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Eu-angelo e democrazia: "esperienze pastorali"

Don Lorenzo Milani, la Scuola di Barbiana, e la "Lettera a una professoressa". Un "ricordo" di Francesco Erbani - a cura di Federico La Sala

venerdì 11 maggio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Libro-manifesto, si è detto, consegnato al mondo contadino di Barbiana, utopico e indigesto. Ma quel volume, suggerisce Giorgio Pecorini, che ha frequentato il prete per dieci anni, «non deve esser letto come un ricettario, ma come un atteggiamento etico». «Spesso gli amici (...) insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi (...)», annota don Milani in Esperienze pastorali, pubblicato nel 1958, quattro anni dopo l’arrivo a Barbiana. «Sbagliano la domanda, (...)

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lunedì 21 maggio 2007

LETTERA AL PRIORE DI BARBIANA *

di Alberto B. Simoni

Caro don Lorenzo,

la lettera è la forma letteraria che hai privilegiato, non solo per comunicazioni personali, ma anche per interventi pubblici, fino a quella “Lettera ad una professoressa” che ci hai lasciata come tuo testamento. Ricordo il giorno della prima presentazione a Roma, a cui partecipai, e fin da quel momento sentii il desiderio di scriverti, semplicemente per dirti grazie. Perché mi rendevo conto di quanto ti fosse costato tutto quel lavoro con i tuoi ragazzi e di quale dono ci aveste fatto..

Anche senza essere un custode della tua memoria e conoscitore di tutti i tuoi scritti (ma so che non ha dato patenti od esclusive a nessuno!), voglio dirti grazie per la tua vita di uomo, di cristiano, di prete: per la tua testimonianza, che hai racchiuso nelle parole “I care”. Ci dicono tutta la tua passione, dedizione, combattività e perseveranza nel cercare ed indicare vie nuove di servizio del Vangelo, perché arrivasse ai suoi destinatari senza troppe mediazioni e con terreno ben preparato. Non a tavolino, ma tra la gente e con la gente, in simbiosi con loro. Grazie per quello che sei stato ed hai vissuto, prima ancora che per il simbolo che sei diventato e che forse non avresti voluto mai essere!

Ma proprio questo innocente tradimento - che ti mette in cattedra, quando tu preferivi metterci i tuoi ragazzi - mi induce a chiederti di perdonarci, per come ti abbiamo utilizzato senza seguirti. Sì, ti abbiamo fatto a pezzi, e ciascuno ha preso quello che meglio credeva a proprio uso e consumo, mentre tu sei stato sempre tutto di un pezzo, senza mai cedere a mode, lusinghe, minacce, condanne. Ti abbiamo trasformato in suggeritore di formule, di proposte, di proteste, di ribellioni, senza mai andare al di là della tua scorza, per solidarizzare per quanto possibile con te e prendere in mano il tuo testimone, fatto di consacrazione piena al servizio del Vangelo per i più poveri, fino a fare “esperienze pastorali” e fare “scuola”, in modo da ridare dignità e sovranità alle persone, ai cristiani, alla Chiesa stessa. Abbiamo colto i frutti di stagione, ma non ci siamo innestati sul tronco di cui sei stato robusta pianta. Sei diventato per molti maestro di pedagogia e di viva coscienza civile - che non è poco. Ma purtroppo è andata dispersa o si è volatilizzata quella linfa vitale che avresti voluto immettere nella Chiesa, che ha avuto paura di essere da te contagiata e di sentirsi costretta a capovolgere la sua abituale e tradizionale scala di valori. Magari questa chiesa ha fatto di te un fiore all’occhiello per la sua credibilità davanti al mondo, ma continua - continuiamo - a tenerti alla porta, dove del resto hai preferito stare, nel senso in cui dicevi a Pipetta. Con la tua parola di verità, hai fatto giustizia di tante sue incrostazioni e avresti voluto ridarle un volto umano. Non sei stato riconosciuto e accolto tra i tuoi, e noi oggi siamo daccapo a dover ritrovare l’essenzialità tra le tante cose spurie di cui siamo ripieni e appesantiti e tra le troppe parole inutili di cui dovremo rendere conto. Nel tuo laboratorio umano sempre aperto, non ti sei stancato di inventare e cercare, sapendo che Dio può far nascere i suoi figli anche dalle pietre: sempre sensibile a chi ti stava accanto e attento a quanto succedeva intorno, non hai mai sperso di vista il tuo obiettivo e alla fine non l’hai mancato: entrare nella giustizia del Regno dei cieli passando per le cruna di un ago..

Ma anche se non ti abbiamo preso abbastanza sul serio, ci hai dimostrato che è possibile venirne a capo, o, come dicevi meglio tu, “sortirne” e sortirne insieme. A patto che rinunciamo a risonanze fatue, a soluzioni facili, a consensi, a paure, a stanchezze e condividiamo con te convinzione e determinazione, come chi ha messo mano all’aratro e non deve voltarsi indietro. Spesso ci siamo rifatti all’insegnamento che ci hai dato con la lettera a Pipetta, per non diventare dei conquistatori e vincitori, ma rimanere solidali con quanti necessitano di pari dignità ed opportunità. Per farci aiutare dalle tue parole a guardare in faccia le cose, abbiamo ora ripreso la “Lettera dall’oltretomba” (ancora una lettera!) e un passo dal libro che, oltre fatica e sofferenza, ti è costato l’emarginazione: “Esperienze pastorali”. E questo perché ci stiamo interrogando - non accademicamente, ma sollecitati dai fatti - sull’essere cristiani, quando le tue previsioni sono ormai realtà e i rimedi che suggerisci sono sempre validi. Ammesso che ci stiamo risvegliando ora, chissà che non sia ormai troppo tardi, e forse continuiamo a mescolare troppe estranee cause con quella di Cristo.

Ci solleciti a riconoscere l’illogicità del nostro modo di essere cristiani e a deciderci per una scelta coraggiosa e coerente, ma tutto sembra cadere nel vuoto, perché perdura lo stato di inferiorità e minorità culturale degli uditori e siamo immersi nella esteriorità e nella massificazione religiosa. Siamo impegnati ad uscire da questo stato di cose cercando di adottare il tuo metodo di riflessione e scrittura collettiva, ma le condizioni ed i tempi non sono molto propizi. Non per questo ci rinunciamo e cerchiamo di far tesoro di tutte le occasioni, le opportunità e le disponibilità, per riportarci ai motivi più profondi della nostra esistenza, umana, cristiana ed ecclesiale.

A tenerti presente in mezzo a noi e a mantenere viva la tua memoria ci aiuta ora uno dei tuoi ragazzi-figlioli, Edoardo Martinelli, che rivisita e rivive il suo rapporto con te per metterti in rapporto con noi tutti col suo libro (Don Lorenzo Milani. Dal motivo occasionale al motivo profondo) di cui parleremo insieme il giorno 16 giugno, per vedere se anche noi, a partire da queste opportunità, riusciamo ad andare in profondità e a condividere la tua testimonianza di ricerca con tutte le forze della tua anima di ciò che era al centro del tuo cuore: Dio e la vita eterna!

Sì, “Dio e la vita eterna” erano i tuoi punti di riferimento in tutte le circostanze della vita, vissuta in obbedienza al Signore Gesù che invitava a cercare il prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, come tu hai sempre fatto. No, non ti spaventare, non voglio fare di te un santino e gridare “subito santo”, ma ti voglio pensare col tuo Dio e nella pienezza della vita eterna. Ed allora il rapporto con te diventa comunione dei santi e anche - perché no? - preghiera.

A proposito, sarebbe buona cosa se in questa luce la Chiesa fiorentina si proponesse di ricordarsi di te nel giorno del tuo passaggio da questo mondo al Padre, magari con una Eucarestia concelebrata non tanto per dare qualcosa a te, ma per arricchirsi della tua testimonianza e risvegliarsi davanti alle urgenze del momento, magari battendosi il petto. Nel nostro piccolo, ti ricorderemo insieme nel nostro incontro del 3 giugno insieme a Giovanni XXIII per il suo anniversario. Siete in qualche modo simili: l’impianto della vostra fede e spiritualità era dei più classici e tradizionali, ma questo non vi ha impedito di “preparare al Signore un popolo ben disposto”, che sapesse andare per le vie di un mondo non solo del tutto nuovo, ma in continua trasformazione.

La misura del tuo agire erano non genericamente gli “altri”, ma le persone, il prossimo-prossimo in carne ed ossa: non solo vorremmo avere presente questa tua lezione evangelica, ma cercare di tenere presente te come persona che ha “consacrato la sua vita al nome di Cristo Signore”, anche se a molti non sembrava così. Grazie per tutti, don Lorenzo, e continua a darci una mano per mantenere viva la nostra speranza.

Alberto B. Simoni

Articolo tratto da:

FORUM (55) Koinonia

http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/

* IL DIALOGO, Lunedì, 21 maggio 2007


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