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I FILOSOFI E L’EUROPA. UNIVERSITA’ DI VERONA (dal 26 al 29 Aprile 2007): XXXVI CONGRESSO NAZIONALE DI FILOSOFIA. Programma - a cura di pfls

mercoledì 25 aprile 2007 di Maria Paola Falchinelli

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venerdì 20 aprile 2007

IL LOGOS (che non è un "logo"), i monoteismi (che non sono il MONOTEISMO), e ... l’esportazione della DEMOCRAZIA. Una nota a margine di due "gaffe"

di Federico La Sala

1.

“Esportare la Democrazia è possibile, ma l’ostacolo è il monoteismo”. Questo il titolo di presentazione del “Corriere della Sera” (03.04.2007), in anteprima, di una pagina della nuova edizione del saggio di Giovanni Sartori, “Democrazia. Cosa è?”, e questo l’avvio del discorso:

“Al quesito se la democrazia sia esportabile, si può obiettare che la democrazia è nata un po’ dappertutto, e quindi che gli occidentali peccano di arroganza quando ne parlano come di una loro invenzione e vedono il problema in termini di esportazione. Questa tesi è stata illustrata in un recente libriccino (tale in tutti i sensi) intitolato La democrazia degli altri dell’acclamatissimo premio Nobel Amartya Sen.

(...) A dispetto di Sen e del suo terzomondismo, la democrazia - e più esattamente la liberaldemocrazia - è una creazione della cultura e della civiltà occidentale. La «democrazia degli altri» non c’ è e non è mai esistita, salvo che per piccoli gruppi operanti faccia a faccia che non sono per nulla equivalenti alla democrazia come Stato «in grande».

Pertanto il quesito se la democrazia sia esportabile è un quesito corretto. Al quale si può obiettare che questa esportazione sottintende un imperialismo culturale e l’imposizione di un modello eurocentrico. Ma se è così, è così. Le cose buone io le prendo da ovunque provengano. Per esempio, io sono lietissimo di adoperare i numeri arabi. Li dovrei respingere perché sono arabi? Allora la democrazia è esportabile? Rispondo: in misura abbastanza sorprendente, sì; ma non dappertutto e non sempre. E il punto preliminare è in quale delle sue parti costitutive sia esportabile, o più esportabile.

(...) Ricapitolando, non è vero che la democrazia costituzionale, specialmente nella sua essenza di sistema di demoprotezione, non sia esportabile/importabile al di fuori del contesto della cultura occidentale. Però il suo accoglimento si può imbattere nell’ ostacolo delle religioni monoteistiche. Il problema va inquadrato storicamente così”.

2.

Gian Maria Vian - in una nota apparsa sull’“Avvenire”(04.04.2007), dal titolo “Monoteismi e democrazie: che gaffe!” - commenta e, contro la semplificazione di Sartori (innanzitutto - e dello stesso “Corriere”), sollecita a riflettere con minore superficialità e a non semplificare la complessità della questione:

“Adombrando una squalificazione dei monoteismi tanto diffusa quanto storicamente debole, la tesi dimentica che la culla della democrazia è la tradizione occidentale, secolarizzata quanto si vuole ma storicamente cristiana, e cioè fino a prova contraria monoteista. Non si può poi dimenticare che Israele, radicato in una tradizione culturale altrettanto monoteista, è da oltre mezzo secolo un modello di democrazia nel Vicino Oriente (dove democratico era fino a un trentennio fa anche il Libano, certo non politeista). Infine, come essere sicuri che i problematici rapporti tra islamismo e democrazia siano dovuti al suo monoteismo? Il punto insomma non è questo, e se tanti sono gli ostacoli della democrazia tra questi certo non vi sono le religioni monoteistiche”.

3.

Ora, se è vero - come è vero - che la democrazia si fonda sull’idea di autonomia dell’uomo (dell’uomo e della donna!!!) e che la premessa della modernità è l’autonomia (dell’uomo e della donna!!!), non è ancora e affatto altrettanto chiaro cosa significa quell’“auto” premesso a “nomia”. E, se non vogliamo perdere quanto conquistato, non possiamo ripetere all’infinito sempre lo stesso ritornello: illuminismo, illuminismo!!! La conoscenza di sé (“auto”) non è finita e non è affatto e ancora ben de-finita: “La più utile e meno progredita di tutte le conoscenze umane mi sembra quella dell’uomo”(J.-J. Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti, Prefazione)!!! E, necessariamente, non possiamo non riprendere l’interrogazione e il cammino. “Chi siamo noi, in realtà?”(Nietzsche): “Sapere aude!”.

Locke e Rousseau, come Kant, hanno fatto un grande lavoro, ma - se non vogliamo smettere di pensare e porre davvero fine all’avventura umana - dobbiamo continuare a portarlo innanzi!!! C’è un nodo non sciolto al fondo del loro pensiero ed è proprio il nodo di “dio”!!! Vogliamo chiarircelo o no?!

“Se la Divinità non esiste, solo il cattivo ragiona, il buono non è altro che un insensato”(Emilio). J.-J. Rousseau è il primo grande maestro del sospetto (dopo vengono Marx, Nietzsche, e Freud - e grazie a lui!): “Non concediamo nulla ai diritti della nascita e all’autorità dei padri e dei pastori, ma richiamiamo all’esame della coscienza e della ragione tutto quello che loro ci hanno insegnato fin dall’infanzia”(Emilio).

Locke polemizza con il cattolicesimo e l’ateismo quali “religioni” incompatibili con l’orizzonte democratico, Rousseau - pur polemizzando anch’egli duramente con il cristianesimo storico come una “religione” altrettanto incompatibile con una società democratica e tentando di pensare meglio la democrazia dei moderni - sottolinea tuttavia con forza la grande differenza tra Socrate e Gesù: “Quali pregiudizi, quale cecità (quale malafede) non bisogna avere per osar paragonare il figlio di Sofronisco col figlio di Maria! Che distanza c’è dall’uno all’altro!”(Emilio). Ma “la religione di preti” riesce ad accecarlo, e a non fargli vedere la connessione tra l’altro “mondo possibile” a cui egli stesso pensa e quello del messaggio evangelico: “Gesù Cristo, il cui regno non era di questo mondo, non ha mai pensato a dare un pollice di terra a nessuno, e non ne possedette mai lui stesso; ma il suo umile vicario, dopo essersi impadronito del territorio di Cesare, cominciò a distribuire il comando del mondo ai servitori di Dio”(Frammenti politici).

Rousseau cerca in tutti i modi di impostare bene il “trattato le cui condizioni siano eque”(Virgilio, Eneide, XI), ma perde il filo e, alla fine, si ritrova a riproporre la religione dei romani - la “religione civile”, contro “la religione romana”-cattolica. Senza volerlo, prepara la strada “cattolico-romana” a Fichte, a Hegel, a Marx, a Gentile e a Lenin.

Kant reimposta il problema e riparte - bene: “tutto proviene dall’esperienza, ma non tutto si risolve nell’esperienza” o, diversamente, tutto viene dalla natura ma non tutto si risolve nella natura, ma alla fine non riesce a sciogliere il nodo e resta in trappola. Al di là del mare di nebbia non può andare e - per non distruggere i risultati della sua esplorazione - si accampa lì dove è riuscito ad arrivare e decide: “Io voglio che Dio esista”!

Per Kant, Rousseau e Newton - come Locke, non sono stati affatto cattive guide per il suo viaggio. Il suo cammino è stato lungo,fruttuoso e coraggioso: la Legge morale dentro di me, il Cielo stellato sopra di me! E, onestamente, rilancia di nuovo la domanda antropologica - quella fondamentale: “Che cosa è l’uomo?”. Tienamone conto.

Ciò che essi cercavano di capire e quindi di sciogliere era proprio il nodo che lega - il problema “religioso”, il legame “sociale” - il problema di “Dio”, il problema della Legge, non quello o quella dei Faraoni e quella di una Terra concepita come un “campo recintato” o assoggettata alla “Moira” di Orfeo e alla Necessità.

Filosoficamente - è il problema dell’inizio ... e, con esso, dell’origine e dei fondamenti della disuguaglianza tra gli esseri umani. Il problema J.-J. Rousseau, dunque: No King, no Bishop! Il problema della Legge - e della Lingua: il problema stesso del principio di ogni parole, la Langue - Essai sur l’origine des langues!!! Da dove il Logos - e la Legge?! E, con queste domande, siamo già all’oggi - agli inizi del ’900: Ferdinand de Saussure.

Ma ritorniamo al problema politico - della Legge della Polis o, come scrive Rousseau, della Cité. La questione è decisiva, ed epocale: ed è al contempo questione antropologica, politica, e “teologica”. In generale è la questione del rapporto UNO-Molti - una questione lasciata in eredità da Platone, e riproposta da Rousseau, nei termini del rapporto volontà generale - volontà di tutti o del cosiddetto “uno frazionario”, e risolta ancor oggi nell’orizzonte moderno (cartesiano) - dopo Cristo, come dopo Dante, dopo Rousseau e Kant - in modo greco, platonico-aristotelico. Una trageda - e non solo quella di Nietzsche. In tutti i sensi.

Se continuiamo a truccare le carte e confondiamo l’Uno al numeratore con un “uno” degli “uno” o delle “uno” al denominatore finiremo per cadere sempre nella trappola della dittatura, e nel dominio del “grande fratello” (e della “grande sorella”). E non riusciremo mai a distinguere tra “Dio” Amore, e “Dio” Mammona - tra la “volontà generale” dell’UNO e la “volontà generale” di “uno”, camuffato da “Uno”. Liberare il “cielo”, pensare l’ “edipo completo” - come da progetto di Freud.

Vedere solo i molti (gli individui, meglio gli uomini e donne in carne ed ossa, le persone) che agiscono, discutono e lottano, e non vedere l’Uno, che è il Rapporto e il Fondamento di tutti e il Rapporto dell’UNO stesso con tutti i i vari sotto-rapporti (economici, politici, religiosi, giuridici, pedagogici, familiari, e, persino, di amicizia) dei molti e tra i molti ... non porta da nessuna parte, se non alla guerra e alla morte. In tale orizzonte (relativistico, scettico e nichilistico), chi vuole guidare chi, che cosa può fare, che cosa può insegnare, che cosa può produrre ... se non il suo stesso “uno” - allo specchio. Un narcisismo personale e istituzionale ... imperialistico e desertificante!

E’ elementare, ma è così - come scriveva l’oscuro di Efeso, Eraclito: “bisogna seguire ciò che è comune: e ciò che è comune è il Logos” - la Costituzione, prima di ogni calcolo, per ragionare bene. La Costituzione è il fondamento, il principio, e la bilancia! Questo è il problema - la cima dell’iceberg davanti ai nostri occhi, e il punto più profondo sotto i nostri stessi piedi! E se non vogliamo permanere nella “preistoria” e, anzi, vogliamo uscirne, dobbiamo stare attenti e attente e ripensare tutto da capo - dalla radice (Kant, Marx), dalle radici: gli uomini e le donne, i molti, e il Rapporto-Fondamento che li collega e li porta - al di là della natura - nella società, e li fa essere ed esseri umani - dopo il lavoro in generale, il rapporto sociale di produzione in generale è la questione all’ordine del giorno nostro, oggi.

Riprendiamo. Allora, come si passa dalla “solitudine” naturale alla “solidarietà” umana e sociale, e cosa svela questa a quella? Vediamo. “Se dunque si esclude dal patto sociale ciò che ad esso non è essenziale, ci si accorgerà che si riduce ai seguenti termini [...] al posto della singola persona di ciascun contraente, quest’atto di associazione dà vita a un corpo morale e collettivo, composto di tenti membri quanti sono i voti dell’assemblea; da questo stesso atto tale corpo riceve la sua unità, il suo io comune, la sua vita e la sua volontà. Questa persona pubblica, che si forma così mediante l’unione di tutte le altre, assumeva in altri tempi il nome di Cité, e prende ora quello di repubblica [...]”(Contratto Sociale).

Cosa sta cercando di pensare Rousseau? Cerca di chiarirsi e di chiarirci il passaggio dallo “stato” di tanti “uno” (1.....1) al “nuovo stato” realizzato dal patto stesso - quello di UNO/molti, UNO/1+1...+1+1+1. Questo è il nuovo “soggetto” e questo il nuovo “fondamento” - la misura di tutte le cose, di quelle che esistono e di quelle che non esistono. E questo UNO non è mai un “uno”, ma è il Rapporto Sociale che dà sostanza e fondamento a tutti gli “uno”.

Basta con le robinsonate! Se è vero che “questa Terra è un’isola”(Kant), non è affatto e altrettanto vero che l’uomo si fa fa da solo (self made man). Noi siamo sempre in relazione - dalla nascita alla morte, e in tutti gli ambiti: esseri umani, solo in società - né dio né bestia, già Aristotele.

Che cosa svela il “patto di alleanza”? Svela che “Dio esiste”, che “solo Dio è sapiente”(Socrate), “solo Dio è buono”(Gesù), e che noi stessi siamo i figli e le figlie di “Dio”. Che i soggetti che fanno Uno sono due (1+1) e, nel momento in cui fanno Uno, avviene la loro “trasmutazione” (da “padri” e “madri” in “figli” e “figlie” del loro stesso “Figlio” ... che è il loro stesso “Padre” che li ha generati) e, così, il ri-conoscimento della loro differenza e della loro identità. E come 1 e 1, che hanno superato la loro ideologica e naturalistica isolatezza e sono diventati UNO/1+1....+1, aprono gli occhi sulla “natura” e “dio” e - “faccia a faccia” - vedono “Dio” stesso! “Vere duo in carne una”: un’altra “scienza della logica” e un’altra “logica della scienza”.

In democrazia, e nella democrazia non borghese, non vale più la logica dell’amico-nemico (la logica dialettica del padrone-servo), ma la logica dell’amico-amico (una logica chiasmatica e accogliente, nel rispetto reciproco della propria e della comune sovranità, concessaci dal nostro stesso RAPPORTO, PATTO di ALLEANZA - di fuoco di vita, non di distruzione e di morte infernale!

4.

ITALIA. NON CONFONDIAMO I LIVELLI ... e cerchiamo di non perdere la bussola della nostra sana e robusta COSTITUZIONE. Pensare e pensare, ma pensiamo democraticamente e correttamente. “Forza Italia”: Non è possibile e non è accettabile!!! E’ necessario continuare a tentare, continuare a cercare (cercate ancora: come ha detto, scritto e ricordato poco tempo fa, il ‘vecchio’, indomabile, libero e fiero Pietro Ingrao in onore di Luigi e di Giaime Pintor, ma anche di Claudio Napoleoni, che amava questa indicazione immortale). Non facciamo i furbi e le furbe, e soprattutto non accechiamoci reciprocamente né accechiamo gli altri e le altre che hanno i piedi e il cuore sulla base del nostro stesso Fondamento e la vita nell’orizzonte della nostra stessa Alleanza.

In giro ci sono già tanti e troppi pifferai ciechi, con strumenti sempre più sofisticati, pronti a farlo. Per questo, quale indicazione .... ? Chi si vuole porre fuori dal p-atto dell’Alleanza Costituzionale, è libero di farlo... ma non si metta sulla strada di Epimenide il Cretese, non si venda al mentitore e non faccia apologia di ... Baal-ismo!

L’“io voglio che Dio esista” di Kant - non dimentichiamolo - è da coniugare con la negazione della validità della “prova ontologica” e non ha nulla a che fare con tutti gli idealismi platonici o cartesiani ed hegeliani e marxisti, e porta alla conciliazione dell’“uno” con l’altro “uno” e di “Dio” con il mondo. Ma, a questo punto, con Kant come con Dante (Gioacchino da Fiore e Marx e Nietzsche e Freud ed Enzo Paci), siamo al di là di Hegel e dell’imperialismo logico-romano - alla Fenomenologia dello Spirito ... dei “Due Soli”(Dante). Sulla Terra - nell’oceano cosmico (Keplero, Bruno). La “rivoluzione copernicana” è ... appena agli inizi: “Plus ultra” (Bacone), “Sapere aude!”(Kant) - a tutti i livelli. Ed è “una seconda rivoluzione copernicana”(Th. W. Adorno). *

Federico La Sala


*

Sui temi qui accennati, mi sia lecito, si cfr. i seguenti lavori:

-  La mente accogliente. Tracce per una svolta antropologica di Federico La Sala, pubblicato nel 1991 da Antonio Pellicani Editore, Roma.
-  Della terra, il brillante colore. Note sul “Poema” rinascimentale di un ignoto Parmenide Carmelitano (ritrovato a Contursi Terme nel 1989) di Federico La Sala, pubblicato nel 1996 da Ripostes Edizioni, Roma-Salerno.
-  L’enigma della sfinge e il segreto della piramide. Considerazioni attuali sulla fine della preistoria in forma di lettera aperta di Federico La Sala, pubblicato nel 2001 da Ripostes Edizioni, Roma-Salerno.


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