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In principio era l’amore (charitas - non caritas!!!): pensare l’ "edipo completo"(Freud)

INTERVISTA A JULIA KRISTEVA. Anche chi non crede in Dio, crede nell’amore e ciò mi pare oggi il più grande elemento di persistenza della nostra civiltà cristiana. Ma, detto questo, la studiosa ri-cade nelle braccia dell’autorità paterna (della versione cattolico-romana del cristianesimo ... ancora edipica) - a cura di Federico La Sala

martedì 10 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Credo che esista un bisogno pre-religioso di credere e nell’esperienza psicanalitica può essere ricercato attorno alla cosiddetta identificazione primaria del figlio col padre. Non si tratta del padre edipico, quello dei divieti. Ma del padre dell’amore, dato che l’autorità paterna è un connubio fra il padre della legge e questo padre che ama. L’acquisizione del linguaggio richiede già questa fiducia di sé che ci viene data dal padre che ama. Leggendo la Seconda lettera ai Corinzi, (...)

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> INTERVISTA A JULIA KRISTEVA. ----- Se Teresa d’Avila incontra una strizzacervelli (di Julia Kristeva)

martedì 22 giugno 2010

Se Teresa d’Avila incontra una strizzacervelli

di Julia Kristeva (La Stampa, 22 giugno 2010)

La scrittrice e psicanalista francese (di origine bulgara) Julia Kristeva è ospite della serata conclusiva del festival Letterature di Roma (oggi alle 21, Basilica di Massenzio), a cui partecipa anche Tiziano Scarpa. Leggerà un testo inedito dal titolo La Passione secondo Teresa D’Avila (la santa a cui ha dedicato il saggio Teresa, mon amour, Donzelli 2009), del quale anticipiamo un estratto.

Come spiegare questo strano incontro fra una santa e una strizzacervelli? Non vi dirò tutto. Vi ricorderò soltanto che oggi è impossibile vivere senza accorgersi che gli scontri tra religioni non sono estranei agli scenari economici che incombono sulla nostra quotidianità e minacciano la pace nel mondo. Vi confesso che faccio parte di quei (rari?) scrittori e intellettuali europei convinti che esista una cultura europea di cui non andiamo abbastanza fieri. Io sono profondamente persuasa che solo a partire da una migliore appropriazione critica della pluralità delle sue culture la nostra Europa potrà ricoprire un ruolo decisivo nei diversi conflitti che si affastellano all’orizzonte. Si tratta, esattamente, di una "trasvalutazione" (per usare un termine nietzschiano) dei valori ebraici, cristiani, ma anche musulmani e di quelli della secolarizzazione.

Sì, il filo della tradizione è stato reciso, ci avvertono Tocqueville e Hannah Arendt, e avete dinanzi a voi una donna che si considera atea: non a caso la mia eroina \ finisce il suo racconto su Teresa con una lettera rivolta a Denis Diderot che, al suo tempo, fustigava gli abusi della religione, in particolare nella Religiosa, il celebre romanzo incompiuto.

Ma Diderot, ex canonico e scrittore-filosofo dei Lumi, si rammaricava di non riuscire a finire la sua storia, perché, liberata dagli abusi della vita monastica, la sua religiosa viene gettata in una vita priva di senso.

Ho la pretesa di credere che la psicanalisi freudiana, che interroga i miti e la storia delle religioni, e al tempo stesso spalanca le porte della vita interiore degli uomini moderni, sia la strada maestra per trasvalutare, per l’appunto, quella tradizione che ci precede e con la quale noi, non credenti, abbiamo tagliato il filo. Noi, non credenti. Ma anche noi, credenti molto spesso ridotti a «elementi delle religioni» (come si dice degli «elementi del linguaggio» e dimenticando la complessità dell’esperienza).


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