcerato. Negli ultimi anni si sono affermate e diffuse in molte regioni del mondo posizioni estremiste e autoritarie: che cosa pensa dell’attuale quadro politico brasiliano?

«Bolsonaro è un nostalgico della dittatura, un ammiratore dei torturatori, un adepto della discriminazione contro i neri, le donne e gli indios. Una persona che non sa in che mondo vive. Il suo governo è il risultato di un processo di negazione della politica democratica, adottato per realizzare il golpe contro la presidente Dilma Rousseff. Poi è seguito il processo illegale per escludermi dalla competizione elettorale del 2018. Detto in altri termini: molte persone hanno cercato e cercano di porre fine alla democrazia in Brasile. Ma il popolo brasiliano ha saputo resistere. Oggi la stragrande maggioranza della popolazione respinge il governo Bolsonaro, i suoi metodi autoritari, le sue politiche disumane. Il popolo brasiliano ha capito che Bolsonaro è un’accidente nella nostra democrazia, che può e deve essere superato. Sarà il popolo stesso, nelle urne, a porre fine alla tragedia generata dall’attuale presidente».

      • «La ricostruzione deve cominciare dalla base per assicurare ai più poveri cibo, sanità e istruzione, riattivando le provvidenze sociali tagliate. Bisogna fermare il saccheggio dell’Amazzonia e restaurare i diritti violati delle popolazioni indigene. Sul terreno internazionale va rilanciata la cooperazione tra Stati per affrontare i problemi globali»

Nei 580 giorni trascorsi in prigione quali libri ha letto? In che cosa ha trovato conforto per continuare a lottare?

«In carcere sono stato ossessionato da due pensieri. Il primo: dimostrare la mia innocenza. Ho sempre detto che la persecuzione che avevo sofferto era frutto di una grande montatura, in cui si mescolavano interessi personali del giudice principale e dei pubblici ministeri, vicini ai gruppi economici nazionali e stranieri che volevano impossessarsi di Petrobras e a una parte dell’élite brasiliana contraria al progetto di Paese che il mio partito difendeva. Tutto questo è stato già provato. Il secondo pensiero riguardava la sofferenza dei brasiliani che stavano perdendo i loro diritti, senza lavoro e senza cibo. Ma in carcere ho anche letto molto. Soprattutto libri di storia brasiliana, con particolare attenzione alle conseguenze che secoli di schiavitù hanno avuto sulla nostra formazione. Il Brasile deve ancora lavorare molto per superare questa cicatrice e fare in modo che tutti i suoi cittadini abbiano gli stessi diritti e le stesse opportunità».

In che cosa il futuro governo Lula potrebbe distinguersi da quelli precedenti?

«Per me ha senso tornare a essere presidente solo per fare più di quello che ho già fatto. Ho lasciato la presidenza con un consenso altissimo; tutti i sondaggi mi considerano il migliore presidente della storia del Paese. Chi non è stato presidente può fare promesse vuote e, dopo avere vinto, affermare: “Non sapevo come stavano le cose, mi dispiace”. Io non posso farlo. Da qui prendono il via la riflessione che sto portando avanti sulla candidatura e le conversazioni che ho avviato con molti ambienti della società sulla situazione del Paese e sulle relative soluzioni. È chiaro che io ho appreso molto negli anni di governo e anche in quelli passati all’opposizione, conversando con molta gente in tutto il mondo. Ma non saprei dire cosa non ripeterei. Ho imparato a riconoscere chi mostra una realtà truccata e chi invece ci aiuta a vedere i problemi come davvero sono. Questi ultimi sono gli alleati più importanti da avere accanto in un governo, perché spetta a loro indicare le soluzioni».

La pandemia ha provocato ufficialmente più di 620 mila morti in Brasile. Quali sono le azioni per arginarla?

«La pandemia, purtroppo, non è finita. Dobbiamo continuare a restare vigili, senza abbassare la guardia. Almeno la metà di queste vittime in Brasile non ci sarebbero state se il presidente, che ora è in carica per occuparsi del Paese, non avesse sottovalutato i rischi del contagio, ritardando l’acquisto dei vaccini, diffondendo informazioni false, incoraggiando i cittadini a non proteggersi e a inseguire rimedi inutili. Oltre ai morti e alle tante persone la cui salute è stata gravemente compromessa dal Covid, c’è da considerare anche l’impatto economico e sociale. Sarà necessario riorganizzare la nostra economia, rafforzare il sistema sanitario e scientifico, procedere con massicce campagne di vaccinazione e sensibilizzazione popolare».

Consideriamo le gravi disuguaglianze sociali ed economiche del Brasile: quali sono i punti principali del suo programma e quali azioni intende promuovere per correggere gli squilibri?

«Ho detto che la ricostruzione del Brasile deve cominciare dalla base: garantire che tutte le persone abbiano diritto a, minimo, tre pasti al giorno. Il Brasile è uno dei maggiori produttori di cibo del mondo e ha 116 milioni di persone che vivono in una situazione di insicurezza alimentare. È intollerabile. Noi abbiamo dimostrato che è possibile essere un Paese forte nell’esportazione agricola. E che abbiamo un mercato interno altrettanto solido. Ora, attraverso una buona pianificazione e un significativo aiuto ai piccoli agricoltori, saremo in grado di assicurare i bisogni alimentari. Nello stesso tempo è necessario creare occupazione e guadagno. Ma per fare questo il Paese ha bisogno di stabilità e credibilità. Il settore privato ritornerà a investire se lo Stato assolverà ai suoi doveri, migliorando infrastrutture e logistica, costruendo ospedali, promuovendo operazioni di risanamento nel settore dell’igiene e anche nell’edilizia popolare, stimolando l’economia e mostrando alle imprese nazionali e straniere che è vantaggioso investire qui».

      • CONTINUAZIONE NEL POST SUCCESSIVO


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