Inviare un messaggio

In risposta a:
Astrofisica

Cos’è la materia oscura? E cos’è l’energia oscura? Interrogativi cosmici e due nuove «astronomie»: l’astronomia dei neutrini, e l’astronomia gravitazionale. Un articolo di Margherita Hack - a cura di Federico La Sala

lunedì 21 maggio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] L’energia oscura è una delle ultime sorprendenti scoperte. Sappiamo che l’universo è in espansione. Sappiamo che la densità di materia (inclusa la materia oscura) non è sufficiente a frenare l’espansione così tanto da arrivare ad una successiva fase di contrazione; si supponeva però che la stessa materia presente nell’universo esercitasse una autogravità che avrebbe comunque rallentato l’espansione. Invece[...]
KANT, NEWTON, E POPE. Note (di avvio) per una rilettura della (...)

In risposta a:

>Interrogativi cosmici --- I neutrini hanno una massa. “Ora nuovi enigmi: c’è un altro Bosone?”. Le scoperte di Kajita e McDonald hanno cambiato un pezzo importante del Modello Standard.

giovedì 8 ottobre 2015

“Ora nuovi enigmi: c’è un altro Bosone?”

-***A parlare è Stefano Ragazzi, direttore dei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

di Valentina Arcovio (La Stampa TuttoScienze, 07.10.2015)

«Le scoperte di Kajita e McDonald hanno cambiato un pezzo importante del Modello Standard e hanno aperto la strada a nuovi interrogativi su cui stiamo lavorando». A parlare è Stefano Ragazzi, direttore dei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il più grande laboratorio sotterraneo al mondo dedicato alla fisica astroparticellare, dove si svolgono ricerche di punta proprio sulla fisica del neutrino.

Professore, quale pilastro del Modello Standard hanno abbattuto i due nuovi Nobel?

«Il Modello Standard prevedeva l’esistenza di tre famiglie di neutrini con massa nulla. Il lavoro di Kajita e McDonald ha dimostrato, invece, che tutti i neutrini hanno una massa, che varia leggermente a seconda delle famiglie».

In che modo questa scoperta cambia la nostra visione dell’Universo?

«Non ha cambiato le nostre conoscenze sulla cosmologia, ma ha aperto un capitolo nuovo della fisica delle particelle. Grazie al lavoro dei due Nobel abbiamo aggiunto un altro pezzetto all’identikit di una delle particelle più elusive dell’Universo. Il neutrino, infatti, è ancora qualcosa di misterioso e Kajita e McDonald ci hanno dimostrato che il Modello Standard non lo descrive correttamente».

Che cosa manca oggi per completare l’identikit del neutrino?

«Sappiamo dove i neutrini vengono prodotti, a quante famiglie appartengono e che possono cambiare durante il loro percorso. Grazie ai due Nobel sappiamo che hanno una massa diversa a seconda della famiglia. Ma quello che ignoriamo è ancora tanto. Non sappiamo, per esempio, se la massa del neutrino è uguale a quella della sua antiparticella o meno. Se fosse così, potremmo avere un indizio importante che la massa del neutrino non è generata dallo stesso meccanismo delle altre particelle, il campo di Higgs. È possibile, ad esempio, che esista un’altra “particella di Dio”, oltre al famoso bosone di Higgs. E non è escluso che il neutrino sia simile alle particelle descritte da Ettore Majorana, cioè che coincidono con la propria antiparticella».

Anche i fisici italiani sono impegnati nello studio dei neutrini: su cosa ci concentrano?

«Innanzitutto, prima di Kajita e McDonald, era stato Bruno Pontecorvo a suggerire che i neutrini potessero oscillare, cioè cambiare famiglia. E oggi l’impegno dell’Italia nello studio di questa particella è davvero importante: i Laboratori del Gran Sasso dell’Infn hanno contribuito con l’esperimento “Macro” allo studio dei neutrini atmosferici, mentre le misure del test “Opera” hanno dimostrato l’esistenza dell’oscillazione dei neutrini dalla seconda famiglia alla terza, completando quindi gli studi di Kajita e McDonald. Ma non meno importante è il ruolo dell’esperimento “Gallex” nella comprensione dei neutrini solari e le successive misure di precisione condotte da “Borexino” sulle componenti del loro flusso».


Il Nobel della fisica ai detective del neutrino

“Hanno scoperto come si trasforma e che possiede una massa”

di Gabriele Beccaria (La Stampa TuttoScienze, 07.10.2015)

Si chiamano neutrini e con i fotoni (le particelle della luce) sono la «cosa» più abbondante del nostro Universo. Sono ovunque, ci investono e ci attraversano - 60 miliardi al secondo, per ogni centimetro quadrato della Terra - eppure non ce ne accorgiamo e sono così elusivi da sfuggire volentieri a chi si sforza di acchiapparli. Ecco perché chi li studia merita un Nobel, soprattutto se ne ha svelato uno (dei tanti) misteri. Così ieri l’Accademia di Stoccolma ha deciso di dare il premio per la fisica al giapponese Takaaki Kajita e al canadese Arthur B. McDonald.

Che cos’hanno scoperto? Che i neutrini, contrariamente a quanto molti colleghi avevano ipotizzato per anni, possiedono una massa, anche se minima. E l’hanno dedotto perché i neutrini - che sono davvero particelle bizzarre - non restano mai uguali a se stessi, ma sono dei camaleonti. Addirittura possono assumere tre forme diverse, note in gergo come «l’elettronico», «il muonico» e «il tauonico». E, non contenti, i neutrini hanno anche origini multiple: furono prodotti all’inizio di tutto, durante il Big Bang, e continuano a essere «sparati» da stelle (come il nostro Sole) e da altre molto più energetiche (come le supernovae) e a generarsi sopra le nostre teste, quando i raggi cosmici interagiscono con l’atmosfera terrestre.

Teorizzati nel 1930 dal futuro Nobel Wolfgang Pauli, i neutrini furono battezzati così da un altro cervello destinato al Premio, Enrico Fermi, e finalmente scoperti nel 1956 da due americani, Frederick Reines e Clyde Cowan, anche loro benedetti dal Nobel. Un’avventura accidentata che nel 2015 approda a Takaaki Kajita e ad Arthur B. McDonald, autori di due diversi test, ma complementari: i loro team, impegnati in gigantesche strutture sotterranee in Giappone e in Canada, chiamate Super-Kamiokande e Sudbury Neutrino Observatory, hanno svelato i comportamenti del neutrino, vale a dire le sue tre «oscillazioni», elettronica, muonica e tauonica (un fenomeno ipotizzato nel 1957 da un altro italiano, Bruno Pontecorvo).

E non basta. Portando alla luce la massa dei neutrini, i due scienziati hanno messo in crisi il Modello Standard, che regge (in modo sempre più imperfetto) l’edificio della fisica contemporanea. Tanto che «queste particelle misteriose, strutturalmente diverse da tutte le altre che conosciamo, potrebbero essere la porta su una nuova fisica», ha commentato ieri il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Fernando Ferroni. Come cambieranno le idee sulla materia e sull’Universo, sulle sue origini e sulla sua evoluzione? È un’ulteriore avventura, degna di molti altri futuri Nobel.


I neutrini hanno una massa

Quei neutrini da Nobel

L’eredità di Pontecorvo

di Paolo Giordano (Corriere della Sera, 07.10.2015)

I neutrini hanno una massa. Irrisoria rispetto a quella delle altre particelle e di origine ancora ignota. L’evidenza di questa massa è stata provata dagli esperimenti valsi il Nobel a McDonald e Kajita (nella foto l’osservatorio dei neutrini in Giappone, in una miniera a 1.000 metri sottoterra)

All’inizio degli anni sessanta John Updike, lo scrittore della saga di Coniglio, dedicò una poesia ai neutrini. S’intitola Cosmic Gall, «Sfacciataggine cosmica», e comincia così: «I neutrini son piccolini. / Non hanno carica né massa / e non interagiscono per niente. / La Terra per loro è una palla demente / in cui passare semplicemente».

La poesia di Updike, pur nella sua irriverenza (l’originale rima in continuazione con «ass»), contiene alcune verità sui neutrini e almeno altrettante falsità. I neutrini sono effettivamente privi di carica elettrica e interagiscono poco volentieri con la materia. Di tutte le particelle conosciute (elettroni, quark, fotoni...) sono le più capricciose, le più difficili da rilevare negli esperimenti, tanto che la loro presenza è assai più spesso evidenziata come deficit di qualcosa. Possono attraversare spessori ragguardevoli - la Terra stessa, come dice Updike - senza subire alcun cambiamento, tanto che ce ne piovono addosso in continuazione, circa cinquantamila miliardi attraversano il nostro corpo ogni secondo, senza che ce ne accorgiamo.

Ciò che Updike non poteva sapere è che i neutrini, per quanto fantasmatici, possiedono una massa, irrisoria rispetto a quella delle altre particelle note e la cui origine è ancora sconosciuta, ma comunque una massa. L’evidenza di questa massa è stata provata dagli esperimenti per i quali, ieri, Arthur B. McDonald e Takaaki Kajita hanno vinto il premio Nobel per la fisica. L’idea stessa di dimostrare che una particella capace di bucare un pianeta abbia un peso dovrebbe dare la misura di quanto gli esperimenti guidati da McDonald e Kajita negli anni novanta fossero delicati e complessi.

Entrambi i laboratori esistono ancora: il Sudbury Neutrino Observatory (SNO) di McDonald in Canada, e Super-Kamiokande di Kajita in Giappone. Sono strutture di bellezza cinematografica: serbatoi di acqua pesante rivestiti in acciaio e punteggiati da migliaia di rivelatori, sferico il primo e cilindrico il secondo, dove gli scienziati entrano con tute sterili solo dopo essersi fatti la doccia. E sono interrati a profondità abissali per ridurre le interferenze. In una lezione a Berkeley, McDonald ha scherzato sul fatto che ogni Paese abbia bisogno di illustrare quelle profondità usando come scala un proprio monumento. Lui ha scelto l’Empire State Building. Per noi, il serbatoio di SNO si trova a circa tredici Moli Antonelliane sotto la superficie terrestre.

In realtà, la massa dei neutrini non è stata rivelata «direttamente» dagli esperimenti, bensì dedotta da un altro fenomeno, chiamato «oscillazione di neutrino». Consiste più o meno in questo. In natura sembrano esistere tre specie diverse di neutrini: i neutrini elettronici, muonici e tauonici. Se fossero davvero privi di massa, come la teoria (e anche Updike) li ha voluti per lungo tempo, ognuno resterebbe quello che è per sempre. L’elettronico resterebbe elettronico, il muonico muonico, il tauonico tauonico.

Negli esperimenti di McDonald e Kajita è stato invece dimostrato che i neutrini possono «oscillare» da un tipo all’altro. Attraversata una certa distanza alla folle velocità a cui viaggiano, diviene addirittura probabile che un neutrino elettronico diventi muonico, per esempio. E questo è possibile soltanto in presenza delle masse. Il sospetto che una simile metamorfosi fosse possibile si ebbe per la prima volta misurando la quantità di neutrini elettronici provenienti dal Sole, e accorgendosi che ne arrivavano a noi meno del previsto. Dov’erano finiti gli altri? Si erano persi per strada oppure si erano trasformati in qualcosa di diverso? McDonald e Kajita, insieme ai loro colleghi, hanno dimostrato che la seconda ipotesi era quella vera.

Ho sempre trovato un po’ meschino, quando si parla di successi della scienza, volerli associare a tutti i costi al proprio Paese, un campanilismo simile a quello che, secondo McDonald, si applica alla misura delle lunghezze. La ricerca ha uno sguardo assai più ampio di quello nazionale. Ma è doveroso, in questo caso, ricordare che la fisica dei neutrini ha alle spalle una tradizione italiana importante. Dopo che Dirac ne postulò l’esistenza, fu soprattutto Fermi a descrivere i processi ai quali i neutrini prendevano parte. Majorana ne diede una descrizione matematica nuova, che lasciò quesiti tuttora aperti. E l’idea germinale che condusse allo studio delle oscillazioni di neutrino fu presentata da Bruno Pontecorvo in un lavoro del 1957. La poesia scientifica di Updike si conclude con questi versi: «La notte (i neutrini) entrano in Nepal / e perforano l’amante e la sua amata / da sotto il letto, voi chiamatelo / stupendo; io lo chiamo idiota». Il Comitato del premio Nobel non era d’accordo con lui.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: