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Filosofia e Pittura. Etica per immmagini....

DOPO MUNCH, IL "GRIDO" DI ANTONIO PILATO. Il terribile è già accaduto. "L’impotenza del pensiero" occidentale ... e l’acqua, l’"acqua viva", il buon-messaggio in bottiglia alla deriva - a cura di Federico La Sala

Mostra personale di Antonio Pilato, presso la Civica Galleria d’Arte Moderna " Giuseppe Sciortino", a Monreale (dal 13 ottobre all’11 novembre 2007).
venerdì 19 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.» (E. Munch).

PILATO Antonio, pittore: "Geni in bottiglia. L’impotenza del (...)

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> DOPO MUNCH, IL "GRIDO" DI ANTONIO PILATO. Il terribile è già accaduto. -- Le stelle stanno a guardare. Van Gogh e Munch: una comune sensibilità (di Fiorella Minervino)

sabato 19 dicembre 2015

I due geni della pittura. Van Gogh e Munch

Le stelle stanno a guardare

Al Museo che Amsterdam dedica al suo illustre artista un match a colpi di capolavori da cui affiora una comune sensibilità

di Fiorella Minervino (La Stampa, 19.12.2015)

Due giganti a confronto: Van Gogh e Munch per la prima volta fianco a fianco per raccontare le affinità che li legano in una mostra ricca di ben 80 dipinti e 30 lavori su carta, realizzata grazie anche al Museo Munch di Oslo e a 25 prestatori. Sono i due artisti che forse meglio hanno saputo scavare nel proprio animo turbato, anticipando angosce, paure, incubi dell’intero ’900.

Dieci anni li separano nella nascita, Vincent vide la luce a Groot-Zundert nel 1853, Edvard ad Oslo nel 1863, tuttavia le esperienze corrono parallele, molto li unisce anche se probabilmente mai si incontrarono. L’esordio artistico risale per entrambi al 1880 nella scia dei pittori naturalisti, ma subito avvertono l’esigenza di stili personali e temi cari al realismo.

La panoramica prende l’avvio dai famosi Mangiatori di patate 1885, e da Il mattino 1884: i dipinti fecero scandalo, quello di Munch con la ragazza ai bordi del letto per la crudezza del racconto, quello di Van Gogh per le mani callose, i volti scavati dalla fatica, l’atmosfera cupa dei contadini a tavola.

I due, desiderosi di libertà e novità, partono entrambi per Parigi, il centro delle avanguardie artistiche internazionali di primo ’900 e frequentano talora gli stessi ambienti e artisti, Gauguin, Bernard e così via. Ciascuno vuol trasformare il linguaggio dell’arte, anzi rivoluzionarlo per dare corpo a sentimenti universali, semmai offrire risposte alle domande comuni, rendere l’esistenza umana in tutti gli aspetti, dai più duri ai più alti, meglio se a contatto della natura.

Nascono così i cicli di nascita e morte, le stagioni, la paura, la sofferenza, l’amore e la speranza: in una vasta sala si succedono opere prodigiose, suddivise per tali temi, come del resto le numerose lettere esposte in vetrine dove entrambi spiegano il proprio lavoro.

Ecco allora la Fanciulla malata e Madonna di Munch, vicini a La berceuse di Van Gogh, poi Campo di grano sotto un cielo nuvoloso di Edvard, accanto al Giardino dell’ospedale di Vincent. I loro linguaggi esasperati cercano l’espressione più profonda nei colori e nelle pennellate: alle linee ondulanti, corpose dell’olandese, capaci fin di agitarsi sulla tela per catturare i gialli del Sud di Francia, corrispondono i rossi e le atmosfere soffocanti, dalle prospettive e inquadrature ribaltate, e dalle mirabili semplificazioni formali del norvegese.

Se i celebri Girasoli turbano l’osservatore, l’Urlo ne sconvolge l’animo catturandone sgomento e impotenza. I due amano il mare, i fiumi dai fragili ponti in legno con giovani donne appena delineate, prediligono le serie, i dipinti in successione che definiscono «sinfonie»: per Munch è il possente Fregio della vita (vi lavora sino alla morte nel 1944) a narrare l’esistenza come una danza animata da figure eloquenti, volti sintetizzati e colori simbolici come l’abito candido della fanciulla, il rosso della passione al centro, mentre i blu e i bruni della vecchia sottolineano i lineamenti sfatti. Per Van Gogh è invece La casa gialla ad Arles che chiamava «decorazione», come la famosa Camera da letto 1888.

«Realizziamo ora un nostro lungo sogno, anche con il nuovo ingresso al museo, in occasione dei 125 anni dalla morte del pittore», ha dichiarato all’inaugurazione il direttore Axel Rueger del museo di Amsterdam, poi con la curatrice Malte Van Dijk (classe 1982) ha tolto i teli che coprivano due capolavori accostati all’ultimo piano, salutati da performances e musiche: sono le Notti stellate, l’una sul Rodano nel 1888, l’altra a Oslo nel 1924. Medesima è la lontananza dalle minuscole città illuminate sul fondo sotto il potente cielo blu; entrambi paiono voler afferrare le stelle, Van Gogh le crea lucenti nell’acqua, sfavillanti, quasi in movimento. Gli astri di Munch paiono dei pianeti, se non sogni, con l’ombra lunga d’un uomo sulla neve, fuori dalla sua casa.


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