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BUSH E I SUOI CONTI ALLA ROVESCIA!!! GUERRA, E ANCORA GUERRA: ORA CONTRO TEHERAN. UN "BEL REGALO" DI FINE MANDATO AGLI STATI UNITI, ALL’EUROPA E AL MONDO INTERO!!! Silenziosamente, furtivamente, al riparo dalle telecamere, la guerra contro l’Iran è cominciata. Un articolo di Alain Gresh (maggio 2007) - a cura di pfls

mercoledì 10 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] niente indica che il presidente Bush abbia rinunciato ad attaccare l’Iran.
Questo obiettivo s’inscrive nella sua visione di una «terza guerra mondiale» contro il «fascismo islamico», una guerra ideologica che non può finire se non con la vittoria totale. La demonizzazione dell’Iran, facilitata dall’atteggiamento del suo presidente, s’inscrive in questa strategia, che può sfociare in una nuova avventura militare. Sarebbe una catastrofe, non soltanto per l’Iran e per il Vicino Oriente, (...)

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> BUSH: "REGALO" DI FINE MANDATO AGLI STATI UNITI, ALL’EUROPA E AL MONDO INTERO. Silenziosamente, furtivamente, al riparo dalle telecamere, la guerra contro l’Iran è cominciata. Un articolo di Alain Gresh (maggio 2007) - a cura di pfls

venerdì 6 luglio 2007

USA: Il Paese più pericoloso

di Edward S. Herman su Z Magazine di Giugno 2007, traduzione di Arif

Mai nella storia un paese è stato tanto minaccioso quanto lo sono ora gli Usa - Negli Stati uniti il potere esecutivo è stato talmente centralizzato e il sistema di controlli ed equilibri talmente indebolito che ormai una singola persona o una cricca è capace di portare il paese in guerra

Riceviamo da don Aldo Antonelli questo interessante e documentato articolo apparso sul numero di Giugno della rivista Z MAGAZINE, a firma dell’economista Edward S. Herman. *

Un titolo così severo non si basa sulla convinzione che i leader statunitensi siano i più cruenti mai esistiti, anche se sono più che arroganti, spietati e anche cruenti, resi ancora più ipocriti dalla maschera di rettitudine e di servizio "a Dio". Piuttosto, si basa sul fatto che [gli Stati uniti] hanno molta più potenza distruttiva di qualsiasi loro predecessore, l’hanno già usata, minacciano di aumentare la loro violenza e non solo sono soggetti a vincoli inadeguati, ma operano nel contesto di una cultura politica volatile, manipolabile, con elementi minacciosi e irrazionali. Ben oltre qualsiasi cosa relativa alla "difesa" nazionale e ben oltre le capacità di qualsiasi potenziale rivale, la crescita della potenza distruttiva degli Stati uniti era palesemente intenzionale e progettata allo scopo di servire sia gli interessi transnazionali e finanziari dell’élite americana, sia quelli alla militarizzazione della triade industria-Pentagono-politica, ovvero del complesso industrial-militare (Cim).

Il cosiddetto "budget per la difesa" dovrebbe essere chiamato propriamente "budget per l’offensiva". Questo budget - di dimensione enorme e che ora eccede quello del resto del mondo messo insieme - e l’aggressività sempre crescente dell’élite statunitense nell’utilizzare la sua superiorità militare per "proiettare il potere", tramite minacce e violenza, in paesi lontani, ha esercitato una pressione notevole sugli altri paese perché fabbrichino armi proprie. Hanno bisogno delle armi non solo per difendersi dai possibili attacchi statunitensi, ma anche contro l’utilizzo della superiorità militare [americana] al fine di costituire alleanze minacciose e di stabilire basi [militari] sui propri confini. La costruzione di alleanze e l’insediamento di basi è già stato praticato contro potenze reali come la Russia e la Cina, ma anche contro potenze regionali minori come l’Iran. Con arroganza imperialista, gli ufficiali e gli "esperti" americani trovano "provocatori" e "sfidanti" l’aumento del budget militare ed i test militari condotti da queste potenze minori. Ma queste risposte sono assolutamente inevitabili e il budget militare e la proiezione del potere statunitensi promuovono l’avanzata di una nuova incipiente corsa alle armi.

La corsa alle armi è anche incoraggiata da una serie di politiche americane che ostacolano il controllo delle armi: · il ritiro, nel 2001, dal Trattato Anti Missili Balistici del 1972; · sempre nel 2001, il sabotaggio della Convenzione sulle Armi Biologiche e Tossiche, con il rifiuto di accettare le ispezioni; · nel 2001, l’opposizione all’Accordo delle Nazioni Unite per mettere un freno al traffico internazionale di armi leggere, l’unico paese ad essersi opposto; · il rifiuto di firmare il Trattato per il bando delle mine terrestri (Clinton nel 1997); · il rifiuto, nel 2001, di unirsi alla promessa di 123 nazioni di mettere a bando l’utilizzo e la produzione di bombe anti-persona; · il rigetto, nel 1999, del Trattato sul bando totale dei test nucleari; · il rifiuto, nel 1986, di riconoscere la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia per il giudizio sullo "uso illegittimo della forza" dalla parte degli Stati uniti in Nicaragua; · la rottura della promessa, fatta firmando il Trattato sulla non proliferazione nucleare, di lavorare per l’eliminazione delle armi nucleari. · Il rifiuto di rispettare la legge internazionale e di aderire agli accordi internazionali è pratica regolare dovunque questi interferiscano con i piani statunitensi di proiezione di potere

La crescita militare statunitense ha un suo motore interno poiché i poteri che hanno interessi nelle armi e nelle guerre sono alla continua ricerca di progressi tecnologici nuovi e di missioni nuove per giustificare un budget sempre più grande. E’ stato argomentato in maniera convincente che gli Stati uniti spronano gli altri stati, costringendoli a rispondere in maniera difensiva, per poi giustificare l’aumento nel budget di spese per la "difesa" (e.g. Robert A. Pape, "Soft Balancing Against the United States", International Security, Summer 2005). Inoltre, la superiorità militare e il desiderio di verificare e di dimostrare l’efficacia dell’esercito che avanza - esaurendo [così] le riserve che poi dovranno essere riempite - sanno di comportamento provocatorio e di una disponibilità ad assumere dei rischi che portano più prontamente alla guerra. Rende il paese anche più disposto ad attaccare paesi piccoli ed indifesi, in parte perché è così facile, e in parte perché, come dice la Madeleine Albright: "perché avere un esercito meraviglioso ... se non l’utilizziamo"? Spinge i leader statunitensi a sovrastimare la facilità con cui possono agire da bulli o possono costringere alla sottomissione i paesi più piccoli, come il Vietnam e l’Iraq.

Sono deboli sia i freni esterni che quelli interni. Nell’ultima decade, il potere militare ed economico degli Stati uniti ha permesso loro di impegnarsi in tre guerre di aggressione in violazione della Carta delle Nazioni unite senza alcuna opposizione seria da parte delle stesse Nazioni unite o della "comunità internazionale" (cioè i governi capaci di un po’ di opposizione efficace al potere egemonico). Anche precedentemente [gli Stati uniti] sono stati capaci di ammazzare milioni [di persone] e virtualmente distruggere l’Indocina, devastare l’America centrale per il tramite di brutali governi fantoccio, sostenere il comportamento violento del Sud Africa contro gli stati confinanti e le invasioni israeliane del Libano, senza alcun impedimento da parte delle Nazioni unite o della comunità internazionale. Nel caso dell’attacco all’Iraq, gli Stati Uniti ricevettero persino un riconoscimento ex-post della loro occupazione e del loro diritto alla pacificazione - ciò spiega il bombardamento del 19 agosto del 2003 degli uffici delle Nazioni unite a Baghdad. Le Nazioni unite sono anche impegnate nel fornire agli Stati uniti e ad Israele qualche forma di sanzione quasi-legale per la prossima delle aggressioni in serie statunitensi.

I cittadini di tutto il mondo hanno deplorato queste aggressioni e le proteste sono cresciute di dimensioni, ma per ora non sono riusciti a fermare queste offensive. La democrazia non sta funzionando bene in tutto il mondo giacché i le èlites di governanti hanno regolarmente ignorato il sentimento antiguerra del pubblico, così come espresso in elezioni e sondaggi. Laddove, come in Francia e in Turchia, non l’hanno fatto, quei governanti sono stati calunniati negli Stati Uniti e hanno dovuto faticare per compensare i loro eccessi democratici. Negli Stati Uniti, l’élite al potere non solo è riuscita ad ignorare la maggioranza che nei sondaggi era favorevole all’uscita dall’Iraq, ma la vittoria dei democratici nelle elezioni del 2006 - largamente viste come un riflesso dell’interesse pubblico nel ritiro - non ha impedito un’escalation ulteriore della guerra di Bush con un’opposizione dei democratici solo nominale. Come altro segno di fallimento democratico, i democratici hanno accettato di togliere il requisito sulla legge per il finanziamento che richiedeva a Bush di ottenere l’approvazione del Congresso prima di lanciare un attacco all’Iran. Ci si dovrebbe rendere conto anche del fatto che negli Stati uniti il potere esecutivo è stato talmente centralizzato e il sistema di controlli ed equilibri talmente indebolito che ormai una singola persona o una cricca è capace di portare il paese in guerra (cosa che hanno già fatto nel caso dell’Iraq sulla base di bugie sfacciate). Quella persona o cricca ha anche il potere di utilizzare quelle armi nucleari che gli Stati uniti, caso unico nella storia, hanno già utilizzato e che i leader statunitensi, da quanto si dice, sono disposti a, e sarebbero persino entusiasti di utilizzare contro l’Iran per mettere fine ad un’altra minaccia (posticcia) di "funghi atomici" e per impartire una lezione al mondo su chi è il boss. In breve, la minaccia più urgente e reale di "funghi atomici", per il mondo intero, è dislocata nelle mani di alcuni irresponsabili matricolati con sede negli Stati uniti.

Un secondo motivo per cui gli Stati uniti pongono una minaccia così grossa alla civiltà è che mentre l’imminente crisi climatica e ambientale ha le sue radici nella crescita economica senza vincoli, gli Stati uniti, invece di condurre il mondo verso un riorientamento e rallentamento, continuano ad opporvisi e a perseguire utili economici immediati. In qualità di leader della rivoluzione neoliberale, [gli Stati uniti] fanno pressione per l’apertura di nuovi mercati del terzo mondo, per una crescita cieca e si oppongono alle azioni collettive e intelligenti che potrebbero contenere o ridurre il contributo umano al riscaldamento globale. E’ una bella illustrazione del trionfo della gratificazione immediata e dell’irresponsabilità massima dell’industria e dell’élite Cim. Un terzo motivo per cui questo paese pone una minaccia così grossa è che il mondo non può sostenere né lo spreco di una corsa alle armi, né i costi sociali di una rivoluzione neoliberale, entrambi voluti dagli Stati Uniti con insistenza. Le disuguaglianze globali sono aumentate, miliardi di persone sono corte di acque, di cibo, di cure mediche e di risorse decenti per l’istruzione. Queste, più le guerre occidentali di dominazione, hanno aumentato le tensioni etniche, il crimine, il clientelismo e le migrazioni di massa causando, pertanto, più conflitti, terrorismo e guerre nonché sofferenze umane immense

Il mondo ha bisogno di leadership per risolvere questi problemi reali, ma quelle che ha ricevuto in continuazione dagli Stati Uniti sono politiche che sprecano risorse, attizzano i conflitti, massacrano, distruggano e letteralmente combattano le iniziative costruttive contro disastri ambientali minacciosi. Quelli che credono alla "fine dei tempi", che hanno legami forti con l’amministrazione Bush, potrebbero ottenere il loro Armageddon senza alcun aiuto divino, semplicemente grazie alla politica Bush-Usa di sempre.

* Il Dialogo, Venerdì, 06 luglio 2007


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