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Antropologia, Eu-angelo, e Costituzione italiana - la nostra "Bibbia civile"- ed eu-"ropeua"!!!

Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio ... Francesco D’Agostino (dall’Avvenire) vuole dare lezioni a Rosy Bindi e mostra solo tutto il livore di un cattolicesimo che ha sempre confuso "Erode" con Cesare e Dio con "Mammona"!!! - a cura di pfls

mercoledì 11 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] I "valori non negoziabili", che è compito di tutti i politici e quindi in particolare dei politici di ispirazione cristiana difendere, sono valori umani universali: eguaglianza tra uomini e donne, difesa dei soggetti deboli (in particolare bambini e anziani), tutela e promozione del diritto alla libertà religiosa, alla vita, alla salute, all’educazione, al lavoro, no alla tortura, alla pena di morte e a ogni pena criminale degradante, proibizione di ogni manipolazione eugenetica, (...)

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> Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio ... Francesco D’Agostino (dall’Avvenire) vuole dare lezioni a Rosy Bindi e mostra solo tutto il livore di un cattolicesimo che ha sempre confuso "Erode" con Cesare e Dio con "Mammona"!!! - a cura di pfls

venerdì 31 agosto 2007

"lettere dal palazzo"

Date a Cesare.........

di Lidia Menapace

26 agosto 2007 *

Dopo una tiratina d’orecchi ricevuta da Prodi sul dovere di pagare le tasse poco raccomandata dalla Chiesa e addirittura sul passo di san Paolo, che chiede soggezione ai dirigenti politici perfino se un po’ "lazzaroni" (traduce felicemente Prodi il testo che dice "discoli") e si riferisce ai dirigenti uno stato invasore ed imperialista come era Roma in Palestina allora: in un’occasione solenne del meeting di Rimini Comunione e Liberazione, e da parte di un personaggio illustrissimo, cioè il cardinale segretario di stato, la Chiesa dice che bisogna pagare le tasse giuste, per fare il bene dei poveri. Nobile suggerimento che Prodi giustamente incassa.

Ma, a voler essere rigorosi, è un suggerimento rivolto alla struttura di gestione, piuttosto che una definizione generale di principio come è contenuta nel noto passo detto del "tributo della moneta". Che sostiene esplicitamente di esistere"ciò che è di Cesare" (cioè appartiene senza ulteriori determinazioni allo stato) e "ciò che è di Dio". Senza voler entrare ora nelle attribuzioni di confini, esame di materie miste e lotta per le investiture che già afflisse i nostri anni giovanili a scuola, sembra comunque chiaro che si fa riferimento esplicito ad una positività in sé, che è lo stato. E non si tratta di una astrazione filosofica, né di una forma arcaica e tribale, bensì dello stato romano già ben sviluppato, con un sistema giuridico ed una struttura fiscale ben nota: Matteo evangelista di mestiere faceva il gabelliere, cioè il raccoglitore di tasse per conto dello stato.

La teoria della positività dello stato è sviluppata soprattutto da Tommaso, il quale definisce lo stato, come la chiesa, "societas perfecta", cioè una istituzione che ha dei fini e tutti i mezzi per adempierli. Qual è dunque il fine dello stato?Non la beneficenza, bensì il "bene comune" fatto di adeguamenti e soddisfacimenti differenziati tra ceti e soggetti, non una semplice sommatoria di tutti i beni desiderati da ciascuno. Il fisco è lo strumento principale perché lo stato possa adempiere il proprio fine principale e non tocca ad altri decidere se esso è eseguito in modo soddisfacente o no, se non ai cittadini di quello stato, nelle forme stabilite storicamente.

Agostino ha una idea meno positiva dello stato e lo considera solo pallido rispecchiamento della Città di Dio, platonicamente, e - come sempre - è molto più reazionario di Tommaso, essendo molto pessimista. Si sa che Benedetto XVI è filoagostiniano, ma ciò è solo una notizia sulle sue preferenze culturali: in ordine alla forma dello stato, non è né dogma né dottrina prevalente della Chiesa cattolica. Se lo stato è dunque il titolare della definizione e realizzazione di bene comune, lo si vedrà da un sistema fiscale via via più giusto, capace di soddisfare via via più diritti per più persone, fino allo stato sociale, la forma di stato che vede i bisogni diventare diritti e da soddisfare universalmente attraverso il sistema fiscale.

O no? Siamo dunque ancora alla beneficenza, cioè per la storia italiana al 1880? Anche in quel caso però c’era già stata Porta Pia e lo stato italiano poteva decidere quale beneficenza pubblica fare. A Paolo Cento che rimprovera la curia di fruire di molte esenzioni fiscali, questa piccata replica di applicare solo il Concordato. Vero: ma nulla vieterebbe che in un momento difficile della storia italiana, la chiesa rinunciasse dalla sua parte a qualche pingue esenzione.

* Il dialogo, Venerdì, 31 agosto 2007


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