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Politica addio?

"Pd" - Un partito democratico? Un partito nuovo? Ma di quale Italia e di quale Europa? "Note da lontano 13": un commento di Rossana Rossanda, prima della investitura di Walter Veltroni - a cura di pfls .

Il convitato di pietra di tutta la storia, quello che è stato ucciso e si spera sepolto, è la radice socialista della sinistra.
giovedì 28 giugno 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Il socialismo è stato declinato in molte maniere, ma un’idea forte aveva alla base, l’ insopportabilità politica, alla luce della modernità, di un modo di vivere e di produrre inuguagliante e strumentale come quello capitalistico, non regolato se non dal mercato. Sul come rimediarvi, se per riforme o per rivoluzione, è stato l’oggetto del contendere fra socialisti e comunisti, ma che quel «sistema» fosse intollerabile, per l’illibertà sostanziale che esso comporta per la grandissima (...)

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mercoledì 18 luglio 2007

Il direttore coraggioso

di Furio Colombo *

«Si affolla la gara per le primarie». Così inizia il suo articolo Stefano Menichini, direttore di Europa, organo dei “coraggiosi” che suggeriscono di smontare il palco dell’attuale centrosinistra per rimontarlo un po’ più vicino a Berlusconi.

Curiosa apertura di un articolo dedicato da un quotidiano politico non a una “gara” ma alle elezioni primarie per la carica di segretario del nascente Partito democratico. Ancora più curiosa l’immagine che il direttore evoca per i suoi lettori. Si “affolla” una “gara” che sabato 14 luglio era di uno (Walter Veltroni), il 15 luglio era di due (Walter Veltroni e io) e lunedì 16 era di tre (quando si è aggiunta felicemente Rosy Bindi).

Dopo un’apertura così poco giornalistica (a lui tre persone che vorrebbero confrontare idee e progetti per un nuovo grande partito sembrano una folla), segue un elaborato in cui Menichini perde il filo forse perché cautamente assente dagli anni di Berlusconi in cui Padellaro e io, solo per l’ostinazione di dirigere un giornale antiberlusconiano, venivamo definiti terroristi, omicidi (”testata omicida” era la definizione che ci spettava, mentre Menichini era probabilmente a Lugano) querelati quasi una volta al giorno (mai sui fatti), citati a giudizio in cause civili milionarie dalla batteria di avvocati di casa Berlusconi-Previti- Dell’Utri.

Se il direttore di Europa, invece che in un dorato esilio (così si deve immaginare a causa della sua memoria totalmente sgombra da persone e fatti realmente accaduti dal 2001 al 2006) si fosse trovato a vivere in Italia avrebbe notato che questo giornale - si è accorto delle violenze cilene accadute al G8 di Genova (un ragazzo ucciso e centinaia di feriti nel modo più brutale) come debutto democratico del duo Fini-Berlusconi, molto prima delle rivelazioni giudiziarie e delle drammatiche confessioni di parti in causa;

-  si è schierato con il Palavobis prima di sapere che invece di 400 o 4.000 partecipanti ci sarebbero stati 40.000 protagonisti di libertà (quella sì era una folla);

-  ha lavorato a sostenere tutti gli eventi liberi e tutti i girotondi fino all’autoconvocazione, senza cestini pranzo e autobus pagati, di un milione di cittadini in Piazza San Giovanni;

-  si è occupato giorno per giorno di ogni legge vergogna e di ogni Tv vergogna (direttori di grandi quotidiani che sedevano due ore in silenzio attorno al facondo monologante Berlusconi, sostenuto dal sorriso di Bruno Vespa, senza interromperlo mai);

-  si è meritato sia ripetute minacce di morte (il giornale ha dato notizia solo di quelle pubbliche, le altre le ha girate alla Digos) sia lo spionaggio personale e quotidiano per cinque anni, pedinamenti inclusi, di quella parte o gruppo dirigente del Sismi che è adesso al centro di una vasta inchiesta giudiziaria.

Menichini mi accusa di «presunzione di superiorità morale». Diciamo che, con Padellaro e tutti i miei colleghi de l’Unità, abbiamo lavorato per la fine della clamorosa e vergognosa illegalità che dominava sotto Berlusconi. E Menichini no. Nessuno si sarebbe sognato di rimproverargli la sua prudente assenza dalla scena. Dopotutto Berlusconi, senza il Palavobis, senza Piazza San Giovanni, senza centinaia di girotondi, senza la mobilitazione di tanti cittadini altrimenti estranei ai partiti e alla politica, e senza l’Unità (il solo giornale politico europeo con 70mila copie vendute) avrebbe potuto durare dieci anni e anche più, continuare il massacro delle nostre libertà, il controllo totale delle televisioni e la immagine ridicola e penosa dell’Italia, nata il giorno del non dimenticato scontro con l’eurodeputato Schultz, che Berlusconi ha chiamato kapò.

Ma adesso è Menichini che un po’ bizzarramente fa l’elenco di ciò che noi, secondo lui, non avremmo fatto. Ci vuole coraggio, ma dopotutto Menichini fa parte dei “coraggiosi”. Sentite. Avremmo dovuto (noi, l’Unità e il suo direttore) in piena epoca berlusconiana tener testa a Prodi, sfidarlo a quelle primarie; avremmo dovuto andarci piano con Berlusconi. Dopotutto è stato scelto da metà del Paese. Pensate alla fortuna dei cittadini americani che nessuno ha ammonito ad andarci piano con Bush, neppure quando aveva il 70 per cento di gradimento. E infatti adesso il suo gradimento è al 34 per cento. Si chiama democrazia.

Io, personalmente, dovrei essere molto prudente nelle primarie, mi ammonisce Menichini. Vedessi mai che le vinco. «Berlusconi - dice lui con una gentile affermazione di stima nei miei confronti - lo affosserebbe in tre giorni». Con il Sismi dei tempi di Berlusconi e tutta la televisione ferreamente sotto controllo, pena il licenziamento immediato, è possibile. Ma se la vita italiana fosse normale, Menichini pensa davvero che l’uomo rifatto di Arcore sia così irresistibile? Se lo immagina Berlusconi eletto a plebiscito in Francia o anche solo in Costarica? Senza Vespa, senza Confalonieri, senza i ragazzi a gettone di Dell’Utri e la folla napoletana che, sono certo, non si lascerà umiliare una seconda volta da quelle domande tipo spot dei telefonini a cui bisogna rispondere in coro “siiii” e “noooo” come non si vede neppure in “Fascisti su Marte”?

Menichini si domanda perplesso come Padellaro, Travaglio, Flores, e io (per dire i peggiori) ce la faremmo mai a battere Berlusconi.

Semplice, Menichini: prima di tutto smettere di venerarlo, smettere di pensare che sia astuto, good looking, affascinante, moderno e invincibile.

Chiamiamo a testimone Veronica Lario. Lei - che lo ha visto da vicino - ha voluto farci sapere che, a differenza di ciò che credono alcuni della Margherita (e anche alcuni Ds) l’uomo rifatto di Arcore viene dal più profondo e umiliante passato italiano.

Bello però il titolo di Menichini: «Con quelli non vinceremo mai». Ce lo avevano già detto, a cominciare dal 2001 e nei giorni della rinascita de l’Unità, molti suoi colleghi, quando lui era a Lugano. Noi testardamente siamo andati avanti. Pazienza, Menichini. Per il momento Berlusconi non governa. Nonostante lo spionaggio, le accuse, le calunnie, le querele milionarie, non ci ha spaventato, non ci ha affascinato e non ha vinto. Per il futuro, perché non augurare buona fortuna a chi non smette di provare, e di dare il suo contributo per un po’ più di dignità e di libertà in Italia, sempre che Europa sia, oltre all’ Unità, l’altro giornale del Partito democratico?

furiocolombo@unita.it

* l’Unità, Pubblicato il: 18.07.07, Modificato il: 18.07.07 alle ore 7.50


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