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> CALABRIA E NON SOLO. Operazione «Why Not» --- Negli atti contesi De Magistris accusa: "Il mio capo è amico di un mafioso"... Monsignor Bregantini, fu fatto trasferire perché con la sua attività dava fastidio proprio ai "potenti" che erano indagati nelle sue inchieste

sabato 6 dicembre 2008


-  Tra Salerno e Catanzaro, anche ieri, carabinieri mobilitati per sequestri incrociati
-  La procura calabrese getta acqua sul fuoco: "La guerra è in Iraq, non qui"

-  Negli atti contesi De Magistris accusa
-  "Il mio capo è amico di un mafioso"

dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO *

CATANZARO - Alla Procura di Catanzaro dicono che "non è una guerra" e che "di veleni parlano solamente i giornali". Al Palazzo di Giustizia di Salerno replicano che non sono "né tesi né nervosi", come se il terremoto scatenato dai blitz di entrambe le Procure che si sequestrano a vicenda gli atti delle inchieste di De Magistris non fosse mai avvenuto.

Ma questa presunta "pace" e "serenità" è contraddetta dai fatti. Anche ieri i carabinieri di Salerno e di Catanzaro, imbarazzatissimi, hanno fatto avanti e indietro tra le due città perché la Procura di Catanzaro, dopo aver subito il sequestro degli atti delle inchieste "Why Not" e "Poseidone" da parte dei colleghi di Salerno, ha inviato a sua volta i carabinieri nella procura campana per sequestrare gli stessi atti.

Insomma un vero e proprio bailamme giudiziario sul quale non può intervenire neanche la Procura di Napoli (competente per territorio) perché, ironia della sorte, a Palazzo di giustizia del capoluogo campano lavora adesso come pm proprio Luigi De Magistris, e quindi per ovvi motivi di opportunità Napoli non potrà occuparsene.

Forse, ma è tutto da vedere, potrebbe intervenire la Procura di Roma. Il fatto è che nessuna delle due procure, allo stato, può utilizzare gli atti di quelle due inchieste, metà dei quali si trovano a Salerno e l’altra metà, sorvegliati a vista dai carabinieri, a Palazzo di giustizia di Catanzaro. Qui, il procuratore generale Enzo Jannelli continua a ripetere che questa non è una guerra e che "le guerre di fanno in Iraq", anche se aggiunge che quello compiuto dai colleghi di Salerno "è un atto eversivo".

Ma come si è giunti a questo scontro giudiziario senza precedenti? In sintesi, il pm De Magistris, dopo che gli sono state tolte dai suoi superiori le inchieste "Why Not" e "Poseidone", che vedevano indagati tra gli altri l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella (poi prosciolto) e l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, denuncia i suoi superiori a Salerno. Salerno comincia a indagare i magistrati di Catanzaro accusati da De Magistris e chiede gli atti delle due inchieste ai colleghi calabresi, che intanto denunciano a loro volta De Magistris. I vertici delle due procure si incontrano più volte e decidono come e quando quegli atti dovrebbero essere acquisiti. Sin da febbraio, lettere e riunioni. Fino all’altro ieri, quando Salerno decide di agire con un centinaio di carabinieri dentro il Palazzo di Giustizia di Catanzaro. Il sequestro degli atti è motivato così: "A fronte di tali ostative condotte (quelle presunte dei magistrati di Catanzaro-ndr) la doverosa attività accertativa di questa procura ha inteso seguire diverse e più fattivi percorsi".

Dalla lettura di quel ponderoso decreto di sequestro della Procura di Salerno (1700 pagine) vengono fuori alcuni interrogatori resi a De Magistris il quale, senza mezzi termini, accusa il suo ex capo Mariano Lombardi di frequentare personaggi in odor di mafia, come l’imprenditore Antonino Gatto, inquisito anche da De Magistris e proprietario dei supermercati Despar in Sicilia e in Calabria. De Magistris afferma che queste frequentazioni pericolose del suo capo sarebbero confermate anche da intercettazioni telefoniche.

Ancora De Magistris sostiene che l’ex vescovo di Locri, monsignor Bregantini, fu fatto trasferire perché con la sua attività dava fastidio proprio ai "potenti" che erano indagati nelle sue inchieste.

* la Repubblica, 6 dicembre 2008


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