Dopo le rivelazioni del cardinale Bertone, una ricostruzione delle direttive fornite da papa Pacelli alle diocesi e ai conventi per evitare la deportazione nei campi di sterminio
Pio XII, i piani per salvare gli ebrei
Il Giusto don Brunacci lesse la circolare e avviò la sua opera. Le istruzioni registrate anche nei diari delle monache
di Matteo Luigi Napolitano (Avvenire, 20.04.2007)
Il 23 ottobre 1943 il Vaticano si sta occupando della questione dei rifugiati negli stabili extraterritoriali, conventi ecc., con il penitenziere di San Pietro, il cappuccino padre Aquilino Reichert; questi ha desunto da alcuni segnali provenienti dal generale Stahel, governatore militare di Roma, che «gli pare imprudente l’atteggiamento del Vicariato che, secondo lui, facilita agli ebrei, ai disertori ecc. adito ai conventi». Anche perché le SS, che presto aumenteranno a migliaia di unità, certamente non rispetteranno l’extraterritorialità degli immobili vaticani e si daranno a razzie nei conventi e stabili della Santa Sede.
Il 25 ottobre del 1943 «l’ambasciatore di Germania dice che notizie dalla Germania direbbero che nella Città del Vaticano vi sono rifugiati politici, ebrei, militari, ecc.». «Si risponde che la cosa non è vera», annoterà Montini. E i curatori dei documenti vaticani, in una nota esplicativa a piè di pagina, dicono che ovviamente si trattava di una «risposta diplomatica», insomma di una bugia di circostanza. Coincidenza temporale presentano questi episodi con la circolare vaticana del 25 ottobre 1943, rivelata dal segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, in cui si prescriveva a tutti gli istituti religiosi di ospitare gli ebrei. «Attenti alle date - osservava Arrigo Levi ieri su La Stampa - la retata del Ghetto di Roma avviene il 16 ottobre». Ancor più significativo, dal punto di vista delle date, sarebbe trovare un’altra circolare inviata dalla segreteria di Stato alle diocesi, in una data che si può ipotizzare vada tra l’8 e il 16 settembre 1943.
Come riportato da Avvenire lo scorso gennaio, ne aveva parlato ripetutamente il Giusto delle Nazioni don Aldo Brunacci, recentemente scomparso, che insieme al suo vescovo, Nicolini, salvò tutti gli ebrei presenti ad Assisi attraverso una rete di conventi, di religiosi e di famiglie cattoliche. Nicolini ricevette la circolare vaticana, la lesse e la mostrò a Brunacci, il quale sotto i suoi ordin i eseguì i desiderata pontifici senza chiedersi che fine potesse poi fare quel documento in seguito mai più trovato. Nel caso di questa nuova circolare del 25 ottobre 1943 abbiamo un altro prezioso elemento di raffronto. Si tratta del «diario di casa» del monastero delle agostiniane ai Santi Quattro Coronati, rivelato da Trenta Giorni: «In queste dolorose situazioni il Santo Padre vuol salvare i suoi figli, anche gli ebrei, e ordina che nei monasteri si dia ospitalità a questi perseguitati. Anche le clausure debbono aderire al desiderio del Sommo Pontefice e, col giorno 4 novembre, noi ospitiamo fino al 6 giugno le persone qui elencate...».
La vicinanza temporale tra il 25 ottobre 1943 (visita dell’ambasciatore tedesco per indagare sull’«ospitalità vaticana»; circolare della Santa Sede alle case religiose) e il 4 novembre successivo (data in cui in una di queste case religiose si inizia a ospitare i perseguitati dietro ordine del Papa) suggerisce che siamo davanti a molto di più di una semplice coincidenza. Si potrebbe obiettare che le prove definitive che attestano gli ordini di Pio XII di salvare gli ebrei, impartiti alle diocesi (fra l’8 e il 16 settembre 1943) e alle case religiose (il 25 ottobre successivo) non siano ancora tali per gli storici, e che quindi nel frattempo sia da considerare ancora valida la tesi di studiosi come Susan Zuccotti, la quale ha scritto che, in assenza di un documento-chiave che l’attesti, non vi è prova che il papa diede ordini alla Chiesa cattolica di salvare gli ebrei. I salvataggi, si dice, certamente vi furono, ma per iniziativa "privata" di cattolici, laici e religiosi; mentre la gratitudine degli ebrei sopravvissuti verso Pio XII si basò sull’errata supposizione che fosse stato il papa ad salvarli. Si dimentica tuttavia di dire che, mentre nel caso di Zuccotti e simili, questa tesi si basa prevalentemente su fonti orali, nel caso che qui ora ci interessa c’è da pensare che vere e proprie prove scritte dell’assistenza del Papa s tiano ormai per vedere la luce. Siamo per il momento nel campo delle ipotesi e lo storico dev’essere quanto più cauto possibile. La prima fonte, indubbiamente autorevole, è quella citata dall’attuale segretario di Stato Bertone, il quale ha informato dell’esistenza di una circolare del 25 ottobre 1943 in cui Pio XII si diceva «d’accordo» nel promuovere «l’accoglienza di quanti più ebrei possibili negli istituti religiosi e nelle catacombe».
Un’altra seconda fonte è la cosiddetta "velina", conservata in un convento di suore Giuseppine, documento che è stato mostrato a Sandro Barbagallo, uno studioso esperto di archivistica, il quale ha aggiunto la sua testimonianza a tal riguardo. Tutto fa pensare che siamo davanti a nuovi sviluppi del "caso Pio XII", che sembrano autorizzare a proposito di papa Pacelli giudizi ben diversi da quelli che prevenuti polemisti diffondono e amplificano senza prove.