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Filosofia e Pittura. Etica per immmagini....

DOPO MUNCH, IL "GRIDO" DI ANTONIO PILATO. Il terribile è già accaduto. "L’impotenza del pensiero" occidentale ... e l’acqua, l’"acqua viva", il buon-messaggio in bottiglia alla deriva - a cura di Federico La Sala

Mostra personale di Antonio Pilato, presso la Civica Galleria d’Arte Moderna " Giuseppe Sciortino", a Monreale (dal 13 ottobre all’11 novembre 2007).
venerdì 19 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.» (E. Munch).

PILATO Antonio, pittore: "Geni in bottiglia. L’impotenza del (...)

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> DOPO MUNCH, IL "GRIDO" DI ANTONIO PILATO. Il terribile è già accaduto ... Lo spettacolo del disumano (di Flore Murard-Yovanovitch)

martedì 31 maggio 2016

Lo spettacolo del disumano

di Flore Murard-Yovanovitch *

C’è qualcosa di osceno a fissare la foto della barca che si rovescia in diretta. Fissare quell’istante in cui uomini, donne, neonati colano a picco sotto i nostri occhi. Quell’istante. Di coscienza immediatamente sommersa dall’illusione del fatalismo dei naufraghi, dalle altre notizie.

Quella foto, come per quella immaginata per gli altri circa 20.000 o molto di più desaparecidos scomparsi e fatti sparire in vent’anni nel cimitero Mediterraneo. In un non meglio precisato "al largo della Libia", come scrivono ormai tutti i giornalisti, senza ulteriore precisazione, come se la localizzazione di un naufragio fosse in sé anche inutile fantasma.

La fossa comune allora è quell’istante, dove la barca cola picco. Alcuni si gettano, alcuni urtano con la testa la barca, altri rimangono imprigionati nella stiva soffocati. Quell’istante in cui cola a picco. E desensibilizza, anestetizza, in quell’odierna anestesia della sensibilità umana collettiva. Una gigantesca anestesia storica. Già annunciata da Susan Sontag, ma oggi essa ha fatto un passo ulteriore, con l’era tecnologica digitale, l’era di Facebook, dei social network e della stra mediatica rivoluzione migratoria.

Quella foto svela questo spettacolo del disumano, al quale siamo ormai più che assuefatti. Dietro gli schermi anaffettivi, dove ognuno, per sé, clicca, condivide, invia foto, denuncia, numeri, notizie, cercando di dominare l’ineluttabile rabbia: quella di non essere in grado di fermare la barbarie. Mentre nessuna barca sarà mai salvata da uno schermo.

Il lancinante fotografare, narrare, svelare il filo spinato, le sbarre, gli abusi sui profughi, non sarebbe, allora, a parte il ruolo chiave che ricoprirà per le successive e future indagine degli storici, controproducente? Creando assuefazione a non (re)agire. Quella che in realtà condividiamo in un cerchio ipnotico, non è solo quell’immagine, ma la nostra incapacità di reagire. E se la foto del piccolo Aylan non era riuscita ad accendere una rivolta politica contro i nostri governi che permettono e lucidamente prendono decisioni disumane anti-profughi. Se lasciamo spiaggiare a qualche miglia, ogni giorno, neonati, come allora, questa foto dell’istante della barca potrà mai accendere una sollevazione contro i responsabili leader, contro il Trattato con la Turchia, il Migration Compact, la Commissione europea, e Frontex?

Lasceremo quella barca rovesciarsi oggi come ieri e domani ancora. Sotto nostri occhi. Quella foto dovrebbe invece innescare una lotta frontale per fare sparire il disumano e distruggere quello che ci distrugge. Perché non illudiamoci: siamo anche noi i naufragati. Questa foto non sono solo i profughi annegati, è la nostra umanità colata a picco nel Mediterraneo. È lo spettacolo del nostro disumano. Corridoi umanitari e legali subito.

* L’ Huffington Post, 30.05.2016 (ripresa parziale).


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