Il lungo silenzio nel paese dei «mostri»
di Mariuccia Ciotta (il manifesto, 26.04.2007)
Rignano Flaminio è diventato «il paese degli orchi», la Twin Peaks degli abusi sessuali, un villaggio dei dannati dove accadono cose indicibili, e proprio nel rifugio dei bambini, la scuola. Leggiamo di «diavoli» incappucciati, di pratiche sado-maso, di piccoli narcotizzati, di maestre partecipi e complici dell’abuso, di un paese nei dintorni di Roma che sbarra le porte alle autorità e per mesi e mesi continua a violentare i suoi figli. Tutto cominciò, infatti, il 13 ottobre 2006 quando i carabinieri entrarono nell’istituto «Olga Rovere» e interrogarono i sospettati. Seguirono altre ispezioni della regione e del ministero, ma nulla accadde fino a ieri, fino agli arresti dei sei indagati sbattuti sulle prime pagine dei giornali.
Eppure c’è qualcosa che non va in tutta questa storia. È proprio vero che la comunità ha voluto difendere se stessa a tutti i costi? Che si è barricata nel feudo delle sue villette, del suo «bar storico», delle sue insegnanti di lunga data fino al punto di chiudere gli occhi sul traffico di scolaretti serviti nell’ora di ricreazione a una banda di pedofili?
Sappiamo che non è così, che decine di genitori, allertati dagli incubi e dalle ferite dei loro bimbi, hanno a lungo chiesto aiuto, si sono appellati alle istituzioni e invano hanno preteso la sospensione cautelare dei sospetti. Le autorità, però, hanno risposto con sorprendente lentezza. Incredule. In gioco, infatti, c’era l’entità fondante la società, quella «famiglia ideale» che ha vinto contro la materialità dei corpi, la relazione d’amore, la realtà.
Due delle maeste arrestate facevano le catechiste in parrocchia, e il parroco ha subito gridato alle «malelingue». Un altro indagato è un personaggio noto, intrattenitore tv di buone domeniche e di zecchini d’oro, che lavora a un’emittente della Cei e insegna alla Cattolica. Forse sono tutti innocenti, ma certo rappresentano il luogo intoccabile della retorica familiare, sono loro il «feudo», immaginario, dei valori ai quali molti politici fanno appello.
Rignano Flaminio ha dovuto aspettare che l’incantesimo si dissolvesse per essere ascoltato. La complicità, che ha permesso di coprire per tanto tempo gli orrendi crimini, non è fatta solo di notabili o di una rete di fiancheggiatori, ma di un sistema mentale che salda scuola, famiglia e chiesa, e ne fa baluardi contro il male. Il mostro nell’armadio c’era davvero, c’è sempre, e sarebbe bastato aprire quella porta per scoprirlo. Invece, i piccoli hanno continuato a incontrarlo, giorno per giorno, in attesa che qualcuno credesse all’esistenza delle «cattive maestre», persone dall’aspetto rassicurante, simbolo dell’armonia, madri. Ma l’immagine protettiva si è dissolta, e non restano che i lupi, quelli disegnati dai bambini di Rignano Flaminio.