Sono orchi oppure no?
di ELENA LOEWENTHAL (La Stampa, 27/4/2007)
Come vuole il frasario di circostanza, tocca ora alla magistratura far luce sulla turpe vicenda dell’asilo di Rignano Flaminio. Per intanto, il paese è sotto gli impietosi riflettori della celebrità. Fra il debito riserbo di un’istruttoria in tribunale e la ribalta mediatica, c’è però un ingombrante cono d’ombra in cui, nostro malgrado, siamo finiti tutti: la tremenda ambivalenza di questa storia. Il fatto che un gruppo di adulti vocato alla cura dei bambini ne prelevi alcuni da una scuola materna per abusarne con metodica perversione, è al tempo stesso verosimile (come sostiene l’accusa) e assurdo (come dal carcere gridano i presunti colpevoli).
Una peste grigia nella nostra normalità
Questa ambiguità ci assilla tutti indistintamente, perché la pedofilia è sempre più dentro le nostre case, insinuata nella nostra normalità: passa per il piccolo schermo fra le notizie di cronaca, in allusione nella fiction di prima serata. Sta nell’armamentario delle più innocue battute di spirito, di quelle che ci si scambia a tavola. Incredibile ma vera, la pedofilia è ormai la peste grigia della nostra quotidianità: la cerchiamo e ne rifuggiamo ovunque. A maggior ragione, proprio là dove è impossibile che ci sia: nelle scuole materne. Nel cerchio ristretto degli affetti familiari.
In questo regime di diffidenza tanto incredula quanto sconfinata, abbiamo degli alleati sempre più solerti: i bambini. Toccati dalla malaugurata popolarità della devianza, informati e allertati, loro sono prede sempre meno ignare e sempre più sulle - disperate - difensive. La comune consapevolezza del pericolo, e del fatto che il pericolo possa annidarsi anche dove meno te lo aspetti, non è però fonte di coesione. Anzi.
La popolarità della pedofilia - cioè il suo posto fisso in prima pagina per un verso e la sua inimmaginabile, capillare diffusione per l’altro - sta infatti ridisegnando i rapporti fra adulti e bambini. Questi due universi diametralmente opposti si fondano da sempre su un’ineccepibile legge di gravitazione: quella della fiducia. Dell’affidarsi degli uni alle cure degli altri. Fra noi e i nostri figli non c’è dinamica affettiva, non c’è contatto o contrasto che non stia sospeso, in fragile ma costante equilibrio, entro questo campo di attrazione.
Tra grandi e piccoli, reciproca allerta
La quotidiana ingerenza della pedofilia nella nostra normalità, invece, sta scardinando questa legge primordiale: insinua il tarlo al posto della fiducia, induce sguardi in tralice invece che dritti negli occhi. Si sta instaurando la regola della reciproca allerta: da parte dei bambini, ovviamente, che sono guardinghi, ispidi come porcospini smarriti in mezzo a una strada asfaltata. Sanno, anche i più piccoli, che gli orchi sono fra loro. Magari vicinissimi. Ma anche degli adulti, che si ritrovano a trattenere uno slancio di effusione pur di non generare sospetto. Ed esorcizzare l’equivoco con una battuta di spirito il più delle volte lascia strascichi di dubbio. Questo stato di allarme latente rende tutto meno spontaneo: è come se avessimo, gli uni e gli altri, rinunciato a una fetta della nostra sincerità. In nome della prudenza. La cronaca non dà tregua a questo stato di patologia se non conclamata, certo diffusa. La peste grigia della diffidenza sta cambiando i rapporti fra grandi e piccoli, rendendo questo nostro mondo crudelmente sproporzionato per entrambi.