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IL BUON MESSAGGIO (Eu-angelo, ev-angelo, non ... vangelo, il gelo dell’inferno!). In principio era la Parola del Dio Amore ("Deus Charitas") - non il "logo" di "Mammasantissima" e di "Mammona" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!

PIRANDELLO E LA BUONA-NOVELLA. DALL’ITALIA, DALLA SICILIA, DA AGRIGENTO, DA BONN, DA ROMA, DA MILANO, DA NAPOLI, DA SAN GIOVANNI IN FIORE, E DA GERUSALEMME: UN "URLO" MAGISTRALE PER BENEDETTO XV ... E BENEDETTO XVI - a c. di Federico La Sala

LA NOTTE DI NATALE. Basta con la vecchia, zoppa e cieca, famiglia cattolico-romana, camuffata da "sacra famiglia"!!!
giovedì 13 settembre 2012 di Emiliano Morrone
[...] Venuta la notte di Natale, appena il signor Pietro Ambrini con la figlia e i nipotini e tutta la servitù si recarono in chiesa per la messa di mezzanotte, il signor Daniele Catellani entrò tutto fremente d’una gioia quasi pazzesca nella stanza del presepe: tolse via in fretta e furia i re Magi e i cammelli, le pecorelle e i somarelli, i pastorelli del cacio raviggiolo e dei panieri d’uova e delle fiscelle di ricotta - personaggi e offerte al buon Gesù, che il suo demonio non aveva (...)

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> Un “goj”: la ‘risata’ di Pirandello contro la vecchia e zoppa "sacra" famiglia ’cattolica’ !!!

martedì 5 dicembre 2006

Ad Agrigento al via le celebrazioni a 70 anni dalla morte: la sua posizione sul Meridione dopo l’Unità d’Italia

Pirandello e il Sud: disfatta o riscatto?

Assai prima del «Gattopardo» di Tomasi di Lampedusa, il romanzo «I vecchi e i giovani» evidenzia tre fallimenti: il Risorgimento come rinascita del Paese, l’unificazione come liberazione e sviluppo, il socialismo come rivincita dei poveri. Ma sotto accusa è anche l’ideologia "sicilianista" sempre contro lo Stato

di Andrea Bisicchia (Avvenire, 05.12.2006)

Ritornare a parlare de I vecchi e i giovani, scritto da Luigi Pirandello nel 1913 (come faranno gli studiosi di tutto il mondo da domani al 10 dicembre ad Agrigento, riuniti per celebrare i 70 anni dalla morte del grande scrittore e drammaturgo), è un’occasione ghiotta, non tanto per discutere di sorpassate categorie, riguardanti le soluzioni stilistiche o lo "scriver male" di Pirandello (e anche di Svevo), solo perché la sua pagina risultava disarmonica, rotta, disarticolata, con un ritmo della sintassi molto personale, ma per poter rileggere la storia attraverso la narrativa, senza per questo, considerare I vecchi e i giovani il penultimo romanzo storico, se si ritiene che Il Gattopardo possa essere l’ultimo.

Ciò che deve interessarci oggi è l’uso del tempo che Pirandello riesce a fare nel romanzo, il modo di accostarsi ad un’Italia politica di ieri che non è molto dissimile da quella di oggi, con una tematica, direi cinematografica, dovuta alla sua capacità di utilizzare l’ordine logico-temporale con momenti di stasi, per permettere l’inserimento di sequenze e pezzi retrospettivi, oltre che momenti di accelerazione che sembrano accostare il passato al futuro, grazie all’uso trasformistico della politica, all’assenza di ideali nella borghesia, al malcostume, alla corruzione, alla mediocrità, alla pochezza morale che attraversa la classe al potere per oltre un secolo.

Com’è noto il periodo storico, preso in esame da Pirandello, riguarda il biennio 1893-1894, quello della crisi agraria dell’immobilismo edilizio, della prima recessione industriale, dell’adesione di migliaia di lavoratori al partito socialista, della rivolta dei Fasci, dello scandalo del Banco di Roma, della repressione poliziesca, dell’uso spregiudicato di formule come Destra e Sinistra, intese come «generici orientamenti di gruppi notabiliari», secondo una precisa lettura di Salvatore Lupo. All’interno di questa scena, si muovono i vecchi, rappresentati da Gerlando, Ippolito, Cosmo, Caterina Laur entano e i giovani, alcuni del medesimo ceppo familiare, come Lando Laurentano o Stefano Auriti, altri che arrivano alla politica per fare gli interessi di chi la concepisce come fonte di clientelismo, rappresentato da Flaminio Salvo, Ignazio Capolino, mentre dietro di loro, si consumano fenomeni come il brigantaggio, sul quale pesano ancora le inchieste di Sonnino e Franchetti, o come la mafia che alimentavano le ingiustizie e le turpitudini che si perpetravano, protette dai prefetti e dai deputati, stimolate dalle consorterie locali che, come dice Caterina al figlio Stefano, «appestano l’aria delle nostre città, come la malaria le nostre campagne», grazie a «tirannelli locali capielettori», che hanno facilitato «trent’anni di malgoverno» e di omertà, ovvero di quella forza primitiva messa al servizio di interessi privati, mediante intimidazioni ed estorsioni.

Pirandello aveva capito tutto ed era stato anche presago di come l’omertà si sarebbe diffusa colludendo con la politica. Fatte queste considerazioni, I vecchi e i giovani potrebbe essere inserito nei filoni, non solo del romanzo storico, ma anche di quello parlamentare che aveva avuto i precedenti illustri nell’Onorevole Scipione, (non scritto) da Verga, in Dal tuo al mio, sempre di Verga, ne L’Imperio di De Roberto, ne L’ultimo borghese di Enrico Onufrio, in Rubé di Borgese, nel Daniele Cortis di Fogazzaro. Per i primi esegeti della narrativa pirandelliana, il romanzo più vicino a I vecchi e i giovani sarebbe stato I Viceré di De Roberto fonte assai ravvicinata e meditata, tesi sostenuta da Giovanni Macchia.

Questa continuità, col romanzo storico, è stata recentemente, confermata da Giorgio Pullini, col quale, però è in disaccordo Natale Tedesco che, basando la sua lettura sulle categorie di esemplarità ed antagonismo, lo libera da ogni rapporto col romanzo storico e lo addita come il primo tentativo di narrativa pre-espressionistica. Personalmente non credo che la vecchia tesi di Salinari (1960) sia de l tutto tramontata, anche perché, ne I vecchi e i giovani sono evidenti tre fallimenti collettivi, quello del Risorgimento, come rinascita del nostro Paese, quello dell’unità intesa come liberazione e sviluppo, quello del socialismo che avrebbe potuto far rinascere le fasi avvizzite del Risorgimento. A questi aggiungerei l’ideologia "sicilianista" cara a Giarrizzo (1987) sempre pronta ad accusare lo Stato di deprimere la Sicilia.

Insomma, ci troviamo dinanzi ad un romanzo complesso dove, come osserva Enzo Lauretta, le parti veramente nuove e valide sono quelle in cui la realtà ed il personaggio tendono a dissolversi, nel momento in cui viene scompaginato il grande affresco di una società che non riesce a trovare se stessa.


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