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Referendum

12 e 13 giugno: quattro sì in nome dell’uomo e delle sue legittime istanze a sperare, nonostante tutto

martedì 7 giugno 2005 di Marco Militerno
È l’ultima settimana che ci separa dall’appuntamento referendario “sull’embrione”.
Tale entità, in questa campagna referendaria, si è guadagnato di diritto un ruolo centrale fra tutte le tematiche su cui siamo chiamati ad esprimerci, proprio per il gran parlare che si è fatto intorno a sé.
La chiesa è scesa in campo compatta nelle sue gerarchie, testarda nei suoi dogmatismi, autoritaria nei suoi appelli.
I partiti hanno raccolto il suo messaggio, rinsaldando il vetero e (...)

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> 12 e 13 giugno: quattro sì in nome dell’uomo e delle sue legittime istanze a sperare, nonostante tutto

giovedì 9 giugno 2005

L’onorevole ride volentieri del suo corpo traballante, ma il caso Carmelo Porcu farebbe rabbrividire tutti gli illustri dottori referendari alla Umberto Veronesi, i quali vanno dicendo che la legge 40 condanna i disabili alla vita, e alla vita da disabile. Ed è proprio per questo che oggi l’onorevole Porcu al suo brutto corpo è affezionato più che mai, e ha deciso di raccontarne la storia drammatica - “ma in punta di piedi, con discrezione, perché mi dà fastidio mettere in piazza queste cose” - “per difendere la legge 40, perché mi sto rendendo conto che tutto il grande progresso culturale e di costume che abbiamo compiuto in tanti anni riguardo al problema della disabilità viene ora rimesso in discussione. Si dice che i disabili non devono venire più al mondo, e nessuno fa una piega, nemmeno le sinistre, che si stracciavano le vesti quando la società ignorante di qualche decennio fa si azzardava solo a trattare uno spastico come me da disabile anche mentale. Oggi invece perfino loro si permettono il lusso di predicare una felicità che può essere definita a priori”. Per Carmelo Porcu il Mondo Nuovo verso cui il nostro secolo precipita, è per certi versi un tuffo all’indietro “negli anni Cinquanta-Sessanta, quando l’avere in casa un figlio disabile era considerato disdicevole, una sorta di marchio d’infamia, una punizione del destino, una colpa da lavare”. Cinquant’anni di battaglie e conquiste sociali spazzati via in un istante: “All’epoca in cui mia mamma mi portava in braccio, da piccolino, la gente che ci incontrava si commuoveva. ‘Oh poverino, questo bambino!’, le dicevano. Qualche volta anche esagerando, in maniera pietistica, ma comunque sempre esprimendo solidarietà. Adesso, al contrario, le donne come mia mamma (che sono delle donne-coraggio, donne che faticano in maniera sovrumana per portare avanti la vita dei loro figli disabili, che amano i loro figli e più sono disabili e più li amano) invece di sentirsi amate, ammirate o comunque di sentire la solidarietà degli altri, si sentono quasi rimproverate: ‘Perché hai messo questo figlio al mondo? Non c’hai pensato? Ti è sfuggita la situazione di mano?’. Io allora mi chiedo: perché non facciamo loro coraggio, piuttosto di scoraggarle a fare nascere quelli come me? E poi qual è la giuria? C’è chi accampa la pretesa assurda di poter dire a un altro uomo: ‘Tu non sarai felice.

(Tratto da il foglio.it - "L’onorevole disabile (affetto da tetraparesi spastica) che rivivrebbe tutta la sua vita così com’è")


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