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Turismo

Turismo sostenibile e albergo diffuso: una proposta di due ragazzi volenterosi

sabato 14 aprile 2007 di Vincenzo Tiano
Da qualche tempo stiamo valutando la possibilità di impegnarci nell’ambito del turismo sostenibile creando il
così detto albergo diffuso.
Per albergo diffuso intendiamo, il recupero di vecchi edifici rurali abbandonati a se stessi ubicati nel nostro centro storico e trasformarli in alberghi "alternativi" ridando così vita ad un paese dal destino ormai segnato. Creare attività nel nostro piccolo centro significherebbe ridare dignità ad un paese dalle grandi potenzialità mai struttate.
Nelle (...)

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> Turismo sostenibile e albergo diffuso --- Il caso del Monteverdi Tuscany , a Castiglioncello del Trinoro (di Maria Corbi)

giovedì 12 maggio 2016

L’albergo più bello? È “diffuso”

Il caso del Monteverdi Tuscany , a Castiglioncello del Trinoro (Siena)

di Maria Corbi (La Stampa, 12.05.2016)

Chiamalo se vuoi albergo diffuso, la verità è che dietro questa etichetta c’è un nuovo modo di fare vacanza, rispettoso della cultura del posto che ospita, della natura, della sua storia e delle tradizioni. Le camere e le strutture dell’hotel sono le case, i locali di meravigliosi borghi disabitati, abbandonati, o lasciati a loro stessi. E invece ecco che rinascono grazie al «turismo diffuso» e consapevole. E così capita anche i nipoti di chi è andato altrove a cercare lavoro ritornino qui, grazie al lavoro che si crea.

Un’idea nata nel Friuli devastato dal terremoto e dall’ingegno di alcuni studenti svizzeri del Politecnico di Zurigo che tra quelle macerie pensarono alla ricostruzione e a un nuovo modo di fare turismo. Chi arriva in questi luoghi ha l’impressione di essere un abitante autoctono e la consapevolezza di essere parte di un progetto sostenibile e green.

Tra questi villaggi/alberghi c’è «Monteverdi Tuscany», a Castiglioncello del Trinoro, piccolo borgo rurale sulla Francigena, la via che dal nord Europa portava i pellegrini a Roma e in Terrasanta. Sulle alture di Sarteano (Siena) e affacciate sulla Val d’Orcia, poche case di pietra, essenziali, aggrappate ai resti di una rocca medievale. Solo due le famiglie residenti rimaste. Mentre agli inizi del ’900 vivevano qui quasi 300 abitanti. Molti di questi nomi sono scolpiti sulle targhe commemorative, vittime innocenti di rappresaglie naziste, messe in atto per vendicarsi dei partigiani che si nascondevano tra i boschi . Poi l’emorragia di anime, qualcuno tornava qui per le vacanze. Ma il declino era veloce. Restauri casuali e approssimati rischiarono di stravolgerne l’anima. Un importante sito archeologico etrusco veniva usato come discarica, mentre alcuni edifici di pietra risalenti al XIII secolo erano ridotti quasi in macerie.

A salvarlo arriva un avvocato statunitense, Michael Cioffi, da sempre innamorato dell’Italia. L’incontro con Ilaria Miani, interior designer, cambia il destino del borgo. Un percorso non facile, come fa capire Bernard Touillon nelle immagini del libro Monteverdi. A iniziare dalle resistenze degli unici 8 abitanti del borgo che, all’inizio non volevano cedere a questa nuova visione, spaventati di vedere stravolgere il loro passato, la memoria del luogo. «Erano dubbiosi, non riuscivano a capire il progetto, immaginavano un resort che si imponesse sul borgo antico, ma questo non è stato», racconta Marco Passuello, brand manager di Monteverdi Tuscany. Mentre ora questi magnifici 8 accolgono e condividono la loro terra con gli ospiti di questo albergo speciale. Chiamatelo pure diffuso, se volete.


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