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Filosofia e Pittura. Etica per immmagini....

DOPO MUNCH, IL "GRIDO" DI ANTONIO PILATO. Il terribile è già accaduto. "L’impotenza del pensiero" occidentale ... e l’acqua, l’"acqua viva", il buon-messaggio in bottiglia alla deriva - a cura di Federico La Sala

Mostra personale di Antonio Pilato, presso la Civica Galleria d’Arte Moderna " Giuseppe Sciortino", a Monreale (dal 13 ottobre all’11 novembre 2007).
venerdì 19 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.» (E. Munch).

PILATO Antonio, pittore: "Geni in bottiglia. L’impotenza del (...)

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> DOPO MUNCH, IL "GRIDO" DI PILATO. ---- L’UMANITÀ CALPESTATA (di Gad Lerner).

sabato 22 agosto 2009

L’UMANITÀ CALPESTATA

di GAD LERNER (La Repubblica 22.08.09)

La prima reazione del gover­no italiano alla morte di 73 cittadini eritrei nel Canale di Sicilia è stata di fastidio e incredu­lità. Per bocca del suo ministro dell’Interno, che si è ben guardato dall’esprimere cordoglio e pietà, si è gettato discredito sul racconto dei cinque sopravvissuti.

Sopravvissuti che - non fossero apparsi in perico­lo di vita - sarebbero stati quasi certamente respinti, nonostante il diritto interna­zionale assegni loro lo status di ri­fugiati politici.

I notiziari televisivi hanno fat­to da cassa di risonanza a tale ignominia, lasciando sottinten­dere l’insinuazione che i dispera­ti giunti a Lampedusa dopo aver visto morire di stenti i loro con­giunti, potessero avere chissà quale interesse a mentire.

Sul piano morale, una tale pro­va di cinismo nei confronti di vit­time inermi, che non ha prece­denti nella storia repubblicana, giustifica il paragone avanzato ieri da Marina Corradi su "Avve­nire": evoca cioè l’indifferenza di tanti europei, 65 anni fa, di fronte alla discriminazione e alla deportazione degli ebrei considerati untermensch, sottouomini. Pure allora una martellante propa­ganda sollecitava a distinguere fra vite degne e vite indegne...

La pietà, come la bontà, è tornata a essere, nella propaganda governativa, un lusso che non ci po­tremmo permettere. Il do­vere assoluto del soccorso in mare rischia di procura­re a chi vi ottemperi accu­se di favoreggiamento del reato di immigrazione ille­gale. Le motovedette della Guardia di finanza hanno ricevuto l’ordine di procedere in mezzo al mare, frettolosamente, alla sele­zione degli stranieri dei paesi in guerra, titolati a richiedere asilo; anche se è palese l’impossibilità di condurre a bordo le inda­gini accurate che sarebbe­ro obbligatorie.

Così lo scandalo del prolungato omesso soc­corso in mare, denunciato dai pochi superstiti di un’odissea lunga venti giorni, ha trovato legitti­mazione postuma nell’insensi­bilità conclamata del ministro Maroni. Assistiamo a un abbruti­mento delle coscienze che pro­duce un guasto di civiltà e diso­nora chi l’ha perseguito. Non è solo la dottrina evangelica a uscirne calpestata, come denun­cia la Conferenza episcopale ita­liana, ma il più elementare senso di umanità.

Da mesi assistiamo allo spetta­colo di esponenti politici che esultano per i respingimenti, quasi che ci liberassimo di scorie tossiche e non di persone biso­gnose. Quando un partito di go­verno come la Lega diffonde. su Facebook un gioco di società in­titolato "Rimbalza il clandesti­no", festeggiando col suono di un campanello la sparizione di ogni barca,di migranti, vuol dire che la velenosa ideologia dell’unter­mensch è di nuovo entrata a far parte del nostro senso comune.

La viltà di tale comportamento è suggellata dallo scaricabarile delle colpe su di una nazione infi­nitamente più piccola e meno at­trezzata della nostra, qual è Mal­ta. Crediamo forse di lavarci la co­scienza addossando su La Vallet­ta la responsabilità dei soccorsi? O non stiamo piuttosto assisten­do a una lugubre replica della fa­vola del lupo e dell’agnello?

La Libia sta giocando spregiu­dicatamente con la vita di migliaia di persone e con le aspetta­tive politiche mirabolanti del go­verno italiano. I migranti vengono trattenuti per mesi nei suoi campi di lavoro e di prigionia; vengono sfruttati con la promes­sa di guadagnarsi i soldi necessa­ri a salpare verso la sponda nord; e ora vengono di nuovo mandati allo sbaraglio in mare: perché ogni tanto bisogna pur saziare l’avidità dei trafficanti che godo­no di protezione all’interno del regime corrotto di Tripoli.

Rivelando che fra il 1° giugno e il 20 agosto 2009 le nostre moto­vedette hanno effettuato 13 in­terventi, prestando soccorso a 420 profughi del mare, il Vimina­le riconosce implicitamente che l’accordo bilaterale con la Libia, spacciato sui mass media di regi­me come risolutivo, è invece un colabrodo. Invece di rifugiarsi dietro al mancato sos di un gom­mone con 78 persone a bordo pri­ve di strumenti di comunicazio­ne, il ministro Maroni farebbe meglio a chiedere scusa alle per­sone di cui ha messo in dubbio la parola. Commettendo una bas­sezza morale.

Per mesi egli ha cercato di dar­ci a bere un’altra favola, secondo cui sarebbe possibile fermare un esodo biblico dall’Africa all’Eu­ropa rinforzando la marina mili­tare di Gheddafi. Come se potes­simo ignorare che gli affamati nel mondo sono i miliardo e 20 mi­lioni di persone, 100 milioni. in più del 2008 (stima Fao del 19giugno). Di questi affamati, 265 mi­lioni vivono nell’Africa subsahariana, 42 milioni nel Vicino Oriente e nell’Africa del nord.

Di fronte a una tragedia di tale portata, l’Italia ha finora reagito tagliando i fondi per la coopera­zione allo sviluppo e disinteres­sandosi al rispetto dei diritti umani concernenti le persone che respinge.

Può capitare che per fare buo­ni affari petroliferi i nostri manager corrompano dei funzionari governativi, come in Nigeria; o che il fior fiore della nostra im­prenditoria vada a rende­re omaggio a Gheddafi sotto la tenda che un go­verno compiacente gli ha lasciato piantare nel parco di Villa Pamphili a Roma. Ma di progetti per lo svi­luppo, per combattere la fame e le malattie, ci si riempie la bocca solo di fronte alle telecamere del G8, salvo poi dimenticar­sene. Perché una cultura miope e razzista trova più conveniente assecondare l’istinto popolare. Si prendono più voti dicendo che abbiamo già troppi pro­blemi noi per poterci inte­ressare ai problemi di per­sone talmente disperate e diverse da apparirci mi­nacciose.


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