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A don Primo Mazzolari (1890 - 1959). «Et nos credidimus Charitati...»!

"Adesso"!!! Lettera di un industriale milanese a don Primo Mazzolari, presentata da don Aldo Antonelli - a cura di pfls

mercoledì 4 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Le letture possono essere molteplici ... ma io la trovo molto sofferta e sincera, ed anche molto premonitrice.
Chissà cosa scriverebbe, oggi, questo signore quando ormai la produzione si coniuga indissolubilmente con lo sfruttamento e l’inquinamento, con il falso e l’ingiustizia, creando dei vuoti di povertà abissali da una parte e accumulando inique ricchezze dall’altra.
Non dico per "progredire", ma anche solo per restare a galla, questi signori sono costretti, nolenti e/o (...)

In risposta a:

> "Adesso"!!! ---- La democrazia del mucchio non è la democrazia: come non è la religione la religione del mucchio... Cristo è venuto a liberare l’uomo da ogni schiavitù, an­che dalla schiavitù della massa (don Primo Mazzolari, settembre 1953 - a cura di don Aldo Antonelli).

lunedì 30 marzo 2009

DON PRIMO MAZZOLARI,

IL MUCCHIO COME MITO ("Adesso", 17/1953)

a cura di don Aldo Antonelli

"Il mucchio come mito"!

Le adunate in piazza san Pietro? O quelle, sterminate, delle GMG in giro per il mondo? O quelle, affollate ed anche tragiche, che fanno da contorno ai viaggi papali, Africa o non Africa?

Ma anche le ammucchiate dei figuranti alla Fiera di Roma! Siamo ormai alla celebrazione quantitativa delle cose e delle persone. Non è il sapore dei soldi che interessa, ma il loro ammontare. Non è la voce delle persone che si vuole ascoltare, ma il loro peso numerico.

"Il mucchio come mito" è il titolo che riporta un articolo non firmato del numero 17/1953 della rivista "Adesso" di don Primo Mazzolari. Molto probabilmernte (lo si vede anche dallo stile) è di don Mazzolari stesso.

Nel mese di settembre del 1953, nella stessa domenica, un milione di cattolici si erano radunati a Torino per il Congresso Eucaristico, oltre settecentomila a Milano per la festa dell’"Unità" e duecentomila a Spalato per ascoltare Tito...

Don Primo che fa?

Prende la penna e scrive:

IL MUCCHIO COME MITO

Questo il bilancio di una qualunque domenica del set­tembre 1953.

Non ne siamo stupiti, ma non siamo contenti, anche se il Con­gresso di Torino batte il record.

Appunto perché noi cattoli­ci siamo ancora davanti in que­sta gara di mobilitazione delle masse, noi per primi non pos­siamo essere contenti dell’an­dazzo.

Le moltitudini non ci fanno paura: ci fa paura la fiducia che esse portano dietro e che ispirano alle loro guide. E’ una fiducia che, secondo me, con­trasta con le regole dello spi­rito e s’avvicina a quelle del materialismo.

Il materialismo, infatti, s’in­sinua,e fa capolino da ogni do­ve, e il fasto, il rumore, la quan­tità ne sono gli araldi. La tec­nica poi, che fa muovere genti e suoni, senza fatica ma non senza spesa, e che dispone di ritrovati incantatori, che di­straggono invece di raccoglie­re, eccitano invece di purifica­re, si è messa volentieri a ser­vizio di questo spirito di massa.

Per rimanere un attimo in casa nostra, penso che molti credenti troveranno un pò ar­duo portare come motivo di massa certi sublimi Misteri, che un tempo venivano circondati da gelose e arcane iniziazioni.

Non vorrei essere frainteso. Io non contesto il diritto di e­sprimere la propria fede e di esternare la propria adorazio­ne, e neppure di sottrarre il po­polo cristiano al dovere di fare ciò che gli altri fanno, e che potrebbe rappresentare un "ag­giornamento d’apostolato". Mi permetto soltanto di chiedere se noi cattolici possiamo met­terci in questo piano di gara che ci porta fatalmente all’e­saltazione dei valori di massa.

Questo stare insieme a quel modo per un’ora, per una gior­nata, questo affiancarsi e pi­giarsi assomiglia al quam bonum et quam jucundum habi­tare fratres in unum?

Non tutto quello che gli altri fanno è bene fare: non tutti i diritti sono usabili per chi guar­da oltre il diritto.

In certi favolosi ammassa­menti di qualsiasi genere, si ha l’impressione che il motivo cen­trale divenga piuttosto un pre­testo per uno spiegamento di forze o per un torneo oratorio, che deve per forza sfociare nel­la retorica.

Lamentiamo il disamoramen­to del quotidiano, si chiami esso parrocchia, casa, ecc., e sia­mo noi che ne deformiamo il gusto con questa incessante mobilitazione verso lo straor­dinario e lo sbalorditivo.

Ma il fatto di questa struttu­razione di massa investe in pie­no il problema dell’educazione del popolo e il progressivo svuotamento dell’uomo. La per­sonalità sta diventando una larva, e un pò anche per colpa nostra, nonostante il daffare verbale per difenderla e conso­lidarla.

Ieri avevano ragione i più grossi portafogli: oggi, hanno ragione le masse più grosse, i mucchi più grossi.

Non abbiamo fatto molta strada e neppur cambiato stra­da. Prepotenza del danaro o sopraffazione del numero, se non è zuppa è pan bagnato: una strada cioè che ci dispen­sa dall’essere ragionevoli e dal rispettare tanto coloro che so­no senza soldi come coloro che sono in pochi.

Senz’accorgersene, il muc­chio diventa il mito: ed esso va accresciuto e difeso ad ogni costo. E chi fa parte del muc­chio s’abitua a non esistere, a non parlare, a non agire se non come mucchio.

La democrazia del mucchio non è la democrazia: come non è la religione la religione del mucchio.

Il mucchio è falange, legio­ne, rullo compressore, non co­munità; elemento di urto, non comunione.

Le masse, come i blocchi non si cercano se non per sfidarsi, urtarsi, annientarsi. Dietro un ordinamento politico di masse o di blocchi, non c’è che la guerra.

Il pericolo della massa è av­vertito purtroppo anche da po­chi cristiani, i quali trovano più facile ammucchiare che e­ducare, sbalordire più che ele­vare.

Cristo è venuto a liberare l’uomo da ogni schiavitù, an­che dalla schiavitù della massa.


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