L’ultimo abuso
di Manuela Trinci *
L’indignazione sale ed è giusto che salga. Peraltro niente è più facile che indignarsi, esclamare e declamare, sgranare gli occhi o rimanere a bocca aperta, interdetti, laddove si parli di bambini: di abuso sui bambini.
Logico quindi che quei quattro minuscoli volti maldestramente schermati e offerti in pasto ai telespettatori del Tg5 siano destinati a sollevare ulteriori scalpori, amplificando e spettacolarizzando un fatto che avrebbe dovuto rimanere assolutamente riservato fra la “macchina della giustizia” e loro stessi, i bambini della scuola materna di Rignano Flaminio testimoni in quel complesso caso di abuso che da mesi compiace Auditel e Audipress, offre materia per l’intrattenimento sociale, sollecita manifestazioni di voyeurismo collettivo.
Ma quest’ulteriore tassello, costituito dalla messa in onda dell’ “incidente probatorio” (nome tecnico che designa l’interrogatorio dei piccoli testimoni) che riguarda i bambini-testimoni di Rignano è stato davvero un’esagerazione, una prova di forza mediatica che viola in maniera gravissima il diritto a “essere bambino”.
Una stanza, un tavolo, alcuni giocattoli, fogli matite e pennarelli e due sedie, una per il Consulente Tecnico d’Ufficio (C.T.U., psicologo\psicologa) l’altra per il piccolo interrogato. Questo l’arredamento, il tipico assetto, del luogo nel quale accade il fatto. In più uno specchio “unidirezionale” che consente alla nutrita schiera di legali, ai consulenti di parte, giudici, segretari e talora ai genitori, di vedere quanto accade nella stanza senza però essere visti, senza che il piccolo sia consapevole che le sue parole, i suoi gesti e le sue movenze saranno, nella realtà dei fatti, minuziosamente osservati vagliati e interpretati.
È un tentativo che inspira tutti i principi della psichiatria forense quello di rispettare i sentimenti di bambini che soprattutto nella fascia d’età della quale stiamo parlando (scuola materna) si sentono inermi, completamente in balia dell’adulto. Bambini, fra l’altro, che stanno facendo i conti con nuovi affetti e emozioni dentro di loro: il pudore, la ritrosia, la paura di mostrarsi; sentimenti questi che trasformano gradualmente il piccolo allegro e fantasioso esibizionista di una volta in un bambino riservato che si appresta ad entrare nella “età della ragione”.
Ed è di questo mondo interno, di questo mondo a parte dei bambini che il direttore del Tg5 non ha tenuto conto. Di quanto, vale a dire, sia fonte di sofferenza per loro un “interrogatorio” che per quanto condotto con il dovuto garbo e competenza rimanda a una nudità psicologica imposta e non voluta. E rimanda a sentimenti profondi di colpa, al timore di sbagliare, un po’ sospesi come sempre sono i bambini fra il dire e il non dire, eppure ormai consapevoli che le bugie non sono più quelle di Pinocchio, che la verità che i “grandi” cercano può essere diversa da quella che i "piccoli" hanno e che soprattutto per loro non arriverà in soccorso la Fata Turchina. Questi piccoli testimoni pagano già il prezzo alto di un abbandono obbligato del mondo dell’illusione, dell’entrare nelle cose del mondo giocando e fantasticando.
Se a questo aggiungiamo la vergogna che qualsiasi esibizione subita passivamente provoca nei ragazzini fra i quattro e i cinque anni, il danno orchestrato da Mediaset non è di poco conto.
La segretezza, per un bambino che debba subire un “incidente probatorio”, è fondamentale. Il sapere che quanto verrà detto è “un segreto” rassicura il piccolo testimone, lo fa sentire protetto. Anzi, spesso al loro arrivo nella stanza dove avverrà il colloquio, i bambini puntano l’indice, guardano, si specchiamo in quello strano, inconsueto, enorme, specchio, chiedendosi, proprio come Alice, se dentro lo specchio, oltre lo specchio ci sia qualcuno, un altro mondo.
Bambini vivaci, intelligenti, sospettosi, curiosi, “normali” come lo sono i bambini di Rignano. Bambini che hanno una loro vita quotidiana, fatta di amici, di gelosie, di bugie, di vacanze, di furbizie, di voglia di gelato e patatine, di innamoramenti feroci e di rabbie a prova di coda di lucertola. Bambini ordinari. Bambini che proprio come quelli di Rignano Sabino hanno alle spalle una famiglia, un padre e una madre oggi più che mai offesi e colpiti a tradimento proprio nella loro capacità di proteggere e di fare da schermo ai propri figli.
Un attacco allora tanto più grave e vergognoso quello che Clemente Mimun, direttore del Tg5, mano mediatica dell’opposizione, scaglia contro quelli che sono i cardini della famiglia, di quella stessa famiglia della quale la destra vorrebbe farsi paladino.
E allora ben venga chi in proposito parla di “porcate”, di responsabilità gravissime che potranno addirittura inficiare la “ricerca della verità”, o chi si appella ai codici penale e civile o alla Carta di Treviso e chi del direttore esige le ovvie dimissioni. Ben venga. Purché tutto questo, per citare Don Milani, non si trasformi in quella terribile inerte “carità pelosa”, tipica dei borghesi e dei benpensanti, fin troppo convinti che certe “brutte cose” non accadranno ai loro figli e nipotini. Esistono molte e differenti infanzie, rifletteva il parroco di Barbiana, a noi il compito di proteggere i più deboli.
* l’Unità, Pubblicato il: 20.07.07, Modificato il: 20.07.07 alle ore 7.54