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Editoriale

San Giovanni in Fiore: le "Brigate rotte" iniziano alla grande il loro percorso, pienone al concerto di Marco Posse e Gennaro De Rosa, dibattito partecipato sul rapporto fra musica e vita e tanti giovani ad esprimere un’idea diversa di civiltà e sangiovannesità

mercoledì 25 aprile 2007 di Emiliano Morrone
Voglio pubblicamente ringraziare Michele Alessio, Giuseppe Maida, GB, Giusy, Mariolina, Perluigi Talarico, Vincenzo Tiano, Giovanni "Banana" e gli altri per la bellissima iniziativa di ieri, a San Giovanni in Fiore.
Pierluigi e Vincenzo sono più in là cogli anni, ma hanno dato un contibuto forte, non solo per la giornata del 24 aprile.
Come molti lettori sapranno, questi ragazzi, Michele e gli altri, che hanno scelto di chiamarsi "Brigate rotte", hanno organizzato una manifestazione (...)

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Qui non si arrende nessuno

giovedì 26 aprile 2007
Ho partecipato con entusiasmo e gioia all’iniziativa messa in campo dai giovani dell’officina “brigate rotte” e mi sono fatto un’idea. L’officina “brigate rotte” nasce un po’ a coronamento delle esperienze che in questi mesi i ragazzi hanno fatto. Infatti, quest’anno la nostra città, San Giovanni in Fiore, ha registrato un aumento della partecipazione politica dei giovani. Dopo anni di riflusso che hanno determinato una totale assenza di lotte (le ultime significative che ricordo risalgono al 2002, quindi ben 5 anni fa) c’è stato un risveglio. C’è stata una prima manifestazione per le strade della città contro la finanziaria e i tagli che sono previsti per la scuola pubblica, c’è stata poi una cospicua partecipazione di giovani delle scuole superiori al corteo del 17 novembre a Cosenza in occasione della giornata mondiale dello studente e i giovani di San Giovanni in Fiore hanno partecipato ad uno spezzone di sinistra del corteo dove si scandivano anche cori del tipo “non ci sono governi amici”; infine (non certo per importanza) c’è stata la street parade antimafia che ha segnato il livello più alto di partecipazione giovanile in quest’ultimo periodo. E adesso nasce officina “brigate rotte”. C’è stata come una sorta di presa di coscienza: quando si è stanchi di subire supinamente le decisioni politiche ci si organizza e allora nascono collettivi, coordinamenti, laboratori politici e così via. E per me che impiego gran parte della mia vita in esperienze di questo tipo, non può che essere una gioia l’iniziativa di officina “brigate rotte” che potrà diventare, se lo si vuole, un catalizzatore di tutti quei giovani che hanno voglia di rialzare la testa e tornare a manifestare il dissenso. Credo, però, che in un’esperienza del genere si debbano fare delle scelte. Mi è capitato di leggere che questa vuole essere un’iniziativa imparziale. A mio giudizio sarebbe una linea sbagliata. Per dei semplici motivi. Partirei da qui: ieri è stato il 62° anniversario della liberazione d’Italia dal fascismo, il 25 aprile è una festa nazionale che ricorda uno degli eventi più belli della storia contemporanea: la resistenza partigiana che fu una guerra di classe contro le camicie nere, una lotta per liberare l’Italia non solo dalla dittatura fascista, ma per conquistare più ampi spazi di libertà, per ridare dignità alle categorie sociali più deboli, come gli operai, stanchi dello sfruttamento e dell’oppressione. A distanza di 62 anni non si può fare a meno di rilanciare le indicazioni di quella lotta: oggi come ieri l’antifascismo deve essere una discriminate politica chiara. Soprattutto a fronte del fatto che c’è una preoccupante ripresa dell’estrema destra in tutta la nazione, in diversi posti aprono circoli di partiti che si richiamano al fascismo e ad esperienze altrettanto tristi come il nazismo e che inneggiano alla discriminazione razziale considerando chi ha un diverso colore della pelle uno straniero, un diverso, un emarginato. E anche nella nostra città vengono i brividi quando, passando dalla fontana della “Maronnella”, alzando leggermente lo sguardo, si leggono frasi del tipo “chi osa vince” e si vede, con tanto di bandiera tricolore, una sede intitolata a Sergio Ramelli. In questo senso officina “brigate rotte” dovrebbe essere un’organizzazione innanzitutto antifascista e anche solo in merito a ciò non può essere qualcosa di imparziale. A ragione bisognerebbe riappropriarsi di certi simboli, certe tradizioni, parole d’ordine che richiamano le esperienze più significative delle contestazioni giovanili a partire dal sessantotto e dagli anni settanta fino alle lotte di oggi quelle che vedono numerose comunità locali mobilitarsi per la difesa del territorio come è successo in Val di Susa contro l’alta velocità, come di recente è avvenuto a Vicenza contro la base militare americana. Esperienze come quella degli studenti francesi contro il contratto di primo impiego, una lotta esemplare che l’anno scorso ha visto una giovane generazione rialzare la testa e tornare a battere il governo e le sue politiche dal fronte delle lotte di piazza. Sono così ritornate le occupazioni, i cortei, le assemblee che sembravano ricordi di un passato ormai remoto ma che invece sono assai attuali. E penso che officina “brigate rotte” dovrebbe ripartire proprio da queste esperienze con un deciso “no” a tutte le guerre anche quelle che ipocritamente vengono fatte in nome della pace e della democrazia, le stesse guerre che il governo Prodi e tutti i suoi partiti da Rifondazione Comunista all’Udeur stanno portando avanti come nella precedente legislatura ha fatto il governo Berlusconi. E proprio oggi che non ci sono differenze sostanziali fra centrodestra e centrosinistra sulle scelte politiche di fondo (come la guerra) un’esperienza come quella di officina “brigate rotte” non può che essere un’esperienza carica di positività. Il fatto che siano giovani, anzi giovanissimi, a portare avanti questa idea è ancora di più sinonimo di combattività, di voglia di fare, di mettersi in discussione, di non avere paura e dire fuori dai denti quello che si pensa anche se si deve andare incontro alle critiche (spesso gratuite) di un perbenismo diffuso soprattutto in una piccola città come la nostra dove la morale dei benpensanti è difficile da sradicare. Ma bisogna essere disposti a combattere anche nel caso in cui le istituzioni cercheranno di fare un tentativo egemonico e soprattutto nel momento in cui cercheranno di ostacolare un lavoro che è espressione del ribellismo giovanile. Ma proprio per questi motivi ci sono delle ragioni in più per andare avanti. Vorrei chiudere questo mio breve intervento ricordando un bel episodio della rivoluzione cubana e della storia di un uomo che diede la vita per la causa della libertà e dell’uguaglianza un uomo che divenne icona della contestazione giovanile: Ernesto “Che” Guevara. Il “Che” era stato arruolato sul Gramna (l’imbarcazione dei rivoluzionari cubani) come medico e immediatamente dopo lo sbarco sulle coste dell’isola di Cuba venne ferito al petto da un soldato dell’esercito di Batista. La ferita era grave, ma il “Che” alla intimazione dei soldati avversari ad arrendersi rispose: “qui non si arrende nessuno”. E andò avanti sulla strada della rivoluzione. Questo vuole essere un invito a non abbassare la testa e ad indignarsi di fronte alle ingiustizie e ai soprusi che questa società quotidianamente ci riserva. Non mi resta che fare, per quel che contano, i miei migliori auguri ai ragazzi di officina “brigate rotte” dichiarandomi da subito disponibile a dare loro una mano.

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