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PER LA RICERCA DELLA VERITA’ SUI FATTI DI GENOVA - G8 - SEI ANNI DOPO SIAMO ANCORA QUI. L’Avv. Ezio Menzione riceve minacce. L’AED (Avvocati Europei Democratici) ed il Legal Team Italia esprimono la loro massima solidarietà - a cura di pfls

venerdì 20 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
COMUNICATO STAMPA
SOLIDARIETA’ ALL’AVV. EZIO MENZIONE
Nella mattina del 26 maggio l’Avv. Ezio Menzione, che da anni
si batte in prima fila per la difesa dei diritti fondamentali
e per la ricerca della verità sui fatti di Genova, ha
ricevuto pesanti minacce anonime con cui gli si intimava
“Lasciate stare a Placanica, sennò vi faremo saltare in aria"
Il giorno prima, in un’udienza davanti al Tribunale genovese
per un processo contro alcuni manifestanti, l’Avv. Menzione (...)

In risposta a:

> PER LA RICERCA DELLA VERITA’ SUI FATTI DI GENOVA - G8 - SEI ANNI DOPO SIAMO ANCORA QUI. --- Quel che è avvenuto a Bolzaneto nel 2001 è la violazione simultanea e flagrante di tre importanti trattati internazionali che l’Italia aveva contribuito ad elaborare e si era solennemente impegnata a rispettare: la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, il Patto dell’Onu sui diritti civili e politici del 1966, e la Convenzione dell’Onu contro la tortura del 1984. A Bolzaneto sono stati inflitti trattamenti disumani e degradanti ma, in più casi, anche vere e proprie torture (di Antonio Cassese).

venerdì 21 marzo 2008

Come punire quelle torture

di Antonio Cassese (la Repubblica, 20.03.2008)

Quel che è avvenuto a Bolzaneto nel 2001 è la violazione simultanea e flagrante di tre importanti trattati internazionali che l’Italia aveva contribuito ad elaborare e si era solennemente impegnata a rispettare: la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, il Patto dell’Onu sui diritti civili e politici del 1966, e la Convenzione dell’Onu contro la tortura del 1984. A Bolzaneto sono stati inflitti trattamenti disumani e degradanti ma, in più casi, anche vere e proprie torture.

I trattamenti disumani e degradanti, vietati dalla Convenzione europea, sono quelli che causano sofferenze fisiche o mentali ingiustificate e umiliano e abbrutiscono una persona. Ad esempio, la Corte europea vietò all’Inghilterra di infliggere come pena la fustigazione di minorenni condannati; condannò la Turchia perché due ufficiali avevano commesso atti di violenza carnale nella zona nord di Cipro senza essere puniti; censurò la Lettonia per aver detenuto in un carcere carente di strutture adeguate un condannato paraplegico e non autosufficiente, causandogli ’sentimenti costanti di angoscia, inferiorità ed umiliazione’. Anche tenere ventidue ore al giorno più detenuti in celle anguste, senza servizi igienici, costituisce trattamento disumano e degradante - come fu rimproverato all’Inghilterra.

Quando si ha invece tortura? Quando i maltrattamenti o le umiliazioni causano gravi sofferenze fisiche o mentali, ed inoltre la violenza è intenzionale: si compiono volontariamente contro una persona atti diretti non solo a ferirla nel corpo o nell’anima, ma anche ad offenderne gravemente la dignità umana; e ciò allo scopo di estorcere informazioni o confessioni, o anche di intimidire, discriminare o umiliare. "Datemi un pezzettino di pelle e ci ficcherò dentro l’inferno", è quel che un grande scrittore americano fa dire ad un aguzzino. La tortura è proprio ciò: l’inferno nel corpo o nell’anima. È tortura l’uso di elettrodi su parti delicate del corpo, il fatto di provocare un quasi-soffocamento (infilando un sacchetto di plastica sul capo), o quasi-annegamento (si tiene una persona a testa in giù, inondandole di acqua la bocca e il naso, così da darle la sensazione di annegamento), o picchiare con forza e a lungo sul capo di una persona con un elenco telefonico, fino a provocare capogiri o svenimenti. Queste e tante altre forme di violenza sono state concordemente considerate tortura da autorevoli giudici internazionali.

A Bolzaneto quasi tutti i 200 e passa arrestati vennero sottoposti a trattamenti disumani e degradanti, come risulta dagli atti dei pubblici ministeri, riassunti nell’incisivo reportage di D’Avanzo pubblicato su questo giornale. Ma in più di un caso si andò oltre e si trattò di vera e propria tortura. Ad esempio, nel caso di A.D. che - cito D’Avanzo - «arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare nella ’posizione della ballerina’ [in punta di piedi]. Lo picchiano con manganello. Gli fratturano le costole, lo minacciano di ’rompergli anche l’altro piede’. Poi gli innaffiano il viso con gas urticante mentre gli gridano ’Comunista di merda’». Penso anche al caso di G.A., arrivato ferito a Bolzaneto: «Un poliziotto gli prende la mano. Ne divarica le dita con due mani. Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due ’fino all’osso’. G.A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza anestesia. G.A. ha molto dolore. Chiede ’qualcosa’ Gli danno uno straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare». Questi fatti, se confermati dai giudici, costituiscono tortura. Così come si arriva alla soglia della tortura in altri casi apparentemente meno gravi, ma in cui l’effetto cumulativo di più comportamenti (insulti, pestaggi ripetuti, umiliazioni soprattutto nei confronti delle donne, spesso lasciate nude agli sghignazzamenti e agli scherni dei poliziotti), è tale da causare gravi sofferenze mentali (spesso anche fisiche).

Orbene, di fronte a questi fatti cosa si può fare in Italia? Visto che siamo legati da importanti trattati internazionali, se i giudici non infliggeranno adeguate punizioni e significativi risarcimenti, si potrà fare ricorso alla Corte Europea. Ma non basta. La Corte di Strasburgo potrà tutt’al più accertare la violazione della Convenzione europea da parte dell’Italia e condannare il nostro Governo a risarcire i danni morali e materiali. Più significativo sarebbe che i nostri giudici potessero condannare per tortura coloro che fossero ritenuti colpevoli di tali atti. Ma è impossibile: come è noto, anche se la Convenzione dell’Onu del 1984 ne impone l’emanazione, una legge che vieti specificamente la tortura manca ancora in Italia - benché ben 20 progetti di legge siano stati presentati in Parlamento dal 1996.

Come mai? In genere in Italia tardiamo ad attuare trattati internazionali, per insipienza, lentezze burocratiche, ottuse resistenze della pubblica amministrazione. Nel caso della tortura è lecito però sospettare che la mancanza di una legge sia dovuta anche ad una precisa volontà politica di certi partiti: la volontà di non consentire che i colpevoli dei fatti di Bolzaneto venissero puniti adeguatamente. È significativo che nella penultima legislatura (2001-2006), quando sembrava di essere in dirittura di arrivo, all’improvviso la Camera approvò a maggioranza, in plenaria, un emendamento della Lega che richiedeva per la tortura la sussistenza di "reiterate violenze o reiterate minacce" (non basterebbe torturare solo una volta, bisognerebbe torturare la stessa persona ieri, oggi e domani, per essere puniti!). Anche se successivamente si tornò al testo originario, la legislatura si chiuse senza alcuna legge, così come è avvenuto nel 2006-2008. Se i giudici confermeranno la ricostruzione dei fatti e le tesi dei pubblici ministeri, si avranno due conseguenze, già sottolineate da altri: taluni fatti non verranno chiamati per nome e cognome (tortura), ma con termini generici, inadatti a rifletterne la gravità, come «abuso di ufficio» e «violenza privata»; e i reati cadranno presto in prescrizione.

Per il futuro, non ci resta che sperare che il prossimo Parlamento sia meno inefficiente. E che le «autorità amministrative competenti» traggano le debite conseguenze da condanne di funzionari dello Stato che infangano il buon nome delle forze dell’ordine, la cui stragrande maggioranza rispetta e tutela i diritti umani. E non si tema di continuare a protestare: il giorno in cui smettiamo di indignarci per fatti come quelli di Bolzaneto, la democrazia è morta in Italia.


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