il dibattito
Scontro sulle armi facili, silenzio dei produttori
Le decisioni che dipendono dai singoli Stati hanno prodotto più di 20mila norme diverse. Ma la Costituzione tutela il possesso
Da New York Loretta Bricchi Lee (Avvenire, 18.04.2007)
Il dibattito sul controllo delle armi è riesploso negli Stati Uniti. Ancor prima di conoscere l’identità del responsabile della strage portata a termine lunedì al politecnico della Virginia, erano i molti a chiedersi come e perché, otto anni più tardi, sia stato possibile il ripetersi - e in modo più grave - della tragedia della scuola media Columbine. Il principale imputato, naturalmente, è proprio la facilità con la quale si possono acquistare armi negli Usa. Ieri, il quotidiano New York Times l’ha definito «uno dei più gravi pericoli per l’America», chiedendo urgenti e maggiori «controlli sull’uso di armi letali». Un elemento però carico di implicazioni politiche che, a meno di due anni dalle elezioni presidenziali del 2008, solleva questioni scomode.
Pochi a Washington hanno infatti voluto esprimersi a riguardo della questione e, mentre il presidente George Bush - pur manifestando rammarico per l’accaduto - ha fatto sapere che la sua politica rimane orientata verso il diritto degli americani di possedere armi, la National rifle association, la potente lobby a favore dei fabbricanti di armi ha preferito non commentare.
Il problema, comunque risiede a monte. Il governo federale infatti proibisce l’acquisto di armi da fuoco solo ai criminali, ai minorenni, a chi è mentalmente incapace o a chi fa illegalmente uso di stupefacenti.
La regolamentazione della vendita e dell’uso di pistole, fucili e altri strumenti di morte viene quindi lasciata alla discrezione dei singoli Stati, creando un puzzle di oltre 20mila norme contraddittorie. Alcuni Stati, quali New York, il New Jersey e il Connecticut mettono al bando tutte le armi; le Hawaii e il Maryland proibiscono le pistole; mentre la California limita l’uso di quelle più letali e sottopone l’acquirente a un periodo di attesa di dieci giorni per permettere un controllo di idoneità.
Altrove, però è molto più facile mettere mano un’arma e proprio la Virginia - dove non si richiede alcun porto d’armi, registrazione o controllo - è uno degli Stati più "liberali".
In Florida, poi, il diritto al porto d’armi è stato recentemente esteso per permettere ai cittadini di «difendersi» anche nelle proprie auto e per strada. Come risultato, «si continua ad avere oltre 30mila morti l’anno per colpa delle armi da fuoco», ha sottolineato Ladd Everitt della Coalizione per fermare la violenza delle armi, a cui ha fatto eco Paul Emke, direttore della Campagna Brady per prevenire la violenza della armi, che ha ricordato come negli ultimi anni invece di cercare di limitare la violenza, «si è reso più facile l’accesso a armi potenti».
Il problema è però di difficile soluzione. Il secondo emendamento della Costituzione stabilisce infatti che «non debba essere infranto il diritto dei cittadini di possedere armi» ed è stato proprio in base a tale fondamentale protezione legale che il mese scorso la Corte Suprema americana ha dichiarato anticostituzionale una legge che dal 1976 imponeva per la città di Washington il bando totale delle armi nelle abitazioni.
Il Distretto di Columbia era l’unica area urbana - insieme a Chicago - a far valere un divieto sul porto d’armi e la sentenza della Corte costituzionale Usa fa temere che, nel prossimo futuro, ulteriori leggi nazionali sul controllo delle armi possano essere riviste sotto una nuova e meno restrittiva luce.