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Pompaggio elettorale

Un pompino per ogni voto, ma se è una donna a dare il voto? - di Cosmo de La Fuente

Voti e pompini, la nuova politica europea. Promesse non mantenute
martedì 22 maggio 2007 di Emiliano Morrone
Ecco ci risiamo. Adesso anche in Belgio copiano il sistema tutto italiano di fare pompini in cambio di favori. Adesso si promettono fellatio in cambio di voti. Non ci credete? Tutto questo succede veramente.
Tania Dervaux, candidata per un partito belga, ha promesso sesso orale a chi esprimerà in suo favore il voto.
Un caso da imitare ha suggerito qualcuno, e pensandoci bene, se anche in Italia le nostre politiche decidessero di offrire rapporti orali in cambio di voti, quali sarebbero le (...)

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> Dove sono i cittadini, in questo paese? Dove sono le donne? --- «Italiane pronte a scendere in piazza» (di Chiara Volpato).

venerdì 28 agosto 2009

Nyt: «Italiane pronte a scendere in piazza»

di Chiara Volpato *

Fuori dell’Italia molti sembrano dare per scontato che il primo ministro Silvio Berlusconi riesce a farla franca malgrado i suoi comportamenti sessisti perche’ gli uomini li perdonano e le donne, quanto meno, li tollerano. Ma le cose non stanno piu’ cosi’. Oggi ci sono due Italie: una ha assorbito l’ideologia berlusconiana vuoi per interesse personale vuoi per incapacita’ a resistere ai suoi enormi poteri di persuasione; l’altra sta reagendo. Era ora. Il comportamento di Berlusconi e’ stato oltraggioso.

Quando una studentessa gli ha chiesto consiglio sui suoi problemi economici, le ha suggerito di sposare un uomo ricco come suo figlio. (Berlusconi ha poi detto che stava scherzando.) Ha fatto commenti pesanti sulla bellezza delle candidate parlamentari del suo partito e ha inserito delle divette nel governo. Al ministero delle Pari Opportunita’ ha designato una ex modella con cui aveva pubblicamente flirtato.

Questa primavera sua moglie lo ha accusato di frequentare delle minorenni e ha chiesto il divorzio. Ma perche’ gli italiani sopportano tutto questo? Al confronto degli altri Paesi europei, in Italia le idee conservatrici sono dure a morire in parte per la nostra famosa cultura patriarcale, ma anche a causa dell’enorme influenza della Chiesa Cattolica, la cui ingerenza sociale e politica negli affari dello Stato sembra essersi fatta ancora piu’ pesante da quando Berlusconi e’ diventato primo ministro nel 1994. (La chiesa, ad esempio, ha minacciato di scomunicare i medici che prescrivono la pillola abortiva e le pazienti che la usano.)

Inoltre in Italia la discriminazione su base sessuale si e’ dimostrata piu’ resistente che nel resto d’Europa. L’Italia figura al 67esimo posto su 130 Paesi presi in considerazione in un recente rapporto del World Economic Forum sul Global Gender Gap Index tanto da essere superata da Uganda, Namibia, Kazakistan e Sri Lanka. Secondo l’OCSE poco meno della meta’ delle donne italiane hanno un lavoro rispetto ad una media generale di due terzi. Al tempo stesso gli uomini italiani hanno 80 minuti in piu’ al giorno di tempo libero - la differenza maggiore tra i 18 Paesi presi in considerazione. Cio’ si deve probabilmente al tempo in piu’ che le donne italiane dedicano ad un lavoro non pagato: la pulizia della casa.

Non deve sorprendere, quindi, se molte donne italiane non se la sentono di assumersi l’ulteriore peso consistente nell’allevare dei figli. Di conseguenza l’indice di natalita’ del Paese e’ straordinariamente basso. I media italiani aggravano questa triste realta’ presentando un quadro delle donne incomprensibile al resto d’Europa.

Le emittenti televisive private hanno iniziato a trasmettere immagini di donne poco vestite e di bellezze silenziose che fungono da soprammobili mentre uomini piu’ anziani e vestiti di tutto punto conducono gli spettacoli. (Vale la pena sottolineare che Berlusconi e’ proprietario dei principali canali televisivi privati.)

Le conseguenze di anni di lavaggio del cervello sono sotto gli occhi di tutti: una recente ricerca ha evidenziato che tra le adolescenti la principale ambizione e’ diventare velina. Alle giovani donne e alle ragazze si insegna che il loro corpo, e non le loro capacita’ e conoscenze, e’ la chiave del successo. Al contempo il sessismo esibito in televisione consolida le idee scioviniste tra i ceti culturalmente piu’ deboli della popolazione. I ricercatori che studiano la oggettivazione e mercificazione del corpo femminile non debbono fare altro che osservare l’Italia per vedere le tristi conseguenze di questo fenomeno.

I ritratti delle donne fanno venire in mente i momenti piu’ bui del passato del Paese. Durante il fascismo, nella prima meta’ del ventesimo secolo, abbondavano le immagini denigratorie delle popolazioni delle colonie italiane in Africa. Le donne venivano ritratte come oggetti sessuali e gli uomini come nemici barbari. Negli ultimi anni, con l’afflusso di immigranti in Italia, sono tornati in auge questi rozzi stereotipi. Basti un esempio: il capo della Lega Nord, Umberto Bossi, ha chiamato gli immigranti "bingo bongo". Questi atteggiamenti in parte riflettono i sentimenti di insicurezza economica e sociale aggravatisi nell’ultimo decennio circa.

Le risposte a queste realta’, vale a dire il sessismo e il razzismo, sono i due rovesci della stessa medaglia. Di questi tempi ci sono tuttavia segni di cambiamento. Le italiane stanno denunciando il comportamento sessista di Berlusconi con una serie di strategie: si sono rivolte alla Carte Europea per i Diritti Umani e hanno realizzato un documentario sulla mercificazione del corpo femminile: ’Il corpo delle donne’ di Lorella Zanardo.

A giugno poco prima del G8 dell’Aquila un piccolo gruppo di professoresse universitarie italiane, me compresa, ha invitato le First Ladies dei Paesi partecipanti a boicottare l’avvenimento in segno di protesta. Nel giro di pochi giorni 15.000 donne e uomini hanno firmato la nostra petizione per indurre le First ladies al boicottaggio. Ovviamente lo scopo principale non era quello di convincere le First Ladies a modificare i loro programmi di viaggio, ma nel prendere posizione contro il comportamento sessista di Berlusconi. Oggi quanti dissentono fanno fatica ad avere una certa visibilita’.

Il suddetto appello alle First Ladies, ad esempio, ha ottenuto una notevole attenzione da parte dei mezzi di comunicazione internazionali, ma sulle pagine dei giornali nazionali se ne e’ parlato ben poco e radio e televisione lo hanno praticamente ignorato. A dispetto di questi ostacoli, si ha la sensazione che Berlusconi abbia esagerato e che i recenti scandali sessuali stiano erodendo la sua popolarita’. Basta guardare i sondaggi. Tradizionalmente le donne, unitamente alle classi a basso reddito, sono state grandi sostenitrici di Berlusconi forse perche’ guardano molto le sue emittenti televisive.

Sebbene all’epoca delle elezioni europee, Berlusconi potesse contare ancora su un considerevole sostegno, i recenti scandali hanno fatto scendere l’indice di approvazione di cui gode al di sotto del 50% con un crollo notevole tra le donne.

Il desiderio di far sentire la nostra voce e di mobilitarci che si va diffondendo tra noi e’ egregiamente sintetizzato in una lettera inviata di recente da una lettrice italiana all’Unita’: "sono pronta. Decidete il luogo, il giorno e l’ora. Sono pronta a scendere in piazza". Ma in realta’ cosa possono fare le donne italiane? Un passo importante consiste nel far conoscere il dissenso, un compito arduo se si tiene conto del fatto che la liberta’ di parola vale solo nel senso piu’ ampio del termine per pochi giornali indipendenti e, principalmente, per Internet. Dobbiamo cominciare a realizzare una documentazione sistematica dei casi di discriminazione contro le donne. Inoltre abbiamo bisogno di una migliore organizzazione. I movimenti gia’ esistenti che dovrebbero essere i primi a far sentire il dissenso (come la principale forza di opposizione, il Partito democratico che appare paralizzato dalle lotte interne) non sono apparsi sensibili ai molti segnali provenienti dalla base. Le donne dovranno esercitare una maggiore pressione sui partiti di opposizione affinche’ si facciano portavoce del loro dissenso.

Ma anzitutto le donne (e gli uomini) che protestano debbono far sentire la propria voce con maggiore fiducia. Il nostro Paese, a lungo caratterizzato da atteggiamenti anacronistici e superati nei confronti delle donne, e’ finalmente pronto a scendere in piazza. Chiara Volpato e’ docente di psicologia sociale all’Universita’ di Milano.

Chiara Volpato

-  (c) New York Times

Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

* l’Unità, 27 agosto 2009


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