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In principio era il Logos, non il "logo" dell’impero "cattolico-costantiniano".

Religione e Filosofia: Cattolicesimo e Democrazia. Papa Ratzinger ha lanciato una sfida esplicita: «dei fondamenti si occupa la religione»!!! Ma dal mondo dei filosofi e delle filosofe qualche risposta sonnolenta o addirittura entusiasta, ma non una solare risata ... pasquale (omaggio a Totò)!!! Una riflessione di Franca D’Agostini - a cura di pfls

martedì 10 aprile 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Eccoci dunque al punto conclusivo, ossia al punto in cui la barca predisposta da Ratzinger per traghettarci nell’epoca della fine delle ideologie fa acqua. Il fatto che la proposta non funzioni, e non possa fornirci, anche con le migliori disposizioni del caso, la filosofia prima di cui presumibilmente necessitiamo, si vede bene considerando i due aspetti della filosofia di Ratzinger. Mettete insieme una metafisica debole e storicista, e un pensiero forte, dotato di progettualità (...)

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> Religione e Filosofia: Cattolicesimo e Democrazia. Papa Ratzinger ha lanciato una sfida esplicita: «dei fondamenti si occupa la religione»!!! Ma dal mondo dei filosofi e delle filosofe qualche risposta sonnolenta o addirittura entusiasta, ma non una solare risata ... pasquale (omaggio a Totò)!!! Una riflessione di Franca D’Agostini - a cura di pfls

giovedì 12 aprile 2007

(L’articolo di Franca D’Agostini, sulla sfida filosofica di papa Ratzinger, mi offre lo spunto per qualche considerazione.)

Papa Ratzinger, nonostante la sua fama di pensatore, è più uno storico e un dialettico, che un vero filosofo. Anche se è stato definito il "panzer" della Chiesa, il "rottweiler" di papa Giovanni Paolo II, non ha né il coraggio e tanto meno la forza di carattere per essere una guida carismatica e sicura. Le prove sovrabbondano: Ratisbona, Varsavia (mons. Wielgus), Chiesa ortodossa, ossessione del relativismo, radici cristiane dell’Europa (cf la critica di Tissa Balasuryia), Milingo, Jon Sobrino, ecc. E tutto ciò non è che l’epidermide, il campionario delle sante “papere papali”. Un uomo così equipaggiato con le armi della dottrina e della teologia, sembra aver paura di tutto ciò che viene dalla base, cioè dal "popolo di Dio". Pare condividere più la visione pessimistica di Agostino, che la robusta metafisica positiva di S. Tommaso.

Il battere e ribattere sul "relativismo" nasconde, forse, il timore che la scienza soppianti certa “fede”, che la tecnologia escluda la speranza; che la politica renda superflua la carità. Forse non ci si è resi ancora conto che la storia è nelle mani di Dio prima che del suo "vicario". La modernità (dalla rivoluzione francese) ha fatto fare al genere umano un salto di qualità, che nessuna religione è riuscita a fare: fine della schiavitù e del colonialismo, legalizzazione dei diritti della persona (lavoro, salute, previdenza, ecc.), dei popoli (indipendenza, autodeterminazione, democrazia, ecc.), della dignità della donna e del bambino, condanna della guerra, unione tra i popoli (UE, OUA, Mercosur, ecc.), compartecipazione nella cosa pubblica, ecc. Si tratta di segni dei tempi, che nulla hanno a che fare sia con il relativismo che con le religioni. Perché non ammeterli, valorizzarli, celebrarli come umanità, come uomini, prima che come cristiani? Forse che il cristiano cessa di essere uomo, fratello d’ogni uomo?

Oggigiorno viene da vergognarsi d’essere cattolici con un apparato curiale, che, quanto a diritti umani, sembra fermo alla “stazione del medio-evo”. Infatti: il Vaticano non ha sottoscritto la Convenzione sui diritti dei bambini (New York, 20.11.89); il tribunale ecclesiastico è l’unico al mondo che non permette all’accusato di difendersi pubblicamente; nonostante qualche sforzo la donna è considerata ancora un essere umano di serie B; i bambini, i prediletti di Cristo, sono mietuti dalla falce della pedofilia clericale. La teologia ufficiale è prigioniera di una contraddizione ontologica: sostiene che la corporeità e la sessualità sono espressioni inferiori, animalesche, pericolose, mondane e senza valore, ma al tempo stesso, ne fa il "metro di misura" di tutta la morale, emarginando, discriminando, demonizzando chiunque non rientri nello schema "barbarico" patriarcale. Forse che una madre se ha un figlio divorziato, gay, omosessuale, con l’aids, o altri limiti, lo discrimina o lo butta nella spazzatura?

La verità è sempre “oltre” il nostro sapere, intrinsecamente limitato e contestualizzato. Chi ha un sacro rispetto per la cultura degli altri è più vicino alla verità di chi vuole imporre il proprio modo di pensare a suon di condanne e scomuniche. Il mondo è un pò più ampio del Vaticano, della Germania, dell’Europa e della sua cultura. Che ne sanno gli europei della culture asiatiche, africane, ecc.? Come ci si può permettere di giudicare ciò che non si conosce e di condannare chi se ne fa interprete, essendo nato e cresciuto in quell’humus, che lancia sfide pesanti a certe verità meschine, a certi pregiudizi clericali? Continueremo ad imporre un modo il pensare euro-centrico, ombelico del mondo, a tutti i meridiani e paralleli della terra?

Ma se Ratzinger si è spaventato alle prime avvisaglie dei moti studenteschi (nel 1968 insegnava a Tubinga con Kung), come può essere disponibile ad accogliere il "totaliter aliter" di quel Dio imprevedibile, che conduce i suoi figli per le contrade della storia, che non passano per gli stretti vicoli delle congregazioni romane e le maglie fini del diritto canonico? La lunga carriera (più di 20 anni) nella Congregazione della dottrina della fede pare gli abbia dato l’illusione di essere infallibile ed "inappellabile" anche nelle questioni più dibattute dagli stessi scienziati (bioetica, embrioni, staminali, accanimento terapeutico, ecc.). La verità è tanto discreta che si presenta sempre come proposta: "Se vuoi..." (“Si vis”, dice Gesù), mai come imposizione, condanna, tanto meno come pressione sui politici ossequienti e servili per produrre “leggi cristiane”.

Non ci rendiamo ancora conto che, per essere credibili, bisogna seguire le orme di colui, che "incominciò a fare e poi ad insegnare" (Atti). Sembra che si faccia esattamente il contrario: pretendendo d’insegnare senza praticare. Cosa offre il cattolicesimo ai popoli del terzo mondo derubati delle materie prime, crocifissi dalle leggi di mercato, di cui siamo complici? Gli daremo i papa-boys, l’Opus Dei, Comunione e Liberazione, i padri Pio, i "santo subito", Radio Maria? Come mai perfino i battezzati, che applaudono in piazza, ignorano i dettami papali riguardanti la morale sessuale, la regolazione delle nascite, ecc.? Il Cristo non ha fatto una singola legge per promuovere la “famiglia cristiana” e noi crediamo di risanarla dal di sopra e dal di fuori, moltiplicando lacci e laccioli, premendo sui politici per imporre con la "forza della legge" ciò che non siamo riusciti ad insegnare con la "forza persuasiva dell’esempio". Scapoli sessuofobi non sono certo i migliori consiglieri o esempi per nutrire il focolare domestico! Se le chiese evangeliche fanno più presa di noi, non sarà anche perché sono più vicine al popolo?

Forse ciò che Ratzinger chiama "relativismo" non è altro che "sfiducia e rifiuto" dell’imposizioni dall’alto di retaggi arcaichi a causa del loro fallimento. Le culture asiatiche, africane, indie sono apparse sulla scena della storia diversi millenni prima del cristianesimo e non hanno inventato guerre mondiali, soluzioni finali, inquisizioni, crociate, e conquiste distruttrici di altre civiltà. Come mai buddisti, induisti, scintoisti, animisti, indios (sia pur con i loro limiti tribali) hanno una concezione più tollerante, aperta, accogliente di quella occidentale? Non è stato edificante, mentre si consumava il martirio del popolo libanese, vedere il pontefice strimpellare al pianoforte le musiche predilette di Mozart; è significativo il suo debole per Mozart (musicista brillante, ma superficiale e verboso). Il posto dell’autore della "Deus Caritas est", per essere credibile, non avrebbe dovuto essere là, tra i martoriati dalle bombe intelligenti, per gridare al mondo che la guerra è una pazzia?

Invece la TV (privilegio della parrocchia italiana), quasi ogni giorno, ci mette nel piatto un pensatore frigido, che predilige la dialettica astratta, i catechismi universali, l’unica religione; un capo religioso ossessionato dall’idea di salvare la dottrina più che promuovere, con l’esempio la conversione dei singoli e delle strutture di peccato; un “padre”, che non sa parlare il linguaggio semplice ed universale dei gesti: la carezza significativa, l’abbraccio convincente, l’accoglienza degli ultimi, la difesa degli umiliati ed oppressi. Se è un capo di stato, che si presenta con le guardie svizzere (come è successo a Bari); se ci tiene tanto alle insegne romano-pagane; se il suo apparato lo fa apparire così stratosferico, inaccessibile, estraneo alla vita dei “piccoli”, non rischia di trasformarsi in farsa ed ostentazione il suo sopralluogo in carcere, in ospedale, ecc.? Se la sua predilezione è passeggiare in compagnia di Agostino, discettando di filosofia greca, come potrà immedesimarsi nei problemi della povera gente? E’ per questo che i suoi scritti, inaccessibili ai più, pretendono rifondare "la verità", mentre il Cristo ironizza: "Che cos’è la verità?". Perché non chiederlo ai popoli comprati e venduti dalle multinazionali, di cui anche i cattolici sono clienti e usufruttuari?

Nel discorso d’inaugurazione del pontificato ha lanciato un piano "quasi megalomane" per l’unificazione dei Cristiani, ma si è ridotto a mosse cordiali con gli ultra-conservatori e ad una caparbia rinuncia delle proposte del Concilio Vaticano II. Di fronte ai mali del mondo risponde con qualche messa in latino e canto gregoriano, per tenere buoni i tradizionalisti . Può “il padre di tutti/e” anteporre una dottrina asettica e astratta alle difficoltà della vita quotidiana di coloro che chiama "figli/e"? Se lo fosse davvero come si chinerebbe con empatia su 40 milioni di aidetici, come abbraccerebbe 800 milioni di denutriti e, magari, venderebbe qualche tesoro inutile per sfamarli! Non risolverebbe tutto, ma sarebbe uno schiaffo morale alla lussuria di molti dei suoi prelati e del consumismo dei popoli bianchi e cristiani. No, preferisce invece perseguitare i “dissenzienti” per salvare astruse dottrine che non riempiono né il cuore né la pancia di nessuno.

Nella Chiesa cattolica, oggi, si respira aria greve di regimentazione e centrismo: autocensura, controllo, intimidazione, epurazione. Con la “longa mano” della curia vaticana, dell’Opus Dei e di altri movimenti malati di integralismo. Ne ho fatto esperienza sulla mia pelle. Una sorella, membro di Comunione e Liberazione, mi ha detto: "Ti odio". Le avevo inviato un articolo sugli abusi e sopprusi della pedofilia clericale negli USA. Il mio parroco ad ogni predica non manca mai di condannare il "mondo", chi si permette di svelare le magagne della gerarchia, e chi s’impegna per la giustizia sociale.

Siamo arrivati alla sindrome del famoso "circle the wagons". Gli invasori delle terre degli indiani, quando venivano attaccati, mettevano in cerchio i loro carri e sparavano disperatamente, massacrando intere tribù. Oggi la Chiesa sembra disporre in cerchio i suoi “carri carichi di dottrina e di morale”, nel colonnato del Bernini, e, da questa trincea, non fa che sparare condanne e anatemi. Su chi? Sui suoi figli, che, con Cristicchi cantano in coro: "Pensa", prima di spararci addosso, "pensa"!

Umberto P. Lenzi 14215 - 20th Drive SE Mill Creek, WA 98012 (425) 743-0104

10 Aprile 2007


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