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A Mikhail Gorbaciov e a Karol J. Wojtyla ... per la pace e il dialogo, quello vero!!!

"AVREMMO BISOGNO DI DIECI FRANCESCO DI ASSISI". LA RIVOLUZIONE EVANGELICA, LA RIVOLUZIONE RUSSA, E L’ "AVVENIRE" DELL’UNIONE SOVIETICA E DELLA CHIESA CATTOLICA. Le ultime riflessioni di Lenin raccolte da Viktor Bede - a cura di Federico La Sala.

«Io non sono in grado di affermare se i colloqui riferiti rappresentano una condanna della sua opera; ciononostante possono indurre anche noi a una riflessione».
venerdì 11 maggio 2012 di Maria Paola Falchinelli
[...] Alla presenza di un ex-prete ungherese, suo collega giornalista a Parigi e suo confidente, sicuro dell’imminenza della morte - come avevano affermato i medici - avrebbe dichiarato: «Ho sbagliato. Senza dubbio è stato necessario liberare masse di persone dalla repressione, ma i nostri metodi hanno avuto, come conseguenza, l’oppressione e il terrificante massacro di altri oppressi». Proseguiva, rivolto all’amico ungherese: «Tu sai che la mia malattia mi porterà presto alla morte e mi (...)

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> LA RIVOLUZIONE EVANGELICA, LA RIVOLUZIONE RUSSA, E L’ "AVVENIRE" --- DANTE 2021: CHE CAPOVOLGIMENTO! La sottile linea russa. La teologia geometrica (ma non euclidea) di Pavel Florenskij.

giovedì 28 ottobre 2021

Geometrie esistenziali.

Pavel Florenskij: la sottile linea russa

Torna in libreria uno dei testi più visionari e oscuri di Pavel Florenskij

Matematico, filosofo e religioso ha vissuto all’inizio del Novecento

di Chiara Valerio (la Repubblica, 27.10.2021)

      • Gli immaginari in geometria di Pavel Florenskij (Mimemis, traduzione di A. Maiorova, A. Oppo e M. Spano, pagg. 112, euro 12

Tutto quello di cui Euclide parla non esiste. Ciò nonostante, la geometria così come Euclide l’ha immaginata, è l’unica che si accorda alla nostra esperienza quotidiana e aggiungo - si capirà spero perché - un altro aggettivo: terrena. La geometria euclidea garantisce, per dirne una, che i corpi solidi non cambino forma durante il movimento - al netto delle palle lanciate nei cartoni animati giapponesi da Jenny la tennista, Holly e Benji e Mimì e le ragazze della pallavolo.

Se la geometria che descrive il nostro mondo nasce da ipotesi di misteriosa esistenza («il punto è ciò che non ha parti»), c’è da chiedersi quale ulteriore rarefazione di realtà stia in un numero detto immaginario. Il nome lo inventa Cartesio, ma è Leibniz che in maniera formidabile (siamo a cavallo tra Seicento e Settecento) ne svela essenza e specie:
-  «La natura, madre delle verità eterne, anzi lo spirito divino, è in realtà troppo gelosa della propria straordinaria varietà per consentire che le cose si addensino tutte in un unico genere, ha perciò trovato un sottile e mirabile espediente in quel prodigio dell’analisi, quel mostro del mondo delle idee, quella specie di anfibio tra essere e non essere, chiamata radice immaginaria».

Pensiero che potrebbe essere posto, tra l’altro, a monito e conclusione di tutte le discussioni riguardo l’identità di genere.

Ma torno sui numeri immaginari e sulla loro natura perché la casa editrice Mimesis porta in libreria uno dei testi più visionari e oscuri di Pavel Florenskij, matematico, filosofo e prete russo vissuto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
-  Il libro si intitola Gli immaginari in geometria (a cura di Andrea Oppo e Massimiliano Spano, traduzione di Anna Maiorova, A. Oppo e M. Spano, pagg.112, 12 euro) ed è stato pubblicato nel 1922 nonostante Florenskij abbia cominciato a scriverlo venti anni prima mentre era studente alla facoltà di matematica. E un libro che lo accompagna per più di un terzo della vita.

I numeri immaginari o numeri complessi vengono introdotti (anche a scuola) come coppie di un piano cartesiano sulle cui ascisse il passo è scandito dall’unità reale, e sulle cui ordinate il passo è segnato da una unità immaginaria, il simbolo di quest’ultima è i.

Da qui prende l’abbrivo Florenskij per fornire una sua rappresentazione geometrica dei numeri immaginari. Immagina una superficie piana che su una faccia abbia i numeri reali e sull’altra i numeri complessi. Non numeri reali e immaginari sullo stesso piano, ma numeri reali e immaginari sopra e sotto lo stesso piano, opposti.

La geometria che ne deriva è ctonia, in senso proprio, perché le aree delle figure geometriche nella parte immaginaria hanno valore negativo. Esattamente il motivo per cui per quasi duemila anni l’equazione x2+1= O equivalente a x2= -1 non ha avuto soluzione, inconcepibile che un’area avesse misura negativa.

Ipotizza dunque Florenskji che esistano geometrie terrene governate da Euclide e geometrie immaginarie nelle quali è l’impensato a dominare.

Questo impensato matematico, aggiunge in un capitolo successivo alla prima stesura, è stato però visto da Dante Alighieri. E la geometria è ctonia perché Florenskij si mette nell’inferno di Dante e da lì, deducendo dai versi la geometria tolemaico-dantesca della Commedia, ne evidenzia la natura ellittica concorde a quella della relatività einsteniana:
-  «Il suo (di Dante) viaggio è stato reale; ma se anche qualcuno lo negasse, andrebbe comunque riconosciuto come una realtà poetica, cioè come qualcosa che può essere immaginato e concepito e, come tale, contiene i dati necessari per comprenderne i presupposti geometrici».

A Floreskji interessa mostrare che lo spazio e il tempo sono finiti e chiusi in sé stessi e che il limite della velocità della luce - limite posto nel modello di Einstein - dice solo che oltre quella velocità cambia il modo di vita e cambia la geometria, e questa nuova geometria giace sulla faccia del piano opposta ai numeri reali, tra i numeri immaginari.

Qualche anno dopo, sia- mo nel 1927, è Mandelstam - che con ogni probabilità aveva letto Florenskij - a ragionare su quanto Dante e il suo poema non stiano dietro ma davanti alla scienza moderna. Mandelstam voca a sé e alla Commedia le scienze della terra, geologia e cristallografia.

La nuova edizione di Conversazione su Dante - fino al mese di maggio 2021 oscuro, oscurissimo testo in italiano e ora luminoso luminosissimo grazie alla cura di Serena Vitale - è stata pubblicata da Adelphi (pagg.116,13 euro).

«La sua poesia - scrive Mandelstam - conosce tutte le forme di energia note alla scienza dei nostri tempi. L’unità di luce, suono e materia ne costituisce l’intima natura».

E continua, qualche pagina dopo: «I versi di Dante rivelano, ap- punto, una formazione e una colorazione geologiche. La loro struttura materiale è di gran lunga più importante del loro decantato carattere scultoreo. (...) In altre parole, immaginate un monumento di granito eretto in onore del granito come per rivelarne l’essenza: avrete così un’idea abbastanza chiara del rapporto che Dante stabilisce tra forma e contenuto».

È di certo vero che Galileo Galiei, oltre a un grande scienziato, sia stato un grande scrittore, e, leggendo Florenskij e Mandelstam vie- ne da pensare che accade pure che i grandi poeti siano capaci di immaginazioni non metamorfiche, di immaginazioni scientifiche che non prendano l’abbrivo dal reale - tutto quello di cui Euclide parla, non esiste - ma lo chiariscano, viene da pensare, insomma, che i grandi poeti siano grandi scienziati.



La teologia geometrica (ma non euclidea) di Pavel Florenskij

Tradotto e pubblicato per la prima volta integralmente uno dei libri che hanno caratterizzato la parabola intellettuale del matematico e prete ortodosso russo

di Simone Paliaga (Avvenire, giovedì 28 ottobre 2021)

      • [Foto] Pavel Florenskij (1882-1937) in un momento di gioco con la figlia

«Mi permetto di disturbare la censura con quanto segue». Suonano così le parole, scritte il 13 settembre 1922, in apertura alla lettera indirizzata alla sezione politica per distoglierla dal proposito di censurare alcune parti di un testo di geometria. Sono trascorsi cinque anni dalla rivoluzione bolscevica e uno dalla proclamazione della nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche quando Pavel Florenskij si vede cassate talune riflessioni sulle geometrie non euclidee contenute nel testo Gli immaginari in geometria. Estensione del dominio delle immagini bidimensionali nella geometria (Esperimento per una nuova interpretazione dei numeri immaginari) (pagine 114, euro 12), tradotto per la prima volta integralmente ora dall’editore Mimesis con la curatela di Andrea Oppo e Massimiliano Spano.

Ma cosa di tanto eversivo e pericoloso per il neonato regime sovietico poteva adombrarsi tra le righe di un testo tecnico dedicato alla rappresentazione geometrica dei numeri complessi? Florenskij, che da molti è considerato il Leonardo da Vinci russo, è un autore dai poliedrici interessi. Matematico, filosofo, teologo consacratosi nel 1909 alla Chiesa ortodossa, ingegnere elettrotecnico, esperto di linguistica, estetica e simbolismo, matura, dall’intreccio delle sue competenze, una visione organica e unitaria del mondo. Una coerenza dottrinaria che non si incrina all’incontro con la vita. Le scelte di padre Pavel lo portano infatti all’arresto nel 1933 e alla fucilazione nel 1937 nei pressi di Leningrado dopo cinque anni trascorsi nel gulag delle isole Solovki. Matematica e teologia in Florenskij non sono due continenti separati ma si corrispondono senza requie.

Lo dimostra proprio l’anno 1922. Sono dodici mesi impegnativi in cui Florenskij consegna alle stampe sia Gli immaginari in geometria sia Iconostasi (anche conosciuto con il titolo Le porte regali) quasi a conferma che le due dimensioni si intrecciano indissolubilmente una con l’altra. Per il teologo russo la matematica non è un vezzo ma una «abitudine di pensiero » che «aiuta a vedere rapporti geometrici in tutta la realtà» e «lega in un unico modo la visione del mondo», scriverà dalla prigionia alla figlia Olga. E Gli immaginari in geometria, in particolare l’ultimo paragrafo aggiunto con vent’anni di ritardo, conferma questa concezione, dove le teorie più spinte della ricerca scientifica si fondono con la teologia mostrando la convivenza di reale e immaginario. Il raggiungimento di questi risultati non è però immediato.

Ci vogliono ben quattro lustri perché il testo giunga a un suo compimento. La gran parte di esso è redatta nel 1902 quando Florenskij è ancora un giovane studente di matematica e fisica all’università di Mosca. Poi, nella primavera del 1921, il pensatore russo decide di integrarlo con un capitolo generalizzando le considerazioni della prima parte. Ma ancora il testo non sembra maturo e così, l’anno seguente, padre Pavel aggiunge un ultimo capitolo in cui lega le sue considerazioni matematiche con la disamina di alcune concezioni cosmologiche e geometriche che fanno capolino tra le terzine della Divina Commedia di Dante. L’importanza del Fiorentino non deve stupire. Egli non solo gioca un ruolo non marginale nella cultura russa dei primi decenni del Novecento ma recita una parte non trascurabile pure nel pensiero di Florenskij come sottolinea anche un recente breve saggio di Natalino Valentini, Il Dante di Florenskij (Lindau), che insieme all’introduzione di Oppo e alla postfazione di Spano costituisce un importante trittico per muoversi tra le pagine non sempre agevoli di Gli immaginari in geometria.

Come Florenskij prova a illustrare anche nell’immagine di copertina composta dall’amico artista Vladimir Favorskij, il modello dello spazio e tempo previsto dalle teorie della relatività generale e ristretta di Albert Einstein, il piano della geometria ellittica di Rieman, la superficie di Felix Klein e la geometria complessa di August Möbius confermano la concezione cosmologica espressa da Dante e dalla fisica tolemaica come rappresentato dalla superficie ricurva (tipo il nastro di Möbius per capirsi) che sembra adombrarsi al passaggio di Dante e Virgilio dall’Inferno al Purgatorio.

Per Florenskij le avanguardie della ricerca matematica e fisica anziché iscriversi in continuità con la scienza moderna, che molto deve al prospettivismo rinascimentale contestato dal russo proprio nei saggi sull’icona, ne rappresentano una discontinuità e confermano la prospettiva aristotelico-tolemaica dantesca al punto che per Florenskij «attraversando il tempo, la Divina Commedia si trova inaspettatamente davanti, e non dietro la scienza moderna».

Lungo questo cammino, dove matematica e teologia sono come germani celesti che contribuiscono ad abbattere la concezione materialista del marxismo sovietico, «il collasso della figura geometrica non significa la sua eliminazione ma solo il suo passaggio all’altro lato della superficie, e di conseguenza la sua accessibilità agli esseri che lì si trovano, allo stesso modo deve essere inteso il carattere immaginario dei parametri di un corpo, non come un segno della sua irrealtà ma semplicemente come l’evidenza del suo passaggio a un’altra realtà».


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

PAVEL FLORENSKIJ. LE PORTE REGALI - ICONOSTASI.

FLS


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