Gli orrori e gli errori
di Roberto Cotroneo *
E adesso? Adesso che il tribunale del Riesame di Roma ha accolto il ricorso nell’inchiesta per i presunti casi di pedofilia nella scuola materna di Rignano Flaminio e ha scarcerato cinque dei sei arrestati alla fine dello scorso aprile (la posizione del sesto verrà esaminata il 15 maggio)? Adesso cosa succederà? Quali danni tremendi sono stati fatti? Ma soprattutto che inchiesta è mai questa? Sono domande che pesano come dei macigni. Per un motivo fondamentale. Il genere di accuse è terribile: abusi sessuali su bambini di poco più di quattro anni. Abuso perpetuato nel tempo da educatori e complici.
All’interno di una scuola materna, dentro la logica di una vera e propria associazione per delinquere. Il genere di accuse, forse tra le peggiori e gravi che si possano immaginare, ha sconvolto il piccolo paese alle porte di Roma, ha scatenato rabbie, dubbi e angosce. E molti giornali hanno pubblicato i nomi degli arrestati. E ci sono state risse, rancori, dichiarazioni di innocenza, tensioni. Ora il tribunale del Riesame ha detto no, che non c’erano motivi sufficienti per tenere in carcere queste persone. Allora vanno fatte alcune considerazioni.
1. La qualità dell’inchiesta. Che qualcosa non tornava si era capito subito. Tre genitori di bambini di quattro anni vanno a denunciare ai Carabinieri di Bracciano, maltrattamenti e abusi subiti dai loro figli all’interno della scuola materna. Abusi e maltrattamenti dedotti da comportamenti anomali, compulsivi e improvvisi soprattutto nella sfera sessuale.
Siamo alla metà di luglio del 2006. Tutto è decisamente raccapricciante. I Carabinieri cominciano a indagare. Ma la scuola di Rignano in estate è chiusa, e dunque tutto rimane come sospeso e rinviato alla riapertura dell’anno scolastico. Nel frattempo altre tre coppie di genitori si presentano per lo stesso motivo dai Carabinieri di Bracciano. Vengono informati i magistrati competenti, il ministero della Pubblica Istruzione e la preside della scuola «Olga Rovere».
Quando arriva l’autunno la psicosi dei mostri ha contagiato tutti. E alcune madri avanzano persino il sospetto che siano anche alcuni padri gli autori degli abusi. Non si riesce a capire come sia possibile svolgere quell’inchiesta senza inquinamenti e suggestioni collettive. Quando a fine marzo l’inchiesta è conclusa, e vengono arrestati i sei, la faccenda si complica ancora di più. L’assistente sociale interroga i bimbi di quattro anni senza filmare i colloqui. E questo è un errore. Alcuni genitori, videocamera amatoriale accesa, filmano invece i figli mentre fanno loro domande piuttosto esplicite e sconvolgenti.
Via via molti dubbi affiorano: il benzinaio ad esempio dice di avere un alibi. Vengono controllati i tabulati delle società telefoniche, per controllare sms e mms che sono partiti dai telefonini degli arrestati. In molti parlano di perizie ai bimbi, ma i risultati, vista la decisione del tribunale, non devono essere particolarmente convincenti, o forse non è stato possibile accertare gli abusi con una metodologia clinica. Ultima cosa, i Ris, che hanno esaminato con il rigore che gli conosciamo, i locali della scuola, non hanno trovato né tracce e né prove.
2. Era un’inchiesta così difficile? Era davvero così difficile appurare non dico una verità, per ora, ma almeno degli indizi probanti e indiscutibili? In un paese molto piccolo, in una scuoletta che stava sotto gli occhi di un intero paese? In una rete di persone circoscritta e che prima d’ora godeva di una reputazione ineccepibile, e che abitava e si muoveva nello spazio geografico di dieci chilometri quadrati? Era difficile capire da subito se si potevano rintracciare gli eventuali video che sono stati girati? C’era la possibilità di capire dai bambini se non erano vittime di comportamenti imitativi, visto che sono assai piccoli, o se invece si trattava e si tratta di qualcosa di molto più concreto?
3. Non c’è una logica. Perché oltretutto se si fa un’inchiesta così grave, e in un contesto così piccolo, che dura nove mesi, è impensabile che in paese non si sussurrasse, non si sapesse, non girassero voci, e non si mettessero in allarme eventuali colpevoli. Quando tutto è scoppiato lo stupore e l’orrore dell’Italia intera è stato grande, ma a Rignano hanno semplicemente tirato le somme di un drammatico passaparola.
4. E adesso cosa accadrà delle madri e delle famiglie che hanno denunciato? E che dopo la denuncia hanno subito intimidazioni e minacce? Adesso che i clacson delle auto di Rignano Flaminio hanno suonato per un pomeriggio, come fosse un corteo di nozze? Le auto dei familiari e degli amici che andavano a riprendere gli arrestati a Rebibbia? L’inchiesta non è conclusa, molte verità vanno accertate, e per ora gli indagati sono stati scarcerati perché non ci sono gravi indizi a loro carico. Ma da questo momento per le famiglie che hanno denunciato non saranno giorni facili. E se verranno accertati gli abusi, saranno giorni amari. Che dicono soprattutto una cosa: con inchieste di questo tipo, quanti in futuro avranno il coraggio di denunciare?
5. I bambini. Sono 16 secondo l’accusa. Sedici bambini abusati. Interrogati come meglio veniva, senza filmare. E poi interrogati senza il minimo tatto e la minima attenzione da parte di genitori angosciati che non hanno strumenti culturali e psicologici per fare domande così inquietanti e così delicate. Non rischiamo di trasformarli in vittime per due volte, questi poveri bambini? Comunque andrà, qualunque cosa in futuro si accerterà, per loro sarà comunque stato un calvario doloroso. Anche se non sono stati abusati, nelle loro piccole vite di tre o quattro anni è arrivato comunque la paura e il dolore. Per non dir di peggio.
6. Ultima breve considerazione. Di chi è la colpa? Se c’è una colpa. La domanda rimane aperta. Ma a questo punto delle cose, qualunque verità si accerti, sarà terribile. E le ferite non si rimargineranno mai più. roberto@robertocotroneo.it
* l’Unità, Pubblicato il: 11.05.07, Modificato il: 11.05.07 alle ore 8.36