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IL LATINO, IL "FUTURO LATINO", LA MESSA IN LATINO e il "MOTU PROPRIO" DEL PAPA DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. Una lezione sul "latinorum" del prof. Raffaele Simone - a cura di Federico La Sala

lunedì 9 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Il fatto è che le religioni amano
associarsi a lingue presunte
“originarie” e dotate di un flavor
esoterico e iniziatico,
anche se nessuno le capisce: anzi
esattamente per quello. Così
assicurano la propria autenticità
e continuità rispetto agli inizi:
allora le formule rituali possono
trasformarsi tranquillamente
in mantra, in “Donne Bisodie”
e in “sicuterat”. Non importa
che si capisca, quel che
conta è che ci si distingua dagli
altri.
La chiave (...)

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> IL LATINO, IL "FUTURO LATINO", e il "MOTU PROPRIO" DEL PAPA DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. Una lezione sul "latinorum" del prof. Raffaele Simone - a cura di pfls

sabato 7 luglio 2007


-  Emanato il "motu proprio" che entrerà in vigore il 14 settembre
-  Benedetto XVI: "Non intaccherà l’Autorità del Concilio Vaticano II"

-  Il Papa difende la messa in latino
-  "Per ritrovare l’unità della Chiesa"

I lefebvriani: "Clima migliore, ma siamo ancora sotto scomunica" *

CITTA’ DEL VATICANO - La messa in latino piace ai fedeli e unisce la Chiesa. Lo afferma Benedetto XVI nella lettera ai vescovi con cui accompagna il motu proprio "Summorum Pontificum" pubblicato oggi, che stabilisce nuove regole sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970.

Più che di un ritorno alla messa in latino, il Papa preferisce parlare di "un uso duplice dell’unico medesimo rito", visto che il Messale del ’62 non fu mai giuridicamente abrogato e di conseguenza e in linea di principio, restò sempre permesso".

"Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962." Così si stabilisce nell’articolo 5 del motu proprio.

Il motu proprio entrerà in vigore il 14 settembre e da quel giorno il parroco potrà autorizzare la messa in latino mentre ai vescovi resterà il compito di vigilare sull’applicazione, di segnalare eventuali difficoltà alla commissione vaticana "Ecclesia Dei" e, tra tre anni, di fare rapporto alla Santa Sede sull’applicazione di queste norme. Secondo le nuove norme il parroco che lo riterrà necessario potrà organizzare una "parrocchia personale" per le messe con rito straordinario, se ci sia un numero consistente di fedeli che lo desiderino.

Negli anni successivi alla riforma del 1970, "non furono pochi i casi di celebrazione" - rileva Benedetto XVI - "legati a questo uso del rito romano", e accenna qui al movimento di mons. Marcel Lefebvre. "Nel movimento guidato dall’arcivescovo Lefebvre, la fedeltà al Messale antico divenne un contrassegno esterno; le ragioni di questa spaccatura, che qui nasceva, si trovavano però più in profondità".

Il tentativo è quello di recuperare lo scisma dei tradizionalisti. E monsignor Bernard Fellay, Superiore generale dei lefebvriani, sottolinea insieme alla gratitudine a Ratzinger anche il fatto che la lettera che accompagna il Motu Proprio "non nasconde tuttavia le difficoltà che ancora sussistono". E ora la Fraternità San Pio X "auspica che il clima favorevole instaurato dalle nuove disposizioni della Santa Sede permetta - dopo il ritiro della scomunica che colpisce ancora i suoi vescovi - di affrontare con più serenità i punti dottrinali in questione"

Benedetto XVI in ogni caso ritiene infondato "il timore" che con il motu proprio che liberalizza la messa in latino "venga intaccata l’Autorità del Concilio Vaticano II e che una delle sue decisioni essenziali, la riforma liturgica, venga messa in dubbio".

* la Repubblica, 7 luglio 2007


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