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In principio era il Logos. Ermeneutica e Sacre Scritture ...

PICCHIARE LE DONNE?! DIO, UOMINI E DONNE: "DARABA". LALEH BAKHTIAR TRADUCE IL CORANO E SPOSTA LE MONTAGNE DEL SIGNIFICATO. Mentre il cattolicesimo-romano parla ancora e solo di "guai ai vinti" e di "caro prezzo" (=caritas), il mondo islamico ri-scopre l’amore (= charitas) della Parola e illumina il mondo - a cura di pfls

venerdì 13 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Daraba in arabo significa principalmente "picchiare", "battere": è solo la terza persona di un passato, l’equivalente di un infinito per l’italiano, ma per secoli è stata, a seconda dei punti di vista, una parola d’ordine, un precetto sacro, uno spauracchio da temere. Nella Sura (capitoli, a loro volta suddivisi in versetti) 4 del Corano, "daraba" è quello che Allah, tramite Maometto, dice agli uomini di fare alle mogli che non ubbidiscono, dopo aver provato ad ammonirle e a farle (...)

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> ISLAM, DONNE E UOMINI: "DARABA". LALEH BAKHTIAR TRADUCE IL CORANO E SPOSTA LE MONTAGNE DEL SIGNIFICATO. Mentre il cattolicesimo-romano parla solo di "caro prezzo" (=caritas), il mondo islamico ri-scopre l’amore (= charitas) della Parola e illumina il mondo - a cura di pfls

martedì 24 luglio 2007

PIANETA ISLAM

Perché l’islam potrebbe non aprirsi al «moderno»

di Samir Khalil Samir (Avvenire, 24.07.2007)

Il 12 luglio si è tenuto al Senato di Parigi, su iniziativa di quattro gruppi senatoriali, un convegno intitolato «Europa-Oriente: dialogo con l’islam», sotto il patrocinio del presidente del Senato. Cinque temi erano affrontati, ognuno con tre interventi di 15 minuti e un dibattito con la sala (circa 300 persone): Corano, islam e modernità; esegesi islamica; cristiani in Paesi musulmani; islam ed Europa; pluralismo e democrazia. Gli intervenenti erano studiosi francesi, musulmani e no, tunisini, siriani, libanesi ed egiziani. Un convegno denso, ricchissimo, che ha aperto tante piste di ricerca da approfondire. Vorrei fermarmi sull’intervento di Abdel Majid Charfi (Tunisi) intitolato: «L’islam è compatibile con la modernità?». L’autore, emerito, è stato professore di civiltà araba e del pensiero islamico, decano della facoltà di Lettere e titolare della cattedra Unesco delle religioni comparate. È membro di vari comitati di redazione di riviste accademiche. A questa domanda sono tre le risposte possibili.

La prima, categorica, è quella di Bernard Lewis ed altri: contrariamente al cristianesimo e all’ebraismo, l’islam è assolutamente incompatibile con la modernità, tenuto conto della sua natura beduina, fatalista, bellicosa. Questa posizione si ritrova con quella degli islamisti per i quali la modernità è il male assoluto (depravazione etica, edonismo, materialismo) che si deve combattere con tutti i mezzi per conservare la purezza dell’islam. Questa posizione, in contraddizione con i dati storici, è diffusa sia in Occidente sia nella letteratura islamista e le tv arabe finanziate dalla penisola arabica. La seconda è quella dei riformisti salafiti della fine dell’Ottocento: la modernità ha degli aspetti positivi che i musulmani devono acquistare, e degli aspetti negativi, in particolare materialismo ed immoralità. Loro non vedono la radicalità dei cambiamenti intervenuti sotto l’effetto della modernità, né la relazione tra i fondamenti filosofici della modernità e le realizzazioni materiali che ne derivano. Pensano che basta tornare ai «pii anziani» (salaf) per conquistare il mondo come nel settimo secolo. Questa posizione è stata scartata sia dai movimenti nazionalisti che da quelli islamisti, in particolare dai Fratelli Musulmani nati in Egitto nel 1928.

Queste due posizioni sono sorpassate. Le difficoltà originate dall’interpretazione dell’islam sono aumentate a causa del ritardo storico delle società musulmane in tutti i settori della vita. La secolarizzazione effettiva delle coscienze e delle istituzioni, la tendenza all’individualismo, la crisi dei valori ereditati, sono altrettanti segni del crescente problema. In questo contesto la religione fornisce dei riferimenti e delle strutture di sociabilità che tranquillizzano.

La terza è una riflessione che mira a liberare le menti dal dogmatismo e a promuovere un pensiero libero e responsabile, mentre l’integralismo invadente propone delle risposte prefabbricate ed è incoraggiato dai Paesi petroliferi. L’insufficienza della riflessione ha varie cause.

La prima è la situazione internazionale. È inutile fare appello alla ragione, quando le masse musulmane si sentono umiliate dall’occupazione dei loro territori, in particolare in Palestina e nell’Iraq. Quest’occupazione esaspera il ripiegamento identitario e l’attaccamento ai simboli religiosi (hijab, barba).

La seconda riguarda i regimi politici arabi autocratici e dispotici, i quali ricorrono alla religione per legittimare le loro posizioni.

La terza: il livello bassissimo dei programmi scolastici, basati sulla memoria e la ripetizione, senza spirito critico né riflessione.

La quarta: la situazione della donna musulmana mantenuta in uno stato d’inferiorità giuridica: poligamia, ripudio, matrimonio forzato, imposizione del velo, disuguaglianza nell’eredità sono piaghe del sistema islamico.

La quinta: la struttura patriarcale delle società islamiche tradizionali è causa di molti guai. Ma per cambiarla ci vuole la scienza, la tecnica e l’industrializzazione, e più ancora la diffusione dei valori dei diritti umani. Paradossalmente, la ricchezza petrolifera, lungi da risolvere i problemi, li ha solo nascosti.

Sesta e ultima causa: la modernità materiale può coesistere con il pensiero religioso tradizionale. Perciò occorrono sia il rinnovo del pensiero religioso sia la modernità materiale. La globalizzazione sta diffondendo in modo insensibile l’emergenza di una società secolarizzata, con una reazione religiosa identitaria per resisterle. Speriamo che quest’analisi aiuti gli uni e gli altri ad agire per armonizzare islam e modernità.


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