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Sesso (Eros) e Amore (Charitas): l’indicazione terapeutica del Profeta

L’ALLEANZA DI "FUOCO", LE "MAMMELLE" DI ALLAH, E LA "MAMMELLA" DI FRANCESCO SUCCHIATA DA CHIARA D’ASSISI. ISLAM, CRISTIANESIMO, E DIRITTO. LA PROPOSTA DI UNA FATWA CORAGGIOSA DAL CAIRO, DALLA MOSCHEA AL AZHAR - NON DAL VATICANO E DA SAN PIETRO!!! AL DI LA’ DELLA FAMIGLIA "NATURALE", INCESTUOSA ED EDIPICA!!! TUTTI E TUTTE, FIGLI E FIGLIE DI "DIO", FRATELLI E SORELLE DI "LATTE" - a cura di pfls.

lunedì 1 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] La fatwa emessa dall’ al Azhar e firmata dal capo-giurista Izzat Attia si basa su un resoconto della vita del Profeta. Uno dei suoi ex schiavi, divenuto libero, aveva mantenuto l’abitudine di muoversi liberamente nella casa di Maometto anche dopo la pubertà. A una donna che se ne lamentava, il Profeta consigliò: "Allattalo, così diventerai tabù per lui, e il dissidio nei vostri cuori svanirà". Dopo aver seguito il suo consiglio, la donna riferì che effettivamente ogni discordia (...)

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> DIRITTO ISLAMICO. AL DI LA’ DELLA FAMIGLIA "NATURALE"!!! TUTTI E TUTTE, FIGLI E FIGLIE, FRATELLI E SORELLE DI LATTE. UNA FATWA CORAGGIOSA DAL CAIRO, NON DAL VATICANO!!! DALLA MOSCHEA AL AZHAR ARRIVA L’EDITTO SULL’"ALLATTAMENTO DEGLI ADULTI" - a cura di pfls.

lunedì 21 maggio 2007

Socialista e musulmana, Asmaa Abdol-Hamid è candidata alle prossime elezioni politiche

Danimarca, destra e sinistra contro la «femminista con il velo»

I conservatori insorgono: «Un gesto fondamentalista». Anche nel suo partito le critiche non mancano: «Un simbolo di repressione delle donne»

di Monica Ricci Sargentini (Corriere della Sera, 20 maggio 2007)

Il velo sulla testa lo porta con orgoglio anche se lei si sente una donna occidentale, una vera danese, di quelle che «nel privato ognuno fa ciò che vuole, se è gay o no, non mi interessa». Eppure è musulmana e di quelle toste che quando incontrano un uomo si rifiutano di stringergli la mano «perché è una questione di rispetto». Venticinque anni, una grinta fuori dal comune, Asmaa Abdol- Hamid sta mettendo in subbuglio la Danimarca. Con ogni probabilità sarà lei la prima donna velata a diventare membro di un Parlamento europeo. Il suo partito, la Lista dell’Unità, le ha garantito un seggio sicuro nelle elezioni che si terranno al più tardi nel febbraio del 2009. E già si è scatenato il dibattito. Se fosse eletta potrebbe entrare nel Folketing, il Parlamento danese, indossando l’hijab? «Ovviamente no», insorge l’estrema destra, «sarebbe un gesto fondamentalista, come mettersi la croce nazista». Ma anche tra i suoi, a sinistra, c’è chi storce il naso all’idea di vedere in aula «un simbolo di repressione delle donne».

Lei non si scompone e va avanti per la sua strada. Dispensa lodi per la sua terra d’adozione «che mi ha accolto con amore all’età di sei anni quando ero una rifugiata palestinese», ma a togliersi il velo non ci pensa nemmeno. In un inglese impeccabile spiega al Corriere perché nessuno potrà fermarla: «Penso che in Danimarca la libertà individuale sia un bene tutelato - dice -. Non vedo perché dovrebbe essere considerato un problema la presenza di una donna velata in Parlamento. Se lo fosse sarebbe veramente un oltraggio alla nostra democrazia». Ma la questione non sembra essere di lana caprina se un sondaggio commissionato dal Jyllands Posten, il giornale che pubblicò le vignette danesi, fotografa una Paese spaccato in due sul velo in Parlamento: 48% a favore e 48% contro, con un 4% di indecisi.

Asmaa l’hijab comincia a portarlo a 14 anni quando la sua famiglia si trasferisce dall’accogliente villaggio di Genner, nel sud dello Jutland, alla meno paradisiaca Røde Kro dove la ragazza sente per la prima volta la sua diversità: «Ho voluto farlo per una questione religiosa anche se ero la sola a scuola vestita così. Ci sono state delle conseguenze: non ho più potuto giocare a pallavolo». Lì la vita improvvisamente diventa più difficile. «A Genner - dice - c’era una sola comunità. Quando eravamo piccoli andavamo anche in Chiesa, per cerimonie speciali come la comunione o la messa di Natale. Quando abbiamo cambiato ho capito cos’era la discriminazione».

La passione politica nasce lì. Sui banchi di scuola. Era il 1998, anno di elezioni. «Fino ad allora l’unica differenza tra me e i danesi - racconta - era il mio essere musulmana. Invece spuntarono fuori parole nuove: immigrato, rifugiato, minoranza etnica. Volevo combattere la discriminazione. Secondo me il problema non sono le minoranze etniche ma le classi sociali, a questo divario è dovuta la mancanza di integrazione». Per aiutare i poveri Asmaa diventa assistente sociale e consigliere comunale nel ghetto di Vollsmose, alla periferia di Odense, sull’isola di Fionia, dove nel 2000 lancia con successo un club ricreativo per le ragazze del quartiere: «Tutta l’attenzione era volta ai maschi. Lo trovavo ingiusto». Lo scorso anno, dopo lo scandalo delle vignette danesi, conduce un programma per la tv pubblica. Velata. Naturalmente. La prima volta per la Danimarca. E le proteste non mancano.

Oggi Asmaa assapora il successo infischiandosene di chi la definisce una contraddizione vivente. Dice di se stessa: «Sono una femminista perché sono dalla parte delle donne, una socialista perché sto dalla parte dei poveri e sono una musulmana devota. Tutto questo insieme». La sua filosofia? «Essere moderni e musulmani allo stesso tempo». Con qualche impuntatura. Come quando si è rifiutata di stringere la mano a un deputato di destra che gliela porgeva. Lui non ha apprezzato ma lei oggi si difende così: «Quando incontro un uomo mi metto la mano sul cuore e in questo modo gli mostro il mio rispetto e la mia onestà. Perché non posso farlo?». Perché la Danimarca sta cambiando. Nonostante il benessere (il pil pro capite è di 35mila euro l’anno), la disoccupazione quasi inesistente, le unioni gay legalizzate dall’89, l’accesso gratis alla fecondazione assistita per single e omosessuali, cresce l’intolleranza verso «il diverso». Nel 2005 il premier Rasmussen vinse il secondo mandato proprio grazie al giro di vite su immigrazione e richieste d’asilo. E nel 2009 non si sa come andrà. Ma una cosa è certa. Asmaa Abdol-Hamid darà battaglia.


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