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Per una nuova antropologia e una nuova pedagogia - quella dell’Amore (Deus charitas est), non quella di "Mammasantissima" e di "Mammona" ("Deus caritas est") della Chiesa Cattolico-romana!!!

SESSO (EROS) E AMORE (AGAPE, CHARITAS). L’ARTE DI AMARE: COSTITUZIONE E "KAMASUTRA". La lezione di Sigmund Freud (l’"Istruzione sessuale dei bambini") e una nota di Federico La Sala

domenica 22 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Per uscire dalla barbarie non ci sono altre strade: bisogna spezzare il cerchio vizioso della cecità e della follia e aprire gli occhi all’altro, all’altra, e a noi stessi e a noi stesse. E’ attraverso la mediazione delle cause interne che quelle esterne producono il loro effetto - questo ci hanno sempre detto i grandi saggi, e anche Freud. E, alla fine della sua vita (1938), lo dice in tutta chiarezza: Gesù è stato interpretato edipicamente - in modo tragico! Lo sapeva già anche (...)

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> SESSO (EROS) E AMORE (AGAPE, CHARITAS). L’ARTE DI AMARE: COSTITUZIONE E "KAMASUTRA". ---- la violenza non conosce confini se non quelli dei nostri corpi, di maschi e di femmine, privi ormai di una qualunque minima grammatica affettiva comune. Incapaci di parlare d’amore e dunque di farlo (di Matteo Bartocci - Castrazione politica).

martedì 17 febbraio 2009

Castrazione politica

di Matteo Bartocci (il manifesto, 17 febbraio 2009)

Lo stupro non ha nazione né conosce limiti di censo. Stuprano i ricchi e stuprano i poveri di ogni etnia e latitudine. Nella proporzione che in ogni dove le condizioni materiali assegnano a ciascuno.

Sempre però stuprano gli uomini. In Italia, dicono le statistiche, ogni due ore una donna subisce violenza: tredici al giorno. Domandarsi perché accade è un compito della politica. Oltre al conflitto economico che divide le nostre società c’è quello, profondo e nascosto, che attraversa la nostra cultura e il nostro modo di essere maschi e femmine. Di incontrarci e amarci in famiglia e al di fuori di essa. Ogni violenza ha radici sociali e radici culturali. Uno stupro ogni due ore svela soprattutto le seconde.

Nasconderle dietro a un malinteso bisogno di «sicurezza» ha portato ieri all’esercito in piazza, oggi alle ronde e domani, chissà, a una qualche forma di castrazione. Al peggio non c’è fine. Gli stupri non sono più reati contro la morale e nemmeno contro la persona. Sono stupri «etnici». Non secondo chi li compie (italiani, rumeni...) ma secondo chi li subisce: noi, i «bianchi», gli «indigeni», contro i «forestieri» che violentano le «nostre» donne. Ma globale e locale, come sempre, si fondono. Perché se uomini rumeni stuprano ragazze italiane, giovani italiani a loro volta stuprano, non c’è altro modo di dirlo, bambine tailandesi o brasiliane che si prostituiscono ai quattro angoli del globo.

Dunque la violenza non conosce confini se non quelli dei nostri corpi, di maschi e di femmine, privi ormai di una qualunque minima grammatica affettiva comune. Incapaci di parlare d’amore e dunque di farlo.

Ne è un sintomo il fatto che questo paese è ormai capace di mostrare affetto solo a cose fatte. Quando l’oggetto del desiderio non c’è più, come nei tanti funerali pubblici che uniscono e commuovono a reti unificate. Da Alberto Sordi fino a Eluana. Che da viva non interessava nessuno e solo alla fine, prossima alla morte naturale, ha svelato gli istinti inconfessabili di un presidente del consiglio che confonde le mestruazioni con la capacità di avere figli. È o non è, questa, una fantasia di stupro, di appropriazione violenta di un corpo di donna?

Finché questo è il tono, la domanda di «sicurezza» che ossessiona la destra è destinata a cadere nel vuoto. Castrare tutti non si può. E se bastasse un «decreto contro la violenza» il problema passerebbe rapidamente a carceri e tribunali senza risolvere nulla. La destra perde sul suo stesso terreno, incapace di riconoscere un mostro che ne oltrepassa i confini ma che essa ha allevato in culla. Legittimando la cultura di massa più maschilista d’Europa dai tempi di «Colpo grosso», «Drive in» e «Non è la Rai» - fino all’attuale «mignottocrazia» - Berlusconi ha fatto della sessualità l’appeal principale della sua offerta politica.

Ma è sulle donne e le adolescenti, sulla loro sessualità, che si concentra una violenza sottile e diffusa. Il modo in cui vengono guardate per strada o in casa, approcciate sull’autobus, apostrofate a scuola, raccontate sui mass media, «messaggiate» da fidanzati e spasimanti: è un’invasione di corpi normale e quotidiana.

Contro questa spaventosa distruzione dell’alfabeto sentimentale la sinistra non ha da tempo nessuna risposta. E se si preoccupa della benzina nelle volanti vuol dire che non lo indica nemmeno più come un problema. Come il problema.

Non può essere un caso che la prima violenza sessuale di quest’anno terribile si sia consumata a Roma, tra due ragazzi che si incontrano a una festa in mezzo a trentamila persone. Una festa chiamata «Amore».


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